Il Paese dei penultimi

Creato il 05 maggio 2012 da Mrs Garrick

Inutile, sono alla vecchia. Amo la carta stampata io. Anche le cose su Internet se sono lunghe devo stamparle per riuscire a concentrarmi. Amo il giornale di carta (che poi diligentemente riciclo) ed uno dei piaceri più grandi quando vado a Bologna è il gesto quotidiano dell’andare dal giornalaio/a di sempre a compare il giornale. E su la Repubblica del 30 Aprile ho letto un articolo di Ilvo Diamanti che si intitolava Il Paese dei penultimi e che, insieme all’overdose quotidiana di telegiornali multipli che sono mi sparata in vena in poco meno di una settimana, mi ha fatto riflettere molto. Ora, dice Diamanti, il sogno italiano incarnato da berlusca si è rotto e e a noi resta solo una manciata di cocci. Uh!

Non è mica la prima volta che l’italia è travolta dalla crisi. Da che mi ricordo ho sempre sentito allarmanti servizi alla televisione - inflazione, tasso di disoccupazione etc etc - mia madre lamentarsi che tutto al supermercato aumentava tranne il suo stipendio, mio padre lamentarsi delle vendite del negozio, i vicini dell'umento di gas e luce e dell'affitto. Poi si andava il Sabato a fare le 'vasche' in via dell'indipendenza, allo stadio alla Domenica e in ferie in Estate e la gente non ci pensava più. Ma stavolta è diverso, per lo meno dal mio osservatorio esterno, è la cupezza dell’atmosfera. Questa volta ho amici e parenti che ci sono in mezzo alla crisi. Questa volta la situazione è davvero tragica e la gente non ha più voglia di far finta che tutto andrà bene. Pare che anche la nostra famosa arte dell’arrangiarsi sia arrivata al capolinea. Chi ha un lavoro deve ritenersi fortunato. Chi ha un lavoro fisso, un prediletto della sorte. E non importa che lavoro sia, che a caval donato non si guarda in bocca, basta che paghi i conti, il mutuo, le rate della macchina e soprattutto, la spesa. Alle vacanze ci si pensa un'altra volta. Carriera? Ma quale carriera??

Bologna 1 Maggio 2012: il corteo di Usb

Perchè come dice Diamanti, la fine dell’era berlusconiana, insieme alle gaffes e ai personaggi da macchietta che tanto materiale avevano fornito ai disegnatori satirici di tutto il mondo, ha portato via anche un’altra cosa: la grande illusione che tutti potessero diventare come lui, come Berlo. Che in fondo che ci voleva? Bastava essere spregiudicati, cinici al punto giusto, conoscere le persone giuste - et voilà, il gioco era fatto e tutti potevano avanzare nella gerarchia sociale. Con buona pace del senso civico e della moralità. E se non si poteva diventare proprio come lui, beh allora si poteva cercare di diventare come quelli che lavoravano per lui, anche se avevano le facce di Emilio Fede e Bruno Vespa che a caval donato non si guarda in bocca. In alternativa, ma solo se si avevano due belle tette e lo stomaco forte, si poteva sperare di trombare con lui ed essere elevate allo status di “papi’s girl” , che l’amore, quello vero lo lasciamo ai perdenti. Se si avevano aspirazioni poi e i numeri giusti (90-60-90) si poteva anche finire al Governo. Uh!

Nicole Minetti (ex igienista dentale di Berlusconi)
Consigliere di maggioranza PDL Regione Lombardia

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Almeno così dice l’Art.1 della La Costituzione della Repubblica Italiana. Ma cosa succede se il lavoro non c’è più, e se quel poco che c’è non è più come prima? Che ora avere un lavoro stabile (anzi, avere un lavoro in genere) è tornata ad essere la cosa più importante. Alla faccia della carriera. Corsi e ricorsi della storia. Quando ero piccola, il massimo per gli adulti della generazione dei miei genitori e dei miei nonni, appartenenti di fatto ad un ceto medio-basso e con un'istruzione medio-bassa, era avere un impiego pubblico. Vuoi mettere? Posto fisso, lavoro sicuro, tredicesima, quattordicesima e non ti devi neanche sporcare le mani. Poco importa quello che si fa, “che alla fine la vita è dura e non si può mica fare troppo gli schizzinosi...” mi diceva mia nonna quando mi lamentavo del mio lavoro dal fruttivendolo dei ricchi, io che avevo una laurea in Lettere e tanti sogni confusi nella testa. La chiamavo Il Generale e non solo perché era passata indenne tra due guerre mondiali – e questo la dice lunga sul suo carattere. Ora pare di essere tornati indietro, che con la crisi diminuisce anche la capacità di sognare. Largo al pragmatismo. Almeno per il momento.


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