Il tanto decantato modello di sanità veneta che prevede la commistione tra pubblico e privato sta affogando senza neppure bisogno dell’acqua alta.
Sarà colpa di Zaia o di Galan?
Per ora i due si rimpallano la responsabilità della voragine dei conti sulla sanità in Veneto.
Un buco talmente grande (500 milioni di euro secondo le stime più prudenti, circa un miliardo di euro per le stime più azzardate), che fa rischiare il commissariamento; intanto Zaia sbraita che i direttori generali che hanno sbagliato andranno a casa, che la colpa è di Galan.
Di certo c’è che in Veneto la sanità è gestita da 20 anni, con quattro assessori di fila, da rappresentati della lega e che i direttori generali delle ASL vengono nominati dall’assesore regionale alla sanità in accordo con i rettori per le aziende ospedaliero-universitarie.
In mezzo ci sta il sindaco di Verona, Tosi, che addossa tutta la colpa del prossimo crac finanziario all’ex governatore forzista dimenticando che proprio Verona rappresenta una delle maggiori anomalie non solo del Veneto ma dell’intero Nord: avere, in una provincia di circa 915.000 abitanti ben 20 presidi ospedalieri (un ospedale ogni 45.750 abitanti), è uno sproposito; nell’area metropolitana di Bologna ci sono quattro presidi ospedalieri a fronte di 760.000 abitanti (un ospedale ogni 190.000 abitanti) o, comparando l’intera provincia dieci ospedali per 970.000 abitanti (un ospedale ogni 97.000 abitanti) con la previsione di chiuderne altri 3 nel biennio 2011-2012.
Ovvio che chiudere ospedali, soprattutto nelle aree di montagna o nei piccoli comuni, è una politica che non aiuta a raccogliere consensi ma sicuramente aiuta a raccogliere fondi e a razionalizzare la spesa e le risorse; probabilmente è per questo che Tosi si guarda bene dal farlo e si limita a dare la colpa ad altri del prossimo fallimento del sistema sanitario veneto.
Tanto per fare qualche altro paragone possiamo dire che la regione Veneto ha un negativo di bilancio, nella migliore delle ipotesi, simile a quello della deprecata Campania e nel peggiore simile a quei porci dei romani (Bossi dixit).
Lazio: negativo di 1 miliardo e 200 milioni di euro
Calabria: negativo di 1 miliardo di euro
Veneto: – 500/1.000 milioni di euro
Campania: – 500 milioni di euro
Molise: – 67 milioni di euro
Emilia Romagna: + 41 milioni di euro
Lombardia: + 30 milioni di euro
Piemonte: + 17 milioni di euro
Marche: + 17 milioni di euro
Toscana: + 14 milioni di euro
Provincia di Trento: + 13 milioni di euro
Umbria: + 10 milioni di euro
Sarà anche un caso ma di quattro regioni in negativo, tre sono amministrate dal centro destra; di sette in positivo quattro sono amministrate dal centro sinistra ed una a guida centrista.
Rimane, anche in Veneto, una buona qualità dell’assistenza ma fino a quando?
Non è che, tra poco, la regione Emilia Romagna, la seconda per immigrazione sanitaria dovrà farsi carico insieme ai lombardi anche dell’afflusso della sanità proveniente dal Veneto? ed in caso di un federalismo alla leghista applicato, come la racconteranno i rappresentanti padani alla loro popolazione?