Nelle regioni in guerra il governo ucraino ha chiuso lo spazio aereo al di sotto dei 7.900 metri. Una decisione presa in base alle informazioni d’intelligence sulle milizie filorusse, dotate di armi antiaeree relativamente semplici come i lanciarazzi a spalla SAM, in grado di colpire obiettivi ad un’altezza non superiore ai 3.500 metri: non a caso, finora le milizie dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk hanno rivendicato sempre abbattimenti di elicotteri e caccia, apparecchi che comunque a oltre 8mila metri non ci arrivano.
Il presidente Usa Obama, tuttavia, in un briefing successivo alla tragedia, ha affermato di avere le prove che quel missile è stato lanciato dalle zone occupate dalle milizie filorusse: si tratterebbe di foto satellitari scattate sull’area dove è avvenuto l’incidente, che confermerebbero la presenza sul territorio di lanciamissili mobili BUK di fabbricazione russa, in grado di raggiungere obiettivi fino ad un’altezza di 14.000 metri. Obama non dice il falso: su quel territorio ci sono almeno 27 stazioni mobili BUK dell’esercito ucraino, che Kiev ha dispiegato all’inizio della crisi a contrasto degli attacchi dei ribelli, i quali però non dispongono di mezzi aerei.
IL BUCO DELL’INTELLIGENCE. I servizi segreti Usa mesi fa hanno confermato di aver infiltrato uomini della Cia e dell’ Fbi nelle aree del conflitto ufficialmente allo scopo di assistere militarmente le truppe lealiste di Kiev: è difficile ipotizzare che si tratti solo di “consulenti”, visto che sono uomini provenienti dalle due principali agenzie di sicurezza statunitensi. E’ più logico ipotizzare che siano lì per attività di intelligence, allo scopo di controllare anche il ruolo dei russi che pure operano in zona, e di informare i loro colleghi ucraini sulle attività di Mosca. Se, come ora dice Obama, gli Usa sapevano che nella regione di Donetsk gli indipendentisti russofoni erano in possesso di missili capaci di arrivare a 14.000 metri d’altitudine, perchè non hanno informato le autorità ucraine quando queste, appena pochi giorni fa, hanno dichiarato che nello spazio aereo su Donetsk era sicuro al di sopra degli 8.000? La risposta potrebbe essere che missili BUK provenienti dalla Russia siano stati portati nella regione separartista da meno di una settimana, ma è impossibile ritenere che i satelliti spia Usa non li abbiano scovati una volta dislocati sul territorio. Perchè dunque Washington non ha avvertito Kiev? E se invece l’avesse fatto, perchè Kiev non ha chiuso tutto lo spazio aereo sui territori in guerra di fronte al rischio incombente?
Ritoriniamo sempre all’allerta di una settimana fa dei servizi ucraini alle autorità per l’aviazione civile: per Kiev i ribelli non avevano missili capaci di superare i 3.500 metri, eppure giovedì scorso un aereo che volava a 10.000 metri sulla loro zona viene colpito e abbattuto da un missile BUK. Non bisogna confondersi e immaginare un Rambo che imbraccia un lanciamissili e centra un elicottero. Il Sistema BUK non è un semplice lanciamissili a spalla, ma è un apparecchiatura estremamente complessa: una vera e propria stazione di lancio mobile (foto), dotata di strumenti radar, che non può essere certo utilizzata da mani inesperte. Dunque, ipotizzando che i BUK siano arrivati dalla Russia nell’area di Donetsk da meno di una settimana, è improbabile che i filorussi abbiano già imparato a farli funzionare.
Chi ha premuto il “grilletto”, sapeva bene come farlo, sapeva bene come riconoscere, puntare e colpire un aereo nemico. E non può averlo fatto per errore. Un aereo civile ha un transponder che lo fa identificare dai radar, perciò anche il volo MH17 era stato identificato come volo civile, “amico” e neutrale. Quindi, chi ha sparato sapeva bene cosa voleva colpire. Ma se a sparare non sono stati i ribelli ucraini, allora sono stati militari russi? E perchè Mosca avrebbe dovuto volontariamente rendersi complice dell’abbattimento di un aereo civile per peggiorare ulteriormente i suoi rapporti con gli Usa e l’Ue? Sarebbe del tutto fuori logica.
LA ROTTA MISTERIOSA. Esaminando i tracciati radar come riferiti da Flightaware.com (un sito di monitoraggio del traffico aereo civile mondiale), il volo MH17 giovedì volava su una rotta situata 200 km più a nord di quella solitamente usata dal vettore asiatico, il che l’ha portato giusto a trovarsi a sorvolare il territorio in guerra. La Malaysia Airlines, come molti altri vettori, non transita più nello spazio aereo della Crimea da quando quest’ultima è stata occupata dalla Russia.
Fino a mercoledì, i voli con sigla MH17 transitavano sul Mare d’Azov, a nord-est della Crimea, o sul Mar Nero, a sud della Penisola. Giovedì 17 però, il Boeing 777 non ha percorso nessuna delle due aerovie: poco prima di di giungere sulla Crimea, l’aereo si sposta molto più a nord della rotta del Mar d’Azov. Perchè? Le scatole nere potranno chiarirlo. Forse un errore del pilota. Ma forse anche il congestionamento delle due aerovie, che avrebbe portato la torre di controllo ucraina a ordinare al Boeing di percorrere la rotta che transita su Donetsk e Shaktaransk. Fatto sta che a un certo punto il Boeing devia di 200 km verso nord, inconsapevole che 10.000 metri più in basso, nel villaggio di Styla (30 km da Donetsk), c’è una stazione lanciamissili BUK ucraina, che quella sera è operativa.
L’unica certezza finora è che se il volo MH17 Amsterdam-Kuala Lumpur avesse percorso le normali aerovie sul Mar d’Azov e sul Mar Nero, avrebbe portato fino a destinazione i suoi 295 passeggeri. Quella deviazione di rotta, imposta o meno, è stata una coincidenza fatale. Che però non toglie tutti i dubbi.