Il nuovo governo Rajoy e le prospettive della politica estera spagnola

Creato il 30 dicembre 2011 da Bloglobal @bloglobal_opi

di Martina Franco

Dopo un lungo periodo di crescita e di progressiva affermazione a livello internazionale, la Spagna sta attraversando ora una nuova fase, segnata da problemi economici di grave portata e da cambiamenti politici interni. La composizione del governo popolare di Mariano Rajoy, eletto nel corso delle elezioni anticipate di novembre ed entrato in carica lo scorso 22 dicembre, preannuncia una gestione dello Stato votata al risanamento dell’economia nazionale, confermando l’assoluta priorità dei temi economici, che senza dubbiosi riveleranno centrali, forse ancor più che in passato, anche nelle scelte di politica estera.

La vittoria di Rajoy

La conquista della maggioranza assoluta dei seggi nel Congresso dei Deputati, rappresenta per il neo Primo Ministro Rajoy e per il Partido Popular (PP) un successo a lungo atteso, che giunge dopo sette anni all’opposizione e due sconfitte elettorali subite proprio ad opera del Premier uscente José Zapatero. Una costanza, quella di Rajoy, che certamente i cittadini spagnoli hanno voluto premiare, benché i fattori maggiormente rilevanti ai fini del risultato siano per lo più riconducibili alle allarmanti condizioni economiche in cui versa il Paese. In buona sostanza, è la crisi che ha determinato e determina sempre più, in Spagna così come altrove in Europa, le vicende politiche, influenzando le scelte degli elettori e l’avvicendarsi dei partiti alla guida dei Paesi. D’altra parte, il deciso avanzare dei temi economici su quelli politici è confermato anche dal fatto che la campagna elettorale  precedente al voto dello scorso 20 novembre è stata caratterizzata, più che daproposte politiche articolate e coerenti, da una vaghezza di contenuti e promesse ed in genere da argomenti alquanto deboli per un Paese nel quale il tasso di disoccupazione, pari al 22,6%, è oggi il più alto registrato negli Stati dell’Unione Europea.La fine del progressoRajoy giunge alla guida della Spagna in un momento storico nel quale, a causa della crisi economica mondiale, i valori e le priorità del mondo occidentale vengono messi in discussione. Una fase che per Madrid si situa, inoltre, alla conclusione di un’epoca, quella avviata nel 1975 con la transizione democratica post-franchista, che è stata caratterizzata da crescita e stabilità. L’eccezionale boom economico che ha interessato il Paese a partire dalla metà degli anni Novanta, ha, infatti, decisamente terminato la sua corsa, per mostrare oltretutto i limiti di una crescita fondata principalmente su un rapido sviluppo del settore edilizio. Le dimissioni anticipate di Zapatero, exleader del Partito Socialista Operaio (PSOE), sembrano inoltre aver interrotto una fase di stabilità politica che finora ha accompagnato la storia della Spagna democratica. Dalla caduta del regime franchista in poi, ad eccezione della primissima fase di transizione democratica conclusasi nel 1981-1982, i governi che si sono succeduti al Palacio de La Moncloa hanno tutti portato a termine i loro mandati e sono rimasti in carica per almeno due legislature: Felipe González (PSOE), guidò il Paese dal 1982 al 1996; Aznar (PP), eletto nel 1996, fu poi riconfermato e governò fino al 2004. Tuttavia, l’avvicendamento al potere dei due maggiori partiti nazionali, che sin dal 1982 si alternano alla guida del governo, non costituisce una novità in Spagna ed, anzi, può far ben sperare per il futuro, essendo forse uno degli elementi che fino ad oggi ha assicurato la rappresentanza delle varie istanze e ha contribuito, di conseguenza, all’equilibrio del sistema.La composizione del nuovo governoIn coerenza al clima di austerità dovuto alla crisi, il governo presentato lo scorso 22 dicembre consta di un numero di ministeri ridotto rispetto all’esecutivo precedente e presenta una composizione dalla quale si deduce l’importanza che rivestono le questioni economiche nel programma di Rajoy. A conferma di ciò, il nuovo Premier spagnolo ha optato per una maggiore specializzazione del governo sui temi economico-finanziari, scindendo il Ministero dell’Economia e delle Finanze in due portafogli: Economia e Competitività, affidato al tecnico Luis De Guindos e Finanza e Pubblica Amministrazione, assegnato a Cristóbal Montoro. La priorità è, infatti, come rilevato dal nuovo Premier in occasione del discorso di investitura pronunciato il 21 dicembre, la stabilità di bilancio, il risanamento del settore finanziario e l’attuazione di riforme strutturali, al fine di stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro.Possibili sviluppi della politica estera spagnolaLa nomina a Ministro degli Affari Esteri di José Manuel Garcia Margallo, già annuncia in modo sufficientemente chiaro una politica estera anch’essa determinata da considerazioni di natura economico-finanziaria e commerciale. Margallo, eurodeputato di formazione economico-giuridica, ha ricoperto, infatti, numerosi incarichi in materia economica in seno al Parlamento Europeo, ultimo dei quali quello di Vicepresidente della Commissione Affari Economici e Monetari.Nella sua storia democratica, Madrid ha condotto una politica estera caratterizzata da alleanze ambiguamente definite o mutevoli e da una scarsa concertazione tra le forze politiche su questi temi, tanto che le priorità e gli interlocutori sono mutati a seconda dell’orientamento politico delle forze al potere. Oggi più che mai, invece, il recupero della centralità della politica estera e l’elaborazione di un programma realistico, coerente, dettagliato su questi temi contribuirebbe in maniera determinante a risollevare le sorti del Paese, sia a livello di influenza internazionale, sia per ridare linfa vitale ai settori economici. Il compito di Rajoy sarà quello di intraprendere questa strada, facendo seguire alle dichiarazioni generiche pronunciate finora una strategia che miri agli interessi del Paese. Se a livello geografico non c’è dubbio che le direzioni geografiche della politica estera rimarranno principalmente l’Europa, il Mediterraneo, l’America Latina ed il Maghreb, è probabile altresì che la gestione della politica estera non subirà eccessivi mutamenti. In base al programma elettorale del PP, gli sforzi della diplomazia spagnola in Europa dovrebbero indirizzarsi al duplice obiettivo di rafforzare la posizione di Madrid all’interno dell’Unione Europea ed, allo stesso tempo, di consolidare la coesione tra gli Stati membri, attraverso il sostegno alla moneta unica e la collaborazione sui temi chiave dell’immigrazione, della politica agricola e della stessa politica estera.Conformemente all’orientamento del governo in carica, è possibile che Rajoy opti per un riavvicinamento della Spagna agli Stati Uniti ed all’Alleanza Atlantica, sebbene sembri improbabile un ritorno ai tempi della stretta collaborazione intrattenuta tra Bush e Aznar. Il programma elettorale di Rajoy, inoltre, parla chiaro rispetto all’impegno di Madrid nelle missioni internazionali volte a stabilire la pace, il rispetto dei diritti umani e la sicurezza, situandosi peraltro in linea, benché con i dovutidistinguo di carattere ideologico, con quanto attuato dall’amministrazione uscente. Infatti, Zapatero garantì l’impiego dell’esercito nelle missioni internazionali autorizzate dall’ONU, quali quelle in Afghanistan e Libano; non invece in quelle non autorizzate, come l’intervento in Iraq. Inoltre, un segnale significativo attuato dal governo uscente in direzione di un maggiore coinvolgimento in seno alle Nazioni Unite, è stata, nello scorso mese di ottobre, la concessione della base navale di Rota, presso Cadice, nell’ambito del nuovo sistema di difesa antimissilistica da realizzare in Europa.[1]Per quanto concerne un’altra questione centrale della politica estera spagnola, quella delle relazioni con la comunità degli Stati latinoamericani, Rajoy ha annunciato una rinnovata attenzione e impegno del governo su questo tema. Una scelta naturale per la Spagna, in considerazione del fatto che proprio quell’area rappresenta un’occasione imperdibile a livello economico-commerciale e non solo, anche per la presenza di numerose imprese ed immigrati spagnoli. Ciò che però sarà fondamentale ai fini del successo di tale politica sarà la capacità di Madrid di selezionare alcuni Paesi con i quali stabilire contatti bilaterali costanti, concentrando gli sforzi della diplomazia su obiettivi ben precisi ed evitando di ripetere l’errore, ormai insito nella politica estera spagnola, di disperdere le energie nel tentativo di imporre la propria influenza un po’dovunque in America Latina. La convocazione di conferenze multilaterali a cadenza annuale, le cosiddette Cumbres latinoamericane, avviata da Madrid negli anni Novanta, è un esempio dell’inefficacia della diplomazia spagnola anche in questo campo.  Le Cumbres, infatti, sono andate sempre più perdendo peso, senza portare di fatto ad un maggiore coordinamento tra i Paesi coinvolti ed, anzi, suscitando il disinteresse a parteciparvi per alcuni Stati.È proprio nell’ambito della comunità latinoamericana che si giocherà per la Spagna la partita dalla quale potrà potenzialmente trarre maggiori vantaggi, ma che comporta anche difficoltà di non poco conto. Fondamentale sarà soprattutto la lungimiranza di Madrid nel reimpostare i rapporti tenendo conto di una realtà che negli ultimi anni è andata man mano rovesciandosi soprattutto a livello economico, fino al punto che oggi sono i Paesi latinoamericani a vivere un’epoca di crescita, mentre in Europa imperversa lacrisi. La prima prova per Rajoy sarà la Cumbre Latinoamericana che si terrà proprio in terra spagnola nel corso del 2012: riconoscere la mutata situazione costituirebbe un enorme passo in avanti. Un passo in direzione della valorizzazione del legame storico e linguistico-culturale con quegli Stati, il quale rappresenta un vantaggio enorme che la Spagna ha dalla sua parte e del quale finora non ha saputo adeguatamente beneficiare. Probabilmente una delle tante potenzialità di Madrid rimaste ancora inespresse e che Rajoy è chiamato a riscoprire e valorizzare, per condurre il Paese attraverso le sfide che lo attendono.* Martina Franco è Dottoressa in Scienze Internazionali e Diplomatiche (Università di Trieste)
[1]La realizzazione di un sistema antimissilistico in Europa è stata decisa nel corso del vertice NATO di Lisbona tenutosi nel novembre 2010. Lo scudoantimissile, finalizzato a difendere i Paesi dell’Alleanza Atlantica da eventuali minacce provenienti da Est, prevede il coinvolgimento di altri Stati europei, tra i quali Romania, Polonia e Repubblica Ceca e della Turchia nei cui territori sorgeranno le basi terrestri del sistema. 

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :