Per questo ci sono i dantisti, cioè gli appositi studiosi dell’opera di Dante Alighieri, gli accademici e i dotti vari di ogni parte d’Italia e del mondo, e le celebrazioni per i settecentocinquanta anni dalla sua nascita saranno certamente fastosi, imponenti e numerose dappertutto.
Dante Alighieri è stato fin da subito (quando era ancora in vita) riconosciuto, stimato, riverito come poeta in letteratura e poi, dopo la morte, anche nella vita sociale e quotidiana di ogni secolo fino ad oggi principalmente per una delle sue molte opere. Quest’opera è la Divina Commedia, tradotta in più di trenta lingue e conosciuta perfino (almeno per il nome soltanto) dai sassi che ci sono per la strada.
Per che cosa ha sempre colpito di più i cuori e gli animi di chiunque la Divina Commedia? Forse per gli orrori dell’Inferno, per le pene, i supplizi e le atmosfere che vi si incontrano? Forse per la mite tranquillità che regna salendo via via per la montagna del Purgatorio? Forse per la sublimità descrittiva e quasi impossibile di una struttura mirabile e perfetta qual’è il Paradiso?
La sensibilità di ciascuno è differente e particolre al riguardo. I giudizi anche. Vari livelli di comprensione, di leggibilità, di linguaggio, di musicalità possiede in sè quest’opera creata da un’immaginazione, una percezione, un’ispirazione, un’intelletto che hanno del sovrumano e quasi spaventano mettendo, sempre e comunque, in soggezione il lettore di ogni tempo fino ad oggi. Si dice che della Divina Commedia di Dante Alighieri è stato scandagliato e scoperto tutto e che si sa tutto.
Ma si è stati davvero sicuri e si è ancora oggi così tanto sicuri di avere avuto o di avere la chiave di interpretazione adatta ad aprire le sue enigmatiche porte? Il nome segreto della Divina Commedia è: Mistero. Mistero attraverso il Canto e che del Canto si serve come mezzo per svelare e insieme celare il destino e il fine ultimo dell’uomo.
La concezione di Dante Alighieri sulla vita e sulla morte è al di là di tutto e il tutto supera e sovrasta. Il suo spirito giunge là dove mai nessun spirito è giunto. Vola là dove soltanto l’aquila riesce e può volare… E la Divina Commedia prende forma chiudendosi e aprendosi, aprendosi e chiudendosi e infine completandosi in sè e fuori di sè conclusa, alla maniera di un labirinto. E il labirinto, si sa, non è mai completamente decifrabile.
Forse, per me (dopotutto, anche col rischio di ripetermi), il modo migliore per rendere omaggio al vate italiano e universale per eccellenza è, ancora una volta, il Canto: l’unico modo che conosco e che, sono certa, lui, proprio lui, apprezzerà.
Il mio umile canto, che è e resterà sempre troppo imperfetto e inadeguato allo scopo.
Ritratto di Dante Alighieri
Il profilo severo ma sublime
è divenuto icona
attraverso le generazioni.
Le pieghe delle labbra sottili
rivelano all’occhio attento
tutta la sofferenza, la fierezza,
la profondità di un’anima
perseguitata e inquieta.
Ah quelle tempie
cinte dell’alloro
perchè cantò e cantò
e seppe cantare di mondi, di regni,
di dimensioni dello spirito
spazianti dalle tenebre assolute
all’attesa trepidante,
alla suprema luce.
Conobbe più di ogni altro
l’esilio e l’umile errare
presso i potenti.
Misterioso lo sguardo d’aquila
sorvolerà per sempre
lo spazio e il tempo
nel suo volo di immortalità.
Nacque un giorno
di tarda primavera
e insieme alla natura in fiore
gioirono per lui in cielo
le dodici costellazioni dello Zodiaco.
Francesca Rita Rombolà