Il nemico di un esordiente

Da Marcofre

Imparare a scrivere nell’opinione comune, è un compito del bambino, dello scolaro che frequenta la scuola affinché sia capace, da grande, di mettere su carta quello che pensa. Se penserà: attività che volentieri viene disattesa, ma questo è un altro discorso.

In passato su questo blog ho scritto di quanto sia importante arrendersi a una realtà dura e meravigliosa. La scrittura è una faccenda che non è mai davvero acquisita, bensì in divenire. Per questa ragione è importante mettersi a lavorare sulle parole, non solo sulla tecnica.
Se per esempio il proprio vocabolario è limitato, e l’unico modo di esprimere il sentimento dei protagonisti è ricorrere ai superlativi assoluti, allora c’è un problema.

Lavorare sulle parole dovrebbe essere il compito di una buona scuola di scrittura. Perché in fondo se desideri essere uno scultore devi imparare alla svelta le caratteristiche del marmo. Riconoscere che ve ne sono di qualità diverse (calacatta luccicoso, rosa aurora, rosso damasco, bianco Thassos), e ciascuna di esse utile per alcune opere.
Solo se si acquisisce una certa dimestichezza con la parola, e si impara a rispettarla, ci sarà offerta la possibilità di scrivere qualcosa di valore. Tutto il resto è superfluo, e chiacchiere.

Il rischio peggiore di un esordiente non è quello di non trovare un editore; ma di frequentare poco il vocabolario, e la biblioteca pubblica. Forse ne esiste un altro: ritenere che il nemico sia là fuori (l’editore; lo scrittore che non risponde alla tua mail in cui gli chiedevi di sbattersi per far pubblicare la TUA opera; i frequentatori di un forum letterario che hanno stroncato il primo meraviglioso capitolo della TUA opera). Mentre il nemico è dentro di noi. Siamo noi medesimi.

Twitter, Facebook o l’auto-pubblicazione sono dei formidabili boomerang se non si è investito per anni nella lettura. Lo riscrivo: per anni. E non valgono i libri di scuola. E non esiste nemmeno un traguardo. Come ho già scritto non so quante volte: la scrittura è una faccenda rognosa, dura tutta la vita, è un apprendistato che conduce lo scrittore alla tomba. E lo consegna alla morte persuaso di avere ancora parecchio da imparare, però il tempo è finito, dannazione.

Si tratta “solo” di leggere? Anche. E di tappare la bocca a quella strana creatura che si congratula con noi alla fine di ogni paragrafo, poiché “È un capolavoro, semplicemente”.
Per quel poco che posso dire, chi scrive deve usare un occhio per vedere cose che gli altri non sanno riconoscere. L’altro occhio deve strapparlo da sé, attendere che il sangue smetta di gocciolare sul pavimento, e con quello giudicarsi.

Se c’è del talento, queste due condizioni potrebbero stanarlo e alla fine sì, si arriverà a comporre uno scritto non malvagio. Altrimenti se si ascolta solo la propria cinguettante voce, che ci riempie di complimenti, è inutile prendersela con gli altri…


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