Il Papa argentino e l’America

Creato il 20 marzo 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

L’elezione al Soglio pontificio del cardinale Jorge Bergoglio ha suscitato forte emozione in America Latina, e in particolare nella sua patria argentina. Pubblichiamo di seguito il commento di César González Trejo, veterano della guerra delle Falkland/Malvinas, ex presidente della Federazione dei Veterani, che è un utile esempio per comprendere con che spirito l’avvento del Papa americano sia stato accolto in Argentina.

 
La decisione della Chiesa Cattolica di nominare Papa il cardinale Jorge Bergoglio è un vero miracolo. È una decisione straordinaria, sia dal punto di vista religioso che politico. Dal punto di vista religioso, la Chiesa riconosce che il centro della cristianità si è spostato dalla vecchia e corrotta Europa alla terra della speranza, l’America. Dal Nord imperiale, colonialista, materialista e individualista al Sud del mondo, dove si annida il desiderio della vera Liberazione. Per l’Europa e per il Nord, Dio è morto da molto tempo. I templi hanno smesso di essere i luoghi della Fede e si sono trasformati in luoghi di passaggio turistico o in semplici musei. Le uniche cattedrali sono le banche, e gli unici valori sono quelli quotati nella borsa di Londra o dalla BundesBank. In America, invece, è dove si trova la parrocchia più grande, il risultato della tanto controversa evangelizzazione spagnola.

Per la prima volta in più di duemila anni il Papa è americano. È un fatto con conseguenze inimmaginabili.
In ottica politica, ricorrerò agli insegnamenti di quel grande maestro cattolico americanista che fu Alberto “Tucho” Methol Ferré per spiegarlo. Credo che nessuno meglio di lui potrebbe fare luce sulla questione. Tucho diceva che la costruzione dell’Unione dell’America, denominata erroneamente “Latina”, in realtà era possibile solo in America del Sud, dato che i Caraibi e l’America Centrale si erano già trasformati nel postribolo degli Usa. Il Messico, data la vicinanza al grande egemone del Nord, era stato anch’esso sconfitto. Nella Nostra America rimaneva solo la speranza della costruzione dell’Unione Sudamericana. Ma per essere possibile quest’unità doveva essere il prodotto dell’equilibrio tra l’area lusofona (Brasile) e quella ispanofona. Tucho Methol faceva riferimento a una teoria delle proporzioni. Il Brasile da solo rappresenta la metà del territorio, della popolazione, dell’economia e della politica sudamericana. Dall’altro lato, il Sudamerica spagnolo è diviso in vari stati distinti, suddivisi dall’ingegneria britannica in spazi facilmente manipolabili. Perché queste aree smettano di essere disunite, è necessario che l’Argentina – sempre seguendo le affermazioni di Tucho – assuma il ruolo di guida che le spetta.

Comparava l’Unione Sudamericana con il processo dell’Unione Europea. Questa divenne possibile quando le due potenze continentali dell’Europa si decisero per l’unione: la Francia e la Germania. In America, queste due potenze sono il Brasile e l’Argentina. Ma il Brasile ha, per eredità culturale e politica, due visioni contrapposte del suo ruolo su scala mondiale. La prima, quella predominante, è la sua vocazione imperiale, derivata dalla Corte dei Braganza, per tradizione alleata alla Corona britannica. Oggi, questo sogno imperiale è incarnato dalla borghesia paulista, e assume le sembianze di un nuovo Vicereame, dove il Brasile compirebbe una funzione disciplinatrice – e sfruttatrice – sui paesi limitrofi, mentre è seduto a negoziare con le grandi potenze. L’altra ottica, dominante in vasti settori dell’Itamaraty, ritiene che la stessa sopravvivenza e il dominio del Brasile saranno possibili solo nella misura in cui esista una reale unità in Sudamerica, sulle basi di uguaglianza ed equilibrio con l’area spagnola del Sudamerica, perché tutto il subcontinente unito possa sedersi al tavolo con le grandi potenze e difendere la dignità delle sue popolazioni.

La decisione della Chiesa Cattolica giunge in questa complessa situazione geopolitica, dando un segnale di speranza non solo all’America, ma al mondo intero. Dalla lotta spirituale si consolida questa nuova identità nella Fede, tanto vituperata e negata dai centri del potere mondiale – e mondano – della vita sul pianeta. Il Papa è argentino. E nonostante ora debba rappresentare tutta la comunità cattolica, non è escluso che lo faccia dalla sua stessa identità americana e argentina. Tuttavia, non è come se fosse brasiliano. È argentino. E questo aiuterà in quel cammino necessario all’unità. Da più di mezzo secolo, l’impero angloamericano, dove Dio è morto ed è stato sostituito dal denaro, lavora per distruggere la Fede nell’America ispanofona e lusofona. La proliferazione di sette, dalle protestanti alle falsamente orientaliste, il new age, le ideologie decadentiste, il falso ambientalismo, il malthusianesimo mascherato da umanismo, il narco-controllo che descriveva Aldous Huxley, etc., tentano di minare la fortezza spirituale costituita dalla Fede. Tutto quello che stiamo vivendo e che gli apparati della guerra psicologica e di distruzione spirituale tentano di “normalizzare” è il prodotto di una fine pianificazione e dell’operazione concreta dell’Impero, dalla Commissione Trilaterale in avanti. Come i “think tank” angloamericani, la cui vasta rete di agenti coloniali si è sparsa in tutto il continente per assicurarsi il dominio culturale, passo indispensabile per appropriarsi del dominio materiale.  
Francesco I, uomo semplice e di enorme cultura dottrinaria, che ha saputo privilegiare la scelta per i poveri senza cadere nella vulgata pseudo-marxista, è il leader spirituale che la Chiesa ha scelto per rinascere dalle ceneri dove le forze mondiali e i suoi agenti locali vogliono sotterrarla. Benvenuto, Papa Francesco!

(Traduzione dallo spagnolo a cura di: Giulia Sica)


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