Quando ho mosso i primi passi nella ricerca di un editore, mi sono trovato al cospetto di un vero e proprio mondo sommerso. Non nel senso di un ambiente morto, ma di un universo parallelo del quale non immaginavo neanche l’esistenza.
Uno degli aspetti che mi ha colpito di più è la quantità di gente che scrive. La reazione tipica di chi viene a sapere che hai scritto, non pubblicato né venduto, ma solo scritto un libro è stupore, ammirazione, incredulità. Il che ti fa pensare che scrivere sia un’attività a cui si dedicano in pochi.
Poi cerchi di pubblicare il tuo manoscritto ed improvvisamente la situazione si rovescia. Cominci a proporti per qualche premio letterario, anche solo a livello locale, e scopri di essere uno tra centinaia di partecipanti. Curiosi tra i vari siti che offrono servizi di auto pubblicazione e fai fatica a muoverti tra le pagine, costellate delle icone dei romanzi di altra gente. Invii la tua copia cartacea trasudante speranza alle case editrici e ti accorgi che tutte, comprese le più piccole e sconosciute d’Italia, hanno tempi di lettura biblici perché ricevono decine e decine di proposte ogni mese.
Dov’era tutta questa gente che scrive prima? È come quando alle elezioni vince l’uno o l’altro candidato e tutti lo criticano, ma allora chi è che l’ha votato?
Non mi sto certo lamentando, la concorrenza è piacevole ed aiuta a guardare avanti, ad affinare lo stile per emergere dal brulicante tappeto di aspiranti scrittori. Ma la concorrenza rappresenta anche uno degli elementi che non avevo considerato come potenziali ostacoli, quando ancora mi apprestavo a togliere le mie storie dal cassetto per farle leggere a chi ne sa qualcosa.
Morale: se volete scrivere, non pensiate di essere speciali, neanche se altri cercano di farvelo credere, perché in realtà siete circondati da aspiranti romanzieri accaniti pronti a soffiarvi l'occasione della vita…
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