Il mito di Io

Da Lory663
Viveva in Argo una sacerdotessa di Era, di famiglia principesca: Io. E, fedelissima alla dea di cui custodiva il tempio, si era sempre rifiutata di divenire una sposa mortale del signore degli dèi. Per giungere fino a lei, Zeus sovette assumere la forma di una nuvola, sperando che, sotto questo stranissimo travestimento, Era non lo avrebbe riconosciuto.
La dea, invece, se ne accorse e arse di sdegno contro la sventurata sacerdotessa: per difenderla dal suo furore Zeus dovette ricorrere a un'altra mistificazione e trasformò la bella Io in una candida giovenca.
Ma Era, più astuta di lui, non si lasciò ingannare: pregò il suo sposo divino di regalarle quel bell'animale e, poichè Zeus non osò rifiutarglielo, appena l'ebbe in suo potere lo legò a un tronco di ulivo e lo affidò alla custodia di un mostro dai cento occhi: Argo. Sarebbe stato impossibile sfuggire a quel terribile guardiano che non dormiva mai, dato che, quando cinquanta dei suoi occhi si concedevano al sonno, gli altri cinquanta rimanevano svegli e vigili.
Zeus però non volle abbandonare la disgraziata sacerdotessa, e si rivolse al più astuto dei suo figli, Ermes, oridinandogli di liberarla. Ermes studiò a lungo un suo piano; infine, costruitosi un flauto, cominciò a suonare così dolcemente che Argo chiuse dapprima metà dei suoi occhi, poi l'altra metà e si lasciò prendere completamente dal sonno. Allora il dio fu svelto a decapitare il mostro lasciando in libertà la bianca mucca. Era, grata egualmente allo sciagurato Argo, prese i suoi occhi come ricordo e li depose sulla coda del pavone, che li mantenne per sempre divenendo l'uccello a lei sacro.
Poi la dea pensò a vendicarsi di Io e le scagliò contro un feroce tafano che, con le sue punture, la fece addirittura impazzire. Sempre incalzata dal sanguinario animaletto, Io si diede a corsa folle, attraversò la Grecia, passò lo stretto che da allora si chiamò Bosforo, ossia "passaggio della mucca", varcò la catena del Caucaso, si gettò nel Mar Nero, passò a nuoto l'Egeo e infine arrivò in Egitto dove Zeus le diede nuovamente forma umana. E, in Egitto, Io diede alla luce un figlio, Epafo.
Le sue tribolazioni, tuttavia, non erano finite. Era chiamò i dèmoni Cureti e ordinò loro di rapire il fanciullo, cosa che essi fecero venendo subito sterminati da Zeus, dimentico di tutte le cure che si erano dati per lui, in Creta, quando era bambino.
Io dovette mettersi alla disperata ricerca del figlio finchè, dopo un lungo vagabondaggio, riuscì a rintracciarlo e a riportarlo in Egitto, dove Epafo divenne re.
Il mito di Dànae
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