Mentre studio diritto penale e altre giuridiche amenità, il flusso dei miei pensieri rimbalza spesso sul tema futuro del governo e sulla costituzionalizzazione di un nuovo principio fondamentale: la stabilità. Poi mi chiedo se futuro del governo e futuro del paese coincidano da vero o siano , al contrario, i soliti artifici e raggiri per aggrapparsi al potere, quel potere così distante oggi dai cittadini, ma anche dai partiti di cui io faccio parte. Mi spiego: il vero problema di questo sistema sono le caste al potere, non i partiti; la guerra grillina contro i partiti, origine immonda di tutti i mali, è un argomento falso. I partiti sono , anzi, un potenziale luogo di impegno e di indirizzo politico e culturale, dove tutti , e dico tutti, possono , attraverso l’iscrizione, fare la differenza. Lo dice la Costituzione in due bellissimi principi: il combinato disposto degli articoli 2 e 3 dove si fa riferimento ai diritti di associarsi in formazioni sociali come “luoghi di promozione e pieno sviluppo della persona umana” e il 49, che promuove i partiti come “via per concorrere in modo democratico alla determinazione della politica nazionale”.
Ma torniamo al problema: qui si deve capire se il governo è in grado di “governare” , ovvero imprimere l’indirizzo politico determinato e libero per far riaffiorare la nave senza cocchiero dalle acque dell’indeterminatezza, che è bella nella poesia, ma non nella politica. Io credo semplicemente che un governo, frutto di un’intesa di scopo con la “controparte contrattuale di cosa nostra” e benedetto da Napolitano, non possa che essere fisiologicamente a termine.
Quindi, secondo step: legge elettorale, misure urgenti e voto in primavera, dopo il congresso, chiunque vinca. io, tra parentesi sono per Civati, perché le logiche renziane iperliberiste mi preoccupano, viste le condizioni in cui versa il welfare in questo paese sempre più anziano e sempre meno autosufficiente. Il liberismo spinto vale in sostrati sociali giovani, non certo in un paese fermo e impoverito come l’Italia. Tuttavia, questo non implica il sostegno all’attuale classe di potere, che sembra aver costituzionalizzato (come quella montiana in precedenza) il principio della stabilità “sine die” per fare riforme indeterminate e a tempo indeterminato per un paese astratto. Questo non è quello che vogliono gli iscritti. Mi dispiace, il problema ancora una volta non è il partito, ma altri accordi estranei al perimetro decisionale degli ormai pochissimi iscritti.
Quindi pensiamoci bene. Le tessere si possono ancora fare fino al 20 settembre per partecipare al prossimo congresso. Quello davvero disciplinato dalla costituzione per concorrere a cambiare il paese.