Il muretto / Céline Fraipont e Pierre Bailly. Torino: Eris edizioni, 2014.
Il fumetto - come si sa - ha una vera e propria ossessione per l'età dell'adolescenza. E di solito guarda a questo periodo della vita con uno sguardo drammatico, alla ricerca di quegli eventi e stati d'animo che hanno in qualche modo cambiato la vita di ciascuno e che hanno segnato il passaggio alla vita adulta. Per lo stesso meccanismo, l'adolescenza viene rappresentata spesso anche come un'età mitica, quella nella quale si sono formate le nostre passioni, i nostri interessi e in cui affonda le radici la nostra personalità.
Per tutti questi motivi, si ha la sensazione che i fumettisti ritengano che l'atto stesso della trasformazione dell'adolescenza in disegni e nuvole rappresenti un necessario passaggio catartico, finalizzato alla comprensione e al superamento definitivo di quell'età della vita.
Questo è quanto accade anche nel graphic novel disegnato da Pierre Bailly in un bianco e nero essenziale e affascinante e sceneggiato da Céline Fraipont per raccontare la storia di Rosie, una ragazza adolescente che - in un'età già difficile e delicata - si trova a fare i conti con l'abbandono. Sua madre è andata a vivere a Dubai con il nuovo compagno e le manda lettere che lei neanche apre; il padre lavora spesso lontano da casa. E così Rosie si ritrova spesso da sola nella sua grande casa, diserta sempre di più la scuola e comincia a bere. Perde così anche l'amica del cuore, che nel frattempo esce con un ragazzo e i cui genitori non vogliono che frequenti Rosie.
Siamo alla fine degli anni Ottanta. E di quegli anni ci sono tutte le componenti essenziali: il muretto (richiamato nel titolo), dove si trascorre il tempo e si fanno incontri, la musica punk e dark dei dischi in vinile, la droga spacciata per strada.
Nello stato di malessere e di vuoto affettivo in cui Rosie si perde (e vorrebbe scomparire come fa quando si immerge completamente nell'acqua della vasca da bagno) e di fronte a un mondo adulto distante, assente o morbosamente interessato, la ragazza incontra Jo, un giovane che vive da solo in una casetta lungo la ferrovia, non fa domande, ama la musica e si mantiene spacciando droga, compiendo piccoli furti o adottando espedienti vari insieme al suo gruppo di amici. Jo però è generoso e tenero, accoglie senza pretendere, è presente senza essere invadente, ama senza chiedere nulla in cambio, e con lui Rosie si sente al sicuro e capita.
È grazie a Jo che Rosie riacquisterà fiducia in se stessa e ritroverà quel percorso individuale che le consentirà di tornare a dare un senso al mondo circostante, anche ad affrontare gli abbandoni e le prove che la vita ci riserva, con uno spirito rinnovato e con uno sguardo capace di vedere la bellezza delle cose, anche in mezzo alla fatica e al dolore.
Una cartolina postale nell'ultima pagina ci sorprende e ci spinge a condividere i nostri ricordi emotivi con chi vogliamo, ma non nel modo effimero e virtuale della rete, bensì nel modo antico che passava attraverso la fisicità.