Il muro della vergogna

Creato il 17 dicembre 2013 da Renzomazzetti

MAYA IERI.

Il Consiglio di Fabbrica invita i magistrati a partecipare all’assemblea per discutere del contratto dei metalmeccanici alla luce della Costituzione italiana con i lavoratori in lotta. La Direzione aziendale nega l’ingresso ai magistrati. Alle ore dieci del giorno dopo tutto lo stabilimento piomba nel silenzio, gli operai escono dalle officine, percorrono il viale interno dirigendosi verso il palazzo della Direzione; come hanno fatto altre volte non si fermano per urlare la loro rabbia, ma proseguono imboccando il viale che porta ai cancelli di accesso; non escono per manifestare in città, muti si fermano avvolti dal profondo silenzio. Le guardie del padrone con in bocca un ghigno stanno a debita distanza seminascoste dietro agli angoli delle officine, altre, dall’alto degli edifici, fanno riprese e scattano fotografie; gli operai immobili non accennano un gesto, uno sguardo. All’improvviso scoppia l’applauso da far accapponare la pelle: dal muro di cinta sono emerse le teste dei magistrati; in piedi sul cassone dell’autocarro parcheggiato sul marciapiede esterno con in mano un megafono l’autorevole voce inizia dicendo che gli operai devono avere dignità ed essere liberi cittadini anche in fabbrica e che il muro del padrone è il muro della vergogna. (Ricordo da un racconto di Ariella).

IO    PIANGO

Io piango in mezzo a ciò ch’è invalido,confuso,

nel sapore crescente, ponendo l’orecchio

alla pura circolazione, all’aumento,

cedendo senza rotta il passo a ciò che arriva,

a ciò che sorge vestito di garofani e di catene,

io sogno, sostenendo le mie vestigia mortali.

-Pablo  Neruda-

(tratto da ”Debole dell’alba” di Pablo Neruda)

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