“Dottore, vedo il mondo come una notizia”
“ma quella era una notizia”
“Non posso uscire con nessuno che non sia una notizia”
“ma quell’uomo russo le stava dando una notizia”
“non mi interessa nessuno se non si fa intervistare”
“ma è quello che stava facendo”
“non riuscivo più a trattarlo come una notizia””
“la prossima volta si faccia pagare il prezzo di un pezzo, così vi levate dall’impiccio il difetto della notizia”
“cioè?”
“cioè se lei esce con un uomo, e non riesce a vederlo che come una notizia, allora gli chieda, nei primi dieci minuti di flirt, di pagarle la notizia. Una specie di 50 dollari per la toeletta, tipo Colazione da Tiffany”
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L’altro giorno parlavo al bar con un chimico condotto. Era un avventuriero chimico condotto russo venuto in Italia per effettuare delle ricerche sui papaveri viola. Sarò sincera con voi: era veramente un bel ragazzo e mi dava un po’ fastidio che fosse russo.
Era chiaramente molto istruito perché parlava un inglese perfetto. Mi disse che aveva vissuto la sua adolescenza in Giorgia, perché la famiglia lavorava lì prima sotto i russi e poi sotto gli americani e lui aveva deciso di frequentare l’università americana. Ciò che più l’ha colpito, quando mi ha visto, è che fossi una portoricana di nome Olga. Me lo disse poi prima di lasciarci, entrambi speravamo di limonare ma comunque non lo facemmo, perché in inverno è bene rimandare ad agosto tutte le puntate amorose. Per preservarsi dal suicidio. Me la sono sfangata con un “Guarda Fedor, non è colpa mia ma 1) ho la cistite 2) fino al 31 gennaio venere non è nel mio segno 3) hai bevuto un sacco di vodka 4) non sono convinta della tua bontà in quanto notizia” e non ce la posso fare quindi chiaramente rimase una bella conversazione.
Gli parlai un po’ della poca chimica che mi ricordavo, attraverso Primo Levi e Il sistema periodico degli elementi, che non erano una chimica ma una biografia. Lui mi rispose che avevo preso della droga. Io gli dissi che era ignorante. Lui mi parlò dei legami intramolecolari. Io non capivo. Lui mi rispose che ero ignorante. Io lo offesi, dicendogli che non era una notizia, “tu non sei una notizia Fedor”.
Lui mi chiese di nuovo se avevo preso della droga e si finì così a parlare dei papaveri viola.
Ai papaveri viola, dunque. Mi portò a parlare dei papaveri viola, vicino a un naviglio ai sud dei navigli.
I papaveri viola in Russia li nascondono nell’arredamento degli asili. Nessuno sa che dai papaveri viola si ricava un purissimo oppio che crea una dipendenza quasi immediata solo ad avercela fra le mani. Quando si beve, se si beve la vodka e si fuma l’oppio ricavato dai papaveri viola, l’effetto ebbriforo della vodka dura dalle 2 alle 3 ore in più.
A me questa cosa dell’arredamento degli asili mi creava veramente forti emozioni. Fortissima brama di curiosità: cominciavo a vedere Fedor come una notizia. Insomma in Russia i semini dei papaveri venivano piantati nei vasi che servivano a definire i confini del parco giochi con le palli ne dentro, quelle gabbie colorate e atomiche. Gli asili erano quelli dei salesiani e quelli delle suore. I fiori crescevano e quelle due tre suore d’accordo con gli spacciatori appena erano pronti facevano la raccolta. Gli spacciatori li scambiavano con altri semini and so on. Le suore ovviamente in cambio chiedevano dell’oppio purissimo ricavato dai semini viola. Gli spacciatori russi davano loro un mix di oppio ricavato dai papaveri rossi cambogiani e papaveri viola.
Fedor lavorava ai semini. Aveva sentito dire che in Italia, a Milano, d’estate, c’è il clima adatto per fare crescere dei papaveri più rigogliosi e quindi più produttivi. Il clima di un bagno turco che si traveste da sauna e prende il gelato da Grom verso le 23.00.
Voleva coinvolgermi nel mercato italo-russo, mi prometteva di insegnarmi il russo. Gli piacevo. Si capiva, che gli piacevo. Non stava solo cercando qualcuno da arruolare. Io non riuscivo a vederlo più come una notizia, proprio nel momento in cui mi sembrava una notizia già confezionata. Fedor mi piaceva. Mi sembrava che fosse una marchetta, o un tradimento.
Ci scambiammo i contatti. Il giorno dopo mi ritrovai in tasca una bustina di oppio. Era il 24 dicembre.
(ps: è una storia inventata, tipo)