Il Mythos nell’epoca della Litweb

Creato il 27 ottobre 2011 da Bruno Corino @CorinoBruno


Come si crea un Mythos nella litweb e cosa implica? Quali sono le sue finalità?
Il mito designa tutto il sistema di narrazioni e credenze legate alle più antiche forme rituali. In origine si legava alla religione e al rito, ma nel progressivo sviluppo della tradizione il mito si allontana spesso dal diretto rapporto con le forme di religione e diventa parte dell’immaginario collettivo. Anche nelle forme di civiltà più avanzate e progredite i miti continuano a circolare, ma vengono rielaborati al fine di mistificare e occultare le forme della vita sociale contemporanea. Parlo soprattutto di quei miti originati dalla politica. Anche la pubblicità e il mondo dello spettacolo vive di miti.
Il mito è di narrazioni che alimentano le forme dell’immaginario collettivo.
Nell’immaginario le contraddizioni non hanno identità reale…
Nell’immaginario tutto tende alla stabilità e alla fissità, cioè un mito si stabilizza quando un immaginario ne fissa il racconto.
Il mito chiama in causa la parte non razionale dell’animo umano, affonda cioè le sue radici nei recessi alogici dell’uomo…
Un tempo erano gli autori a creare i loro miti:
nell’Odissea c’è il mito del viaggio;
nella Divina Commedia c’è il mito dell’ascesi;
nell’Ulisse di Joyce c’è il mito della banale giornata quotidiana…
ma a volte sono gli stessi autori a divenire dei miti:
dietro l’opera di Catullo c’è il mito di un amore infelice;
dietro l’opera di Giordano Bruno c’è il mito del suo martirio;
dietro l’opera di Nietzsche c’è il mito della sua pazzia;
dietro l’opera di Rimbaud c’è il mito del rifiuto della poesia;
dietro l’opera di Van Gogh c’è il mito del suo suicidio…
dietro l’opera di Kafka c’è il mito dell’incompiutezza
…………………….

ogniqualvolta leggete o ammirate l’opera di uno di questi autori non potete non avvertire il fascino che il loro mito proietta su di essa: è una presenza immanente che impregna ogni sillaba, ogni tratto della loro opera. È un fantasma che agita la nostra immaginazione e la nostra fantasia ne avverte la presenza ma non riesce né a vederlo né a toccarlo.

Ciò che chiamiamo fantasma o presenza è quell’elemento del tutto casuale che accade, e al quale è impossibile riuscire a dare una qualsiasi spiegazione plausibile e compiuta. Nel mito c’è sempre un fondo imponderabile che rimane inaccessibile alla razionalità. C'è la pura contingenza. Il mito coinvolge la nostra emotività, le nostre passioni, ossia tutti quegli elementi a-razionali che non riusciamo a controllare con la ragione.
Il mito è come Il castello kafkiano: il lettore, sotto qualsiasi foggia si presenta, è come l’agrimensore K., al quale per quanti sforzi faccia, alla fine il Castello si rivela come un luogo inaccessibile. Ma l’inaccessibilità aumenta, alimenta la potenza del mito, e attiva un processo circolare, ricorsivo:
le narrazioni alimentano la forza del mito…
la forza del mito attivano altre narrazioni…
ogni narrazione è una interpretazione del mito…
il mito attiva altre interpretazioni…

L’inacessibilità è uno dei tratti del mito: talvolta questa inaccessibilità dipende dalla distanza storica, dalla complessità del mito…

Un altro tratto che origina il mito è la presenza dell’interruzione: l’interpretazione vorrebbe ristabilire ciò che l’interruzione ha provocato. Tra il passato e il presente vorrebbe gettare un “ponte” che unisce le due sponde. Il mito narra l’interruzione, della rottura, talvolta traumatica, e l’interpretazione vorrebbe sanare tale rottura .

La vita di Catullo spezzata da un amore infelice; la vita filosofica di Giordano Bruno spezzata da un processo e da un rogo acceso da ciechi fanatici; la forza creativa di Nietzsche spezzata da una malattia; la vita poetica di Rimbaud spezzata da un gesto di ribellione; la vita artistica di Van Gogh da un colpo di pistola; la produzione di Kafka spezzata da una volontà a non voler concludere…
Ma quante vite di autori si sono spezzate senza aver originato un mito? Il mito s’origina quando già l’opera dell’artista riesce ad attivare “narrazioni”, in sostanza, quando l’opera al suo apparire fa parlare di sé nel bene e nel male. Le ragioni che spingono qualcuno a parlare di un’opera possono essere diverse, e non sempre sono riferibili alla “qualità” dell’opera. Talvolta sono episodi extraletterari ad alimentare il mito di un’opera. Gustav Flaubert, nel gennaio 1857, fu processato per preteso oltraggio alla morale pubblica e religiosa, quale autore di Madame Bovary. Nello stesso anno, furono processati e condannati per oscenità I fiori del male di Baudelaire. Oscar Wilde finì in prigione per omosessualità. Ognuno di questi processi finiva con alimentare delle narrazioni. Sulle gazzette dell’epoca, nei caffè, nei salotti, nei corridoi delle università o delle accademie si discuteva di queste opere. Ma erano narrazioni extraletterarie, servivano a far parlare dell’opera, attiravano la curiosità dei lettori. Le proibizioni, le condanne dei giudici dalla barbe lunghe ottenevano esattamente lo scopo contrario a quello desiderato.

Poi abbiamo il mito che si crea intorno alla vita dell’autore, spezzata da un evento traumatico, che proietta sull’opera un fascio di luce intensa: si cerca là la ragione di quella fine traumatica. E tanti critici e biografi a scavare in quella vita, in quell’opera, a scavare per trovare la risposta ultima che possa spiegare il gesto estremo. E l’opera complessiva dell’artista si presenta come un enorme ipertesto: ogni particolare rimanda a un altro, ogni dettaglio insignificante è analiticamente scandagliato, catalogato, archiviato. Prima o poi la risposta ultima salterà fuori.

Ora, nell’epoca della litweb, è il medium stesso a generare il mito: come ha intuito uno scrittore della litweb, il grande Moscone, sono i motori di ricerca ad alimentare il mito: si digitano le prime lettere del nome dell’autore/web cercato, e se dopo le prime lettere compare subito, vuol dire che quei link sono molto cliccati. Più link sono connessi al nome dell’autore più quel nome sale nella gerarchia di quel motore di ricerca. Ma come si moltiplicano i link connessi all’autore? Si moltiplicano quanto più quel nome è linkato nella rete. Più quel nome viene ripreso da altri siti o altri blog e più esso circola nella rete, più circola nella rete e più viene linkato. Ecco come s’attiva il processo ricorsivo nella rete. Ma per quale ragione i siti e i blog dovrebbero linkare quel nome? Semplice: perché intorno a quel nome si sta “creando” un alone mitologico. Il nome di un autore compare nella rete, a poco a poco viene ripreso dagli altri blogs e da altri siti; intorno a esso comincia a costruirsi una mitologia, una narrazione che alimenta la forza del motore di ricerca.
A questo punto capite bene che non è più il numero di volte che un post viene cliccato all’interno di un sito litweb a differenziare la qualità di un autore rispetto a un altro, bensì è il numero di link che riprendono il nome di quel autore. La differenza viene decisa non dal click ma dal link: un autore può postare la sua bella poesia romantica e sentimentale ed essere cliccato centinaia di volte, ma se quella bella poesia non è linkata, ossia ripresa nella rete, dopo un po’ di tempo è destinata a cadere in un profondo oblio. E se, invece, una poesia viene linkata non è solo perché si tratta di una bella poesia, ma soprattutto perché intorno al nome dell’autore la rete sta creando una mitologia, ossia una narrazione.
Link: collegamento, ponte, interpretazione...
la chiave di volta che da sempre hanno cercato i nostri antenati...


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