Il Nulla e il Digitale

Creato il 12 marzo 2014 da Stupefatti

C’è qualcosa che mi sfugge. Ai tempi di internet la conoscenza spicciola, il nozionismo, il “sapere le cose”, non può essere più un vanto, una qualità. Perchè chiunque abbia uno smartphone può “sapere le cose” in presa diretta. Qual è la nuova via della conoscenza? Forse il comprendere le cose da un altro livello? La sintesi e la visione di insieme? Il “capire le cose”, ma veramente, in modo diverso come-mai-prima-d'ora, in modo più intimo? Forse c'è bisogno come-mai-prima-d'ora dell'’intuizione lampante, il brivido del sapere, lo sconvolgimento umorale? Cosa è cambiato, con tutta sta tempesta di internet, che ormai ce la troviamo dentro le vene? Qualcosa mi sfugge. Tonnellate di sapere, nozioni, cultura fast-food. E cresce l’arroganza dei pensatori da un click e via. Il fatto è che più ne sappiamo – più ne sappiamo veramente, non merce da esporre in vetrina – e più è difficile formulare un’opinione definita. Più si è ignoranti, invece, e più è facile parlare. Avere un’opinione definita, un giudizio tranciante, su qualsiasi cosa. Ovvero il dovere di noi tutti ai tempi di facebook. E poco male se si tratta di opinioni strumentali, che servono a imbellettarci il naso. A mostrare le gambe per strada, a lucidarci la vetrina. E la riflessione? Il ragionamento? L’elaborazione? L’attenzione – l’umiltà, l’onestà intellettuale – verso i mille elementi e punti di vista di ogni questione? Spazzati via dall’uragano multitasking. Qualcosa mi sfugge. Mentre noi ci affanniamo per dire, comunicare ed apparire, qualcosa sfugge. La realtà – la realtà vera – si affanna a sparire dalla circolazione. Forse non ce la meritiamo.

E poi ci sono gli indizi di un possibile orripilante NULLA che rischia di circondarci. Alcuni esempi buttati lì a caso. 1) La processione del santo patrono in diretta streaming; 2) Le uscite la sera e le fotine da commentare l’indomani su Facebook. (È più importante l’uscita di gruppo oggi o la commentata di gruppo domani su Facebook?); 3) Nei matrimoni il prete, i due sposi e tutti i personaggi del cerimoniale letteralmente “manovrati” dal fotografo e dal videomaker. (Non più teatro, ma Cinema. Non più gli attori in scena, l’azione in scena, e foto e video che al limite inseguono attori e azione, ma proprio il contrario: foto e video che gestiscono, che determinano l’azione degli attori in scena). Timida constatazione n.1- Il rito millenario – religioso o sociale, comunque sia: collettivo – che ubbidisce alle esigenze della rappresentazione digitale, che si snatura e cambia forma perchè c’è la rappresentazione digitale, per venire meglio come prodotto della rappresentazione digitale, che si piega all’ansia di “possesso” di esperienze da parte di chi vive le esperienze. Parole d’ordine: “Tutto mio tutto mio tutto mio”, “Mi deve restare il ricordo”. (In termini freudiani: approccio erotico-anale-accumulativo rispetto al mondo e alla vita).


Possibile degenerazione n.1 - Il ricordo – la registrazione – divenuto più importante dell’esperienza vissuta. Risultati disastrosi negli approcci mentali, nella percezione e cognizione del mondo e di noi stessi. Possibile degenerazione. Viviamo qualcosa soltanto per ricordarla il giorno dopo e dimenticarla il giorno dopo ancora per poi, tornati di nuovo al NULLA, cercare ossessivamente qualche altra cosa da vivere (vivere?) e quindi da ricordare e quindi da dimenticare e così all’infinito.
Possibile degenerazione n.2 - La logica del CONSUMO applicata radicalmente alle nostre esperienze (esperienze?), al tempo (tempo?) della nostra vita (vita?).
Timida considerazione n.2 - Che ci sia qualcosa di friabile – e già molto ceduto e danneggiato – alla base di tutti questi processi collettivi?

Note1) Un altro mondo in cui rifarsi di una vita di stenti e privazioni. Nel medioevo si chiamava Aldilà, ora si chiama Facebook.

2) L'immagine è un fotogramma di Melancholia di Von Trier. Atroce, bellissimo, il film in questione è una sconcertante rappresentazione visiva di cosa significa La Depressione Nel Mondo Contemporaneo. Tutti quei fili che si attorcigliano sulle gambe della sposa. Non c'entra molto con questo post. O forse si.


1) "La scrittura come lingua orale. Su Facebook o su Twitter si interagisce, specie nei commenti, seguendo l’istinto. È scientificamente provato che ogni reazione umana nei primi dieci secondi è pari a quella di un bambino di sei anni (…) Se da una parte il rischio è che ogni parola finisca per essere scritta sull’acqua (scompare come appare), dall’altra si sente l’esigenza di tornare a dare un peso alle parole. Credo che in futuro prossimo, anche senza scenari apocalittici, per farsi leggere bisognerà tornare alla pietra. Ogni parola, per ottenere il suo naturale speso specifico, dovrà essere incisa. Ecco: in tempo di e-book io credo che il futuro della scrittura sarà rappresentato dai libri di pietra. Torniamo alla pietra, perché le parole non siano più destinate a scomparire ancor prima di essere". Gian Paolo Serino.
2) "La parola non deve rispondere solo all’ossessione di comunicare (la comunicazione sta diventando il feticcio della nostra epoca). La parola dovrebbe servire ad aggiungere qualcosa, a migliorare il già detto. Alla comunicazione bastano gli slogan. Alla cultura serve il ragionamento……il rispetto delle parole, anche sui nuovi media, è almeno altrettanto importante dell’urgenza-obbligo-smania di “comunicare”. Per comunicare basta scrivere “io esisto”. Per scrivere, spesso è necessario dimenticarlo". Michele Serra
3) "Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari…che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere". Pier Paolo Pasolini
4) "Più ci si sforza di dire, meno si riesce. Troppe informazioni tendono a significare nessuna informazione… nella tragedia greca il sangue scorreva sempre fuori scena. Anche dopo venticinque secoli, la forma della tragedia risulta più efficace di qualsiasi resoconto giornalistico" Roberto Alajmo
5) "Mi piacerebbe che un giorno tornassimo davvero a dire i fatti e a star zitti sulle opinioni. Mi piacerebbe tantissimo che ci rendessimo conto che comunicare è una grande e bella responsabilità, ma che deve essere intesa come servizio. Perché ciò di cui parliamo è sempre, sempre, sempre più importante di noi che ne parliamo e del nostro bello stile" Gabriele Dadati
6) "Con l’effetto che oggi i “cinguettii” invece che fare da titolo o da richiamo a un’idea più complessa (almeno un pochino…) l’hanno sostituita invadendo pubblicitariamente ogni angolo della comunicazione, fino al background di pensiero da cui nasce. Pensate in 140 caratteri e sarete moderni, sembra essere il mantra del momento, e così viene recepito da tanti, da troppi, evidentemente timorosi che sulla loro fronte talmudica trasformata in display appaia una scritta che fuoriesce dai limiti previsti" Oliviero Beha


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