Lo ha scritto addirittura il New York Times, ma ancora prima l’aveva raccontato Ferdinand Gregorovius nel suo Passeggiate Romane, che quello di Ninfa è il giardino più bello e romantico del mondo.
E questo piccolo paradiso incantato è proprio dietro l’angolo, spesso conosciuto dai più lontani e troppo spesso trascurato da chi ha la fortuna di averlo a pochi passi da casa.
Ciò che oggi rimane, sono le rovine dell’antica città di Ninfa, fondata nel 745 d. C. e abbandonata circa 600 anni dopo. Durante il periodo di massimo splendore, Ninfa era una città piena di case (circa 150) e di chiese – considerando sia quelle all’interno delle mura sia quelle all’esterno se ne contano 14 – e strade, mulini, ponti, ospedali, un castello e il municipio. La città era difesa da una cinta muraria doppia della lunghezza di circa 1.400 metri, intervallata da almeno undici torri. Era una città prosperosa e conosciuta. Si trovava, infatti, in una posizione strategica per il traffico delle merci verso il sud d’Italia: l’impraticabilità della Via Appia a causa delle paludi, costringeva il passaggio per la via Pedemontana, che da Velletri giungeva a Terracina, passando proprio per Ninfa, dove la strada subiva un restringimento, permettendo al paese di beneficiare dei pedaggi che venivano imposti a chi passava di li.
Nel corso degli anni, la città passò sotto l’egida di vari casati, fino ad arrivare al declino della propria potenza: le continue lotte interne alla famiglia Caetani, nonché le guerre tra i feudi circostanti, finirono col devastarla e lasciare al suo posto solo alcune rovine, arbusti e malaria.
Oggi l’oasi rappresenta un anello di congiunzione universale per la flora di tutto il mondo: ospita infatti innumerevoli piante che provengono dai cinque continenti e che a Ninfa hanno trovato l’equilibrio perfetto, un equilibrio che sembra persistere per pura magia. Camminando per i sentieri dell’oasi si incontrano un acero giapponese a foglia rosa, un noce americano, un gruppo di yucca e diversi roseti; l’albero della nebbia, con i fiori simili a zucchero filato, ed un cedro sul cui tronco è poggiata una tillandsia, pianta senza radici che si nutre dell’umidità dell’aria; un pino dell’Himalaya e uno messicano, dei banani, un’acacia dal Sud America, un boschetto di noccioli e uno di bambù provenienti dalla Cina. E ancora, una gunnera manicata, tipica degli ambienti fluviali brasiliani, dei papiri ed una casuarina tenuissima, proveniente dall’Australia.