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Il mondo brucia e Bossi torna nel suo piccolo mondo antico: “La Padania, porco boia...”

Creato il 19 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Il mondo brucia e Bossi torna nel suo piccolo mondo antico: “La Padania, porco boia...” Oggi è uno di quei giorni che ci piglia la malinconia, mica perché accadono cose diverse da ieri, anzi. La ragione è tutta nell’ennesimo innalzamento dell’asticella dell’igrometro che sta toccando un tasso di umidità molto vicino a quello che si registra solo dalle parti di Hong Kong. Un po’ perché assistiamo impotenti a una crisi mondiale senza precedenti e un po’ perché abbiamo presente la qualità degli statisti made in Italy, siamo convinti che a uscirne con le ossa più rotte di tutti saremo proprio noi, i belpaesisti addormentati. Inutile dire che per commentare i fatti delle ultime 24 ore ci occorrerebbero una settimana e un paio di blog, ma comunque ci proviamo. E poi tranquilli, ce n’è anche per la Lega. Sarkò e Angelina stavolta l’hanno combinata grossa. Da sempre favorevoli a una Europa a due velocità, si stanno sempre di più immedesimando nel Marchese del Grillo partendo dalla considerazione che “loro sono loro, e gli altri eccetera eccetera...”. La sparata sulle regole da rispettare per continuare a vivere e lavorare a Eurolandia, ha terrorizzato i mercati perché ha fatto intravvedere l’ipotesi di una frantumazione del fronte della moneta unica europea considerata fino a oggi il contrappeso naturale del dollaro. Il clima di sfiducia sulla tenuta di alcune economie nazionali europee ha fatto il resto, causando la chiusura con il segno negativo di tutte le borse del mondo, nessuna esclusa. Questa mattina le borse asiatiche stanno continuando a scendere. Tokyo, Seul e Hong Kong proseguono il trend negativo di ieri facendo segnare già in apertura un meno 1,9 per cento del Nikkei foriero di ben altre sventure. Milano, per tornare a casa nostra, ieri ha perso il 6,15 per cento, una bazzecola da 22 miliardi di euro; Parigi il 5,48 per cento, Francoforte il 5,82 mentre Londra “solo” il 4,49, percentuali che tradotte stanno a indicare una batosta secca da 300 miliardi di euro. C’è aria di panico, gli investitori stanno scappando, la crisi di fiducia nella capacità del Vecchio Continente di rialzarsi è praticamente vicina allo zero. Il caso italiano poi, è da manuale: nessun segnale di ripresa, nessun investimento (che significa nessuna crescita), credibilità percentualizzabile solo attraverso l’uso improprio dei numeri relativi. In queste ore il mondo intero guarda con apprensione a Pechino. Che fosse arrivato il momento della Cina lo sapevano tutti, ma il fatto che il governo stia decidendo sulla fluttuazione dello Yuan è la dimostrazione che la Cina ha deciso di dare un’accelerata al suo già invidiabile potere economico planetario. Per tentare di capire, diciamo che la Cina sta decidendo (non è un caso che il vicepresidente americano Joe Biden si sia recato in tutta fretta a Pechino) se immettere sui mercati internazionali i loro bond, cosa che hanno evitato di fare fino a questo momento perché una bancarotta mondiale a loro non servirebbe affatto. Se dovesse verificarsi un fatto del genere è presumibile che gli investitori riverserebbero il loro interesse sui titoli di stato cinesi mandando al macero, o peggio svendendo, quelli degli altri paesi. L’America è preoccupatissima, tanto che dalla Presidenza e dalla Segreteria di Stato hanno fatto sapere che il mondo continuerà a reggersi solo grazie all’equilibrio dell’asse economico Washington-Pechino, che sembra più la richiesta di un’apertura di credito nei confronti degli USA che una vera e propria linea strategica di politica economica. Il mondo è in fibrillazione. C’è il rischio di un default che riporterebbe tutti all’età del ferro (non è detto che sia una iattura). L’intero popolo dei governanti ha interrotto le ferie come si fa nei momenti segnati in rosso sul calendario della Storia. Ognuno, in qualche modo, sta cercando di metterci una pezza per ritardare le orazioni funebri nazionali. Insomma, tutti i capi di stato e di governo sono al lavoro per trovare una soluzione al momento che stiamo attraversando meno i nostri leader. Approvata quella porcheria di documento finanziario, sono tornati alle sacre ferie incuranti di quello che potrebbe accadere a settembre, quando tutti i turisti torneranno al lavoro non trovandolo più e non potendo neppure ricorrere al pretore perché, mentre loro prendevano il sole sotto l’ombrellone, le mezze seghe del governo decidevano di svuotare l’articolo 18 della Costituzione e di mandare in pensione lo Statuto dei Lavoratori. E se uno prova a chiedere a Silvio cosa ne pensa della proposta del Pd di tassare i capitali rientrati dall’estero, si sente rispondere “Ma che siamo pazzi?”, facendo capire che lui è fra coloro che hanno beneficiato della lavanderia di Stato sul denaro sporco. La destra, se qualcuno non se ne fosse accorto glielo diciamo noi, è allo stremo. Belpietro e Sallusti, famosi nel mondo come il Duo di Piadìna o Cip e Ciop, hanno litigato pubblicamente su La7 dicendosene di tutti i colori. All’interno del Pdl si è creata una fronda di una trentina di deputati che non intendono votare la manovra a settembre mentre la Lega corre il serio rischio (come abbiamo scritto ieri), di vedersi trasformare la percentuale di elettori in un prefisso telefonico...0,02 per cento (Bossi e il Trota). Il nostro pezzo ha scatenato un putiferio tra gli stessi leghisti, divisi come sono fra la fedeltà cieca al Capo e la voglia di riappropriarsi della loro onestà. I commenti che ci hanno lasciato (anche e soprattutto su altri siti che ci hanno linkato), sono la dimostrazione che non abbiamo preso un abbaglio e che la base in camicia verde non ne può più. Uno soprattutto ci ha colpito e diceva (cito a memoria): “Hanno creato aspettative alla gente del Nord al solo scopo di infilare anche loro le dita nel barattolo della marmellata. Ci sono riusciti e ora non sanno come fare a ripulirsi le mani”. Prendiamo atto che Bossi è cotto e che, pur volendo in qualche modo giustificarne lo stato attuale con le pessime condizioni di salute fisiche e mentali, ci riesce difficile sostenere la tesi che Umberto sia, o possa mai essere, un uomo di Stato. Prima dell’ictus lo avevamo sempre visto nei panni dello stagnaro. Dopo, in quelli dello stagnaro titolare di pensione di invalidità da sottoporre, come tutte le altre, a revisione. Siamo al dramma e la voglia di buttarla sul semiserio almeno per oggi c’è passata.

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