Lussino. Un’isola incastonata come madreperla nel mare della Dalmazia. Quante volte l’ho vista incrociandola al traverso, prendendo un rilevamento oppure osservando con il binocolo l’ingresso del porto. E al riparo delle sue baie ho dato fondo all’ancora per riposare o cercare il fresco delle sue acque.
Straulino. L’ho conosciuto anni fa, paradossalmente, in una città lontana come Ferrara. L’ho conosciuto leggendo un libro. Ricordo una giornata di primavera, in gita scolastica. Passeggiando tra le bancarelle di un mercato dell’usato vidi una biografia sul “padrone del vento”. Incuriosito, lo comprai.
“Tino” apparteneva ad un mondo ormai antico, sepolto sotto al progresso tecnologico e alla modernizzazione. Nato a Lussinpiccolo il 10 ottobre 1914, passò alla storia come uno dei più grandi velisti del XX secolo (oro olimpico nel 1952, quattro volte campione mondiale classe Star, dieci ori europei). Ma a lui piaceva essere ricordato come Ufficiale di Marina, dopo l’esperienza durante la Seconda Guerra Mondiale come assaltatore della Decima Flottiglia MAS e, nel 1965, come Comandante di Nave Vespucci. A me invece piace ricordarlo come un uomo di mare, che sapeva sentire il vento, innamorato del suo elemento.
Personalmente non amo le agiografie, ma vorrei che il mio primo articolo su questo blog (anche in occasione del centenario della sua nascita) parli proprio di Agostino Straulino. Ricordo inoltre che la città di Trieste, quest’autunno, organizzerà in collaborazione con lo Yacht Club Adriaco una regata in memoria di Tino.
Non è questo il luogo per scrivere una pseudo biografia (vi rimando all’ottimo testo “Il Padrone del Vento. La lunga vita felice di Agostino Straulino“, di Giuliano Gallo), quindi preferisco citare alcuni aneddoti simpatici da cui si carpisce il carattere schivo ma gioviale del personaggio; sperando che siano di ispirazione a voi come lo sono stati per me. La perizia tecnica e l’entusiasmo di un equipaggio sono il riflesso del carisma e dell’esperienza del Comandante: lui stesso è leggenda, terribile e onnipotente. E chi migliore di Straulino per descrivere una leggenda? Il 6 settembre 1965, durante una navigazione tra Oslo e Stoccolma con Nave Vespucci, si avvista all’orizzonte il veliero tedesco Gorch Foch. Improvvisamente Tino ritrova il suo spirito competitivo, e ordina di bordare tutte le vele, comprese le rande delle lance di sopravvento. Favorito dal suo armo, il brigantino a palo teutonico raggiunge velocemente il Vespucci, nave a vele quadre; nel momento in cui si paventava il sorpasso -e quindi la sconfitta- il Foch poggia cavallerescamente a dritta, segnalando a lampi di luce: “siete la nave più bella del mondo con il re della vela come Comandante“. Wonderful.
Come avrete capito, Straulino fu forse il comandante più famoso -e amato- di Nave Vespucci. Questa fama deriva anche dal suo orgoglio e consapevolezza delle sue capacità marinaresche. Per esempio, quando il Vespucci si trovava a Portsmouth per una crociera addestrativa, venne a bordo il pilota per assisterlo come d’uso in un ormeggio difficile, tra un incrociatore e una portaerei. Ma Tino rifiutò l’ausilio dei rimorchiatori, con somma maestria ormeggiò autonomamente, mentre il pilota, atterrito, rischiava un colpo apoplettico. Quando poi, alla partenza, chiese l’ora in cui fosse disponibile il pilota, il Comandante del porto gli rispose: “oh, andate pure, non avete bisogno del pilota“.
Del resto, tutto ciò ci insegna un’importante lezione: “la navigazione a vela inculca negli uomini due qualità indispensabili ad ogni buon marinaio: essere pronto in ogni momento a correre al proprio posto; obbedire immediatamente e senza discutere”. Un buon esempio rivolto principalmente alle nuove generazioni.
Ritengo che la più celebre impresa compiuta da Straulino sia l’uscita a vel
Straulino ricevette poi due lettere dall’ammiragliato. Una di congratulazioni per l’impresa; l’altra che gli comminava dieci giorni di arresto. Questo è lo stile della Marina di una volta, lo stile di qualsiasi uomo di mare che si rispetti. Il grande Tino morì a Roma il 14 dicembre 2004, dopo una lunga vita felice. Morì con le onde, il vento e le stelle nell’anima. Credo non si possa desiderare epitaffio ed elogio più bello della poesia che compose il grande poeta turco Nazim Hikmet sulla libertà e sull’amore per la propria patria. Il mare.
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo
sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.