Il Museo Stibbert, tra ricordi e suggestioni

Creato il 11 agosto 2013 da Postpopuli @PostPopuli
 

di Monica Serra

“Il Museo Stibbert, tra ricordi e suggestioni”

Odori di spezie, una marea ondivaga di gente che cammina, rovista, si urta. Rumore di chiacchiere da un banco all’altro, bambini che s’infilano tra le gambe.
“Stoffe di Fiandra e sete d’Oriente!”
Un mercato di Parigi, Siviglia, Amsterdam, Londra o forse San Pietroburgo…
Davanti al banco di un armaiolo, tra le file di mercanti di stoffe, chincaglierie e terraglie, un giovane gentiluomo soppesa un pugnale dall’aria antica. Dal banco del merciaio, poco distante, una donna avvolta in uno scialle e con i mezzi guanti armeggia fra scatole di latta, piene di bottoni, e matasse di filo pregiato e lo osserva attentamente.
“Chi è mai quel giovin signore?” chiede incuriosita. “È da stamattina che lo vedo girare per il mercato. Avrà dilapidato una fortuna: ha comprato di tutto!”
Il mercante guarda l’uomo, poi scoppia in una sonora risata.
“Ah, signora mia! State pur certa che se ha speso un patrimonio non l’ha fatto a caso! Quel tale è la gioia di tutti gli antiquari d’Europa. Davvero non lo conoscete?” La donna nega. “È l’italiano, il collezionista. Quello di Firenze.”

Me lo immagino così, Federico Stibbert: un ricco gentiluomo di fine Ottocento che si aggira tra i banchi di antiquari e rigattieri, viaggiando per il mondo, alla ricerca di qualsiasi cosa possa arricchire la sua preziosa e immensa collezione. Quadri, arazzi, mobili, oreficerie, maioliche, ventagli, orologi, vetri, costumi, tessuti, ombrelli, bastoni, manoscritti, libri, pettini, fibbie, stemmi, monete, parrucche, candelieri, ricami, passatempi. E armi, il pezzo forte della sua raccolta.
Quest’uomo amò a tal punto la sua collezione che, quando gli ambienti della villa che la custodiva non furono più sufficienti ad accogliere materiale, le costruì attorno nuove sale e restaurò il parco, servendosi dell’opera dei migliori architetti e progettisti dell’epoca.

Villa Stibbert ha un posto particolare nel mio cuore. Avevo circa otto anni quando la visitai per la prima volta, e nulla potrà cancellare dai miei ricordi l’incredibile “Cavalcata” che mi accolse all’ingresso del Museo.
Per valorizzare al massimo la splendida collezione di armi, lo stesso Stibbert aveva ideato una coreografica accoglienza: un carosello di cavalieri, armati di tutto punto, e in sella a destrieri bardati alla perfezione. Ora che ci penso, credo che la mia passione per le ambientazioni cavalleresche venga proprio da lì, dall’androne di Villa Stibbert.

“Il mio museo” lo definì Federico, “che mi costa ingenti somme di denaro, tante cure e fatiche”. Una passione che il benestante collezionista (garibaldino, medaglia d’argento al valor militare) decise alla sua morte di condividere con i posteri: lasciò la villa e tutti i suoi tesori alla città di Firenze, perché se ne prendesse cura e la aprisse al pubblico. Oggi è una Fondazione a occuparsi del Museo e dei quasi cinquantamila oggetti in esso custoditi.

Nel corso degli anni il Museo si è arricchito di ulteriori tesori, e oggi è diviso in sei sezioni:

Armeria europea: armi bianche, armi da fuoco e armature (da guerra e da torneo) provenienti da scuole italiane, tedesche e francesi;
Armeria islamica: armature orientali, raccolte in parte dal nonno di Stibbert, che fu comandante della Compagnia delle Indie e Governatore del Bengala nella seconda metà del Settecento;
Armeria giapponese: una delle collezioni più cospicue al di fuori del Giappone (95 armature e 285 tra spade – corte e lunghe – e armi in asta);
Quadreria: con opere di Luca Giordano, Botticelli e il Bronzino, preziosa documentazione di storia del costume civile e militare di varie epoche;
Porcellane: con tre grandi servizi di Ginori risalenti al 1750;
Costumi: collezione visibile con rotazioni temporanee, con abiti di ogni parte del mondo.

Il Museo ha un sito internet (www.museostibbert.it) molto esauriente, su cui si trovano tutte le informazioni per organizzare la visita. Che consiglio vivamente.

(foto da Wikipedia)


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