Adesso che si avvicina l'inverno e che le giornate di luce cominciano in ritardo rispetto agli altri Paesi da me frequentati, la Norvegia si prepara ad entrare nel lungo tunnel buio che tanto temevo quando ho deciso di stabilirmi qui. Vivo tutto con estrema curiosità e anche un po' di agitazione, come prima di un viaggio o di un esame. Non so come reagiranno il mio corpo, la mia mente ed il mio bioritmo da cittadina mittleuropea con velleità mediterranee.
Ero stata qui prima di adesso, ma per periodi limitati, e il pensiero fisso di rientrare in Italia o in Inghilterra, mi consentiva di vivere tutto come un gioco, una specie di mosca cieca dilatata nello spazio e nel tempo. Dopo, però, la benda sugli occhi volava via, e il debole sole annebbiato della conca fiorentina, o il blu di Londra (!) mi riportavano all'assurdità della vita, come un risveglio da un cauchemar mélièsiano.
Credo di essere un po' un cane da fiuto, un segugio che individua i luoghi o i fenomeni atmosferici dagli odori. Così all'aeroporto di Olbia, anche cieca e sorda avrei riconosciuto la Sardegna, tanto da dire alla mia vicina di viaggio con la quale ho stretto conoscenza interessante, "Siamo in Sardegna, c'è l'odore".
Il profumo di Norvegia, è, a differenza del suo platonico paesaggio, estremamente sensuale. Muschio, prima di tutto, anche nelle cittadine. Odori di cera, di candele appena spente, ovunque nelle stradine di Stavanger e dentro le case degli amici; negli uffici pubblici odore di libri nuovi, di disinfettante alla menta; nei locali spezie, zenzero, cannella, timo, ginepro e caramello bruciato. Appena fuori dalla città l'odore del mare nordico (diverso dal mediterraneo), di abete, di legno fresco appena intagliato, lo stesso che trovi nei depositi del mobili dell'Ikea, tanto che l'ultima volta che sono andata a correre con un mio collega gli ho detto "it smells Ikea" e lui mi ha risposto "in Tuscany it smells Chianti", la differenza tra una scaffalatura ed un vino.
L'alba, come dicevo ad una mia amica su Facebook, arriva tardissimo, verso le otto. Lo spettacolo, nelle giornate serene è emozionante. L'orizzonte soavemente rotto dai fiordi, dal grigio-blu e dal verde delle conifere, viene illuminato da sfumature rosse e rosate, raggi rossi che riflettono stranamente l'oro delle acque e il cobalto delle zone gelate.
Il sole rimane sempre molto basso, come intimidito dalla maestosità della natura che sta guardando. Una specie di spettatore sistemato in platea, o una signora affacciata al davanzale di una finestra. Per questo risulta molto fastidioso, è sempre ad altezza sguardo, sempre presente, quasi invadente, inopportuno.
Nelle giornate di pioggia cambiano i colori, si desaturano fino ad arrivare ad un bianco e nero neorealista. Cambiano anche gli odori, e cominciano a salire dalle banchine lungo i fiordi, le esalazioni di pesce. C'è un piccolo locale appena fuori da Stavanger, che tiene i tavoli all'aperto sulla banchina anche mente piove o nevica, parlando con il proprietario mi ha detto che la cosa più bella da fare durante una giornata uggiosa, è sedersi su una delle sue panchine in legno e bere un tè caldo con il burro e il rum (va beh, sorvoliamo sulla qualità della bevanda) mentre si contempla il fiordo. L'ho fatto, e mi è sembrato buono anche il tè corretto.
Secondo Glenn Gloud, uno degli artisti più importanti del 900, sugli orizzonti gelidi non si hanno foschie, vapori, miraggi e seduzioni di sorta: tutto resta terso e puro, in una dimensione di assoluta trasparenza. E' l'ambiente ideale per formulare pensieri, per innamorarsi, per approcciare la lucidità e farla propria. I grandi silenzi del Nord rendono importante la propria essenza, capisco allora John Grant che ha scelto l'Islanda, e che non fa altro che scattare fotografie e pubblicarle su Instagram, come a volersi impossessare del proprio io e al tempo stesso condividerlo con l'universo intero, espandendolo all'infinito.
Mi sto innamorando.
Il pensiero della musica nascerà e si svilupperà nella chiarezza e nella trasparenza: si dipanerà come un armonioso gioco di linee e non attraverso grovigli e agglomerati.
Glenn Gloud
"Di qui la preferenza per una concezione lineare e contrappuntistica, di qui la congenialità assoluta per J. S. Bach, di qui la diffidenza, quasi la repulsione, per quei tipi di scrittura che mirano all'agglomeraggio, al fondu, agli aloni, alle iridi, alle pedalizzazioni e di qui anche la diffidenza nei confronti della grande forma-sonata, dove il discorso musicale viene drammatizzato, con una sorta di iper evidenza teatrale attraverso l'opposizione dei temi."
Enzo Restagno sulla filosofia di Glenn Gloud
Il pensiero di Restagno, quindi la filosofia di Gloud, è la mia idea di Nord.
E di vita.