Ecco dunque spiegato di chi e di che cosa parla Michele Marziani in questo suo Il paese dei Ghiottoni.
Oppure no, forse ho mentito.
Questo libro non parla dei Ghiottoni, ma è un libro di viaggi, anzi un libro per viaggiare.
Il viaggio per eccellenza, quello che si fa con la fantasia ( qualcuno direbbe il viaggio con la V maiuscola, ma a me questa espressione non è mai piaciuta, come del resto tante altre che si sentono dire… ).
Perché anche chi non può spostarsi di un solo metro dal luogo in cui è bloccato, in realtà con la fantasia e la forza della mente, può andare dove vuole.
Ecco allora questo viaggio multidimensionale.
Un viaggio con gli occhi a sorvolare la geografia di un territorio.
Un altro con la memoria attraverso le sue storie e tradizioni.
Un viaggio con i sensi per annusare gli odori della cucina e gustare i suoi sapori.
Un altro nel rimpianto per le cose che più non sono.
Le pagine, una dopo l’altra, sembrano i pezzi di un’altalena che ci porta continuamente prima in alto e poi in basso, un po’ avanti e un po’ indietro.
Una sensazione allo stesso tempo di nostalgia e di speranza: nostalgia per tutti gli aneddoti e le situazioni che fanno da contorno alle ricette e ai piatti così ben raccontati; speranza perchè in fin dei conti tante di quelle prelibatezze non hanno bisogno di molte cose per essere riportate alla luce e trovare una nuova vita sulle nostre tavole spesso così male imbandite, se non una semplice ma buona preparazione e di materia prima di buon livello ( questa seconda cosa certamente la parte più difficile da soddisfare).
Il libro del riminese Michele Marziani è un po’ questo: un resuscitare tradizioni in via di estinzione con l’invito a farle proprie.
In fondo basterebbe poco: sarebbe sufficiente farsi una lista delle ricette più appetitose e obbligarsi a prepararne giusto una al mese: passatelli, goletta all’aglio, tagliatelle, piada, ecc. ecc.
Nel breve volgere di un solo anno tante cose probabilmente cambierebbero sulla tavola della gente ormai sempre più di corsa.
Una buona terapia per uscire dalla fretta e tornare in possesso del proprio tempo e della propria vita.
Ah, dimenticavo: a tavola si mangia sempre con la televisione spenta, altrimenti diventa solamente un cibarsi, e questo non è bene.
Rispetto al resto del mondo animale abbiamo la consapevolezza di noi stessi?
Bene, utilizziamola, vogliamoci bene.
Un libro che parla di tante cose buone con un tono sommesso, sottovoce, proprio come si parla di chi non c’è più.
Invece le cose non stanno propriamente in questo modo.
Esistono armi per combattere queste situazioni e sono già tutte quante a disposizione nelle case di tutti: sono tegami, posate e fornelli.
Basta usarli nel modo giusto e più si avanza nella lettura di questo libro, più si diventa guerrafondai.
Tempo di lettura: 2h 56m