Che Dio fosse morto lo sapevamo già. Ce lo ha cantato anche il nostro Guccini in una bellissima canzone, ma ancora prima ce lo aveva detto il filosofo tedesco Nietzsche.
Chi, invece, ancora si ostina a definirsi credente, nella maggior parte delle volte, lascia quel Dio, là nei cieli, il più lontano possibile dalla propria vita.
Il problema non è tanto e non è solo che ci siamo sbarazzati di Dio, ma che lo abbiamo fatto senza considerare un aspetto di tutta la vicenda, niente affatto trascurabile. Cioè che, come ha ben spiegato Dostoevskij, l’uomo non può vivere senza inchinarsi davanti a qualcosa. Sì, è proprio così. Dai tempi dei tempi, l’uomo ha creato o ha posto qualcosa davanti a sè, di più grande di sè, che ha dato un senso al tutto. Che il tutto ha diretto e controllato e per la quale l’uomo ha fatto sacrifici, fisici e umani.
Ora, morto Dio, il Dio di Abramo, quello che in fondo in fondo male non aveva fatto, e addirittura, ci aveva dato il suo unico figlio per dimostrarci di quanto amore verso di noi, è capace. Ora, quindi, morto quel Dio, abbiamo dovuto sostituirlo con qualcos’altro. Morto un Papa, se ne fa un altro.
La nuova religione che si è profondamente radicata nella nostra società e forse nel nostro DNA si chiama religione del DIO MERCATO. E questo dio è spietato e terribile. Per lui sacrifichiamo la nostra vita, la nostra stabilità, i progetti personali di famiglia, il nostro tempo libero. “é il mercato che ce lo chiede”, questo ci viene detto per TV. Il mercato ci chiede di consumare sempre di più, di spendere e produrre senza regola e senza senso.
E così invece di metterci in fila per prendere la comunione in chiesa alla domenica, ci mettiamo in fila davanti a l negozio che sta per aprire per poter avere il nostro Hi-fon 6 (spero di averlo scritto bene, non lo so, la mia ignoranza in materia è enorme).
Non si contano i sacrifici umani. Leggi: aborti da parte di mamme che non possono rinunciare al lavoro o alla carriera; suicidi di imprenditori, famiglie che non si formano, bambini che non nascono, famiglie senza case e senza futuro.
Traendo le prime approssimative somme, direi che abbiamo abbandonato un Dio migliore di quello che abbiamo creato con le nostre stesse mani. Che purtroppo non rimane nell’alto dei cieli, e interviene il meno possibile e solo su richiesta, il nostro nuovo dio è sempre qui, immanente, terribile dietro ogni angolo, in ogni spot pubblicitario, nelle economie mondiali, in questa globalizzazione feroce e folle.
ma c’è di più. Mentre fino a ieri esisteva una libertà in materia di fede e religione che lasciava liberi di credere o non credere,mentre questo nuovo monoteismo è autoritario. Ti dice che non puoi restarne fuori. Ti dice che senza l’ultimo ritrovato tecnologico o una auto perfetta e full optional, non sei nessuno. Ti dice, inoltre, che questa situazione è la migliore possibile, che la nostra felicità dipende dal numero di pacchetti che abbiamo sotto l’albero di Natale. Ti dice che va bene così e si va avanti per questa strada a senso unico.
orbene, questa la situazione. Questo il quadro. Alla gente è stata tolta anche la possibilità e gli strumenti per analizzare criticamente la realtà. Ai nostri ragazzi dicono che le materie importanti sono l’informatica , la teconologia, le scienze e la matematica, e così vanno scomparendo la filosofia, la letteratura antica, unici strumenti per indagare la realtà.
Io credo che ci sia un’alternativa perchè quest’anno nelle nostre case, nei nostri presepi nasca di nuovo Gesù bambino, nasca qualcosa che sa di buono e sa di vero. Che ci dice che la nostra dignità umana sta nell’essere, nell’esistere, nell’essere esseri pensanti e capaci di sentimenti e non nel possedere cose, la “roba” di verghiana memoria. Che ci dice che in fondo all’uomo basta solo l’amore, darlo e riceverlo. Tutto il resto è sovrastruttura
Ma dipende da noi, dobbiamo avere ancora la voglia di cambiare il corso delle cose, di proporre un’alternativa. E questa c’è, c’è sempre stata, l’abbiamo scolpita nel cuore e dobbiamo solo metterci in ascolto. E voglio vedere la bellissima trasmissione di Benigni sui dieci comandamenti come un tentativo di svegliarci, di farci riflettere sul fatto che avevamo qualcosa di buono e lo vogliamo a tutti i costi cestinare, contro ogni buon senso. Benigni ha avuto il coraggio, in un’epoca in cui neppure i preti predicano più, di tenere il discorso più bello che da tempo non sentivo. Il coraggio di chi la verità ce la ha e non può tacerla ma deve comunicarla a chi è la in fila, paziente, per comprare,magari a rate, il nuovo telefonino.
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