Ed è stata uno strumento utile dopo il mio ultimo post, quando annunciavo la chiusura del blog. Perchè la scelta di chiudere il blog è stata ben più dolorosa di quanto mi aspettassi, visto che mi è costato molto impegno e rinunciarvi significava accantonare una parte significativa della mia vita recente. La zappa, mentre aravo i campi, è stata uno strumento che mi ha permesso di pensare ai motivi per cui avevo deciso di smettere, dando a questi il giusto peso.
Voler chiudere il blog è’ stato un atto di debolezza e di resa nei confronti di alcune situazioni che mi ronzavano intorno, ed arrendermi è qualcosa che stona pesantemente con la mia forma mentis. Perchè ho sempre avuto stima profonda di due persone, che rientrano di diritto nella ristrettissima cerchia dei miei modelli: Ernesto “Che” Guevara e Peppino Impastato. Due persone profondamente differenti, vissute in epoche e contesti con poche cose in comune, due uomini che, a prescindere dal colore della loro ideologia (che si può condividere o meno), credo che meritino il rispetto di tutti perchè hanno creduto profondamente nelle proprie idee, anche a costo di pagare il prezzo più alto. Loro due hanno dovuto affrontare situazioni ben peggiori rispetto alle mie, fronteggiando dei pericoli veri e perseverando grazie alla forza dei loro principi; allora mi sono chiesto quali principi possa avere mai se mollo così facilmente per delle cose da nulla; mi sono chiesto che senso abbia nutrire un profondo rispetto per loro, se i miei gesti vanno in direzione diametralmente opposta alle mie parole.
C’era qualcosa che non andava, un grave errore (soprattutto nei confronti di me stesso) che andava rimediato e che non mi permetteva di essere in pace con la mia persona.
Per questo, fra un colpo di zappa e l’altro, ho maturato l’idea di aver fatto (mi si perdoni la volgarità) un’immane stronzata a tirarmi indietro e che facevo ancora in tempo a riprendere le fila del discorso.
Per questo, oggi, sono qui a scrivere queste righe, per dire che il momento di sbandamento è passato, che ho di nuovo chiari i miei obiettivi e le mie motivazioni e che non vi è alcun motivo per cui debba smettere di esercitare i miei diritti di libero cittadino, che vanno dalla possibilità di raccontare quel che vedo a quella di criticare comportamenti di persone che devono lavorare nell’interesse di tutti (fossero queste semplici impiegati o presidenti di repubbliche varie, poco importa).
Mi farà piacere se qualcun altro vorrà farmi compagnia in quest’opera, che ritengo di civiltà e democrazia (perchè, in democrazia, i cittadini hanno l’obbligo di farsi sentire da coloro che li amministrano a vari livelli, altrimenti il sistema finisce col diventare oligarchico), però al tempo stesso sono consapevole di non poter pretendere che altri abbiano il mio stesso slancio e si trovino disposti ad affrontare le conseguenze dovute alle proprie idee.
Io sono pronto, pronto a fare osservazioni, pronto anche a denunciare (sempre e solo con documenti e dati di fatto per le mani), pronto ad affrontare chiunque possa essere infastidito dal mio atteggiamento irriverente.
Essere CaniCattivi significa non aver padroni, significa anche digrignare i denti in caso di attacco, non vuol dire scegliere da soli di indossare un guinzaglio ed una museruola, men che meno mettersi un fiocchetto rosa e girare carini e coccolosi.
Quindi, da oggi si ritorna in campo, ancora più agguerriti, pronti a difendersi e, se necessario, a contrattaccare in maniera feroce, senza fare sconti a nessuno e fedeli soltanto ad un tipo di padrone: le proprie idee.
Se volete unirvi al branco, c’è posto per tutti (“nemici” compresi, che questo non è posto per censure), altrimenti continuerò ad essere un randagio solitario e molto, molto rognoso.
Andrea Uccello
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