Il mio modo d'amare

Da Minerva Jones
Avevo in mano una pesca – frutto che amo molto – la cui buccia era in parte butterata, in parte raggrinzita, in un punto già in corso di fermentazione e quindi marcescenza. Però sentivo – al tatto – che la sua polpa era per il resto della giusta consistenza, e potevo percepire un tale profumo che mi dava la certezza della sua bontà.
Allora l'analizzavo per bene e con un coltello appuntito eliminavo le parti in più avanzato stato di fermentazione, così come quelle in cui era butterata, e infine la sbucciavo. Ed eccola lì, la polpa – bella soda, arancione, succosa e gustosa. Un invito per la mia bocca, i miei denti, la mia lingua.
Mangiavo – sì, me ne nutrivo – e giungevo al nocciolo. Quello mi temeva: temeva che l'avrei buttato via una volta che avessi consumato tutto il resto. Invece no. Era mia precisa intenzione e volontà 'salvarlo' – d'altronde avevo preso ogni cautela verso il frutto apposta perché lui rimanesse sano e integro. Così lo lavavo, lo mettevo a un calore tiepido ad asciugare, poi lo interravo bagnandolo quanto necessario – mantenendolo nel costante tepore affinché stesse bene e si sentisse al sicuro. Tutti i giorni gli parlavo, lo rincuoravo, lo esortavo a crescere e bucare prima il suo guscio, poi la terra. E germogliare.
Quanto grande sarebbe stata la mia felicità quando ciò fosse accaduto, e quanto l'avrei aiutato a diventare una pianta forte e robusta – sempre dandogli parole calde, protezione e nutrimento. Affinché poi potesse generare frutti a beneficio di tutti – non solo mio. Anzi, magari neppure mio, a quel punto, ché io avrei già guardato un altro frutto sofferente per una grandinata, o per la siccità, o per l'assenza di cure e – se avessi verificato che il profumo era buono e la consistenza sotto la buccia promettente – avrei di nuovo messo in atto il medesimo processo.
Così mi sembra che accada: che vedo sempre l'essenza – che per qualche ragione fortuita si mostra per un attimo in tutta la sua bellezza, la sua perfezione, la sua intensa, profonda, densa potenzialità – di coloro che di volta in volta amo. E questa vorrei liberare dagli attacchi esterni, così come dalle presenze apparentemente protettive, ma che in realtà stanno facendo atrofizzare la polpa sotto la buccia.
Sicuramente c'è arroganza, nel mio agire – ché magari tu mai vorrai essere quella pianta rigogliosa piena di frutti, perché ciò costa fatica, impegno e fiducia verso te stesso e nei miei confronti. E può sconcertarti l'idea che non ci sarò per sempre, ma solo finché lo riterrò per te necessario e per me piacevole – o almeno sopportabile in vista di quel fine. E puoi anche non credere a queste mie parole – ma questo è ciò che sarà, che tu mi creda o meno. Se/quando amo, lo faccio in questo modo, e solo per un po'.
Ché a me della proprietà di qualcuno non importa nulla: io sono felice se ho contribuito alla nascita e alla crescita di una pianta rigogliosa e lussureggiante in più – che sta dando frutti polposi e succosi in giro a tutti.