Il mondo del lavoro e il paradosso
Creato il 07 marzo 2013 da Propostalavoro
@propostalavoro
In una precedente articolo, abbiamo già trattato circa la perplessità relativa al fatto che qualunque cittadino italiano, a differenza dei professionisti, può entrare in politica senza alcuna formazione in proposito.
Lo scenario che si apre, sulla popolazione di soggetti investiti di autorità e dosi varie di potere nell’arte del governare, documenta una gamma variegata di estrazione dei politicandi che va: dal professore universitario al mammo; dal giurista all’infermiere; dall’imprenditore all’impiegato statale e così via.
Le leggi dello stato prevedono che chiunque eserciti abusivamente una professione, senza aver conseguito la formazione e le relative prove previste, commette un delitto perseguibile per legge.
Se un medico, o un professore, o un avvocato esercitano senza il titolo previsto, anche quando dovessero produrre risultati positivi ed a titolo gratuito, commettono reato; se l’azione di un politico, o di un intero schieramento, danneggia il cittadino, o una comunità, o addirittura l’intero paese non commette alcun reato. Si potrebbe obiettare che il politico è autorizzato a farlo dagli stessi cittadini i quali esprimendo una preferenza hanno condotto alla sua nomina, ma anche il professionista non titolato esercita in seguito alla preferenza espressa dai suoi utenti. E’ qui che si entra nel paradosso quando il non titolato stabilisce che esercizio abusivo di qualsivoglia attività senza la formazione e senza il titolo prestabilito costituisce reato.
Ma la legge non era uguale per tutti?
Dr.ssa Elisabetta Vellone