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Il Papa “scalzo” a Lampedusa e gli stivaloni della politica

Creato il 08 luglio 2013 da Symbel

Papa Francesco a LampedusaUn uomo vestito di bianco con in mano una croce fatta di legno raccolto tra i relitti delle carrette del mare, un messa celebrata versando il vino in un calice ricavato dal legno calpestato da piedi sanguinanti, intirizziti dal freddo, cotti dalla salsedine, vergati dalla sofferenza.
L’uomo bianco in questione è Papa Francesco, le sue parole e i suoi gesti, come ormai ci ha abituato in questi mesi, sono dirompenti, non lasciano spazio a tentennamenti, il suo parlare è chiaro e deciso.
Papa Francesco visita Lampedusa, emblema della questione immigrazione nel Mediterraneo, approdo di disperati alla ricerca di una vita migliore, ma anche meta privilegiata di loschi individui, che sfruttando la sofferenza, ne fanno mezzo per iniettare nel nostro paese e in Europa nuova manodopera per la delinquenza organizzata.
Il Papa fa il papa, capo della Chiesa che è sposa di Cristo, non può che sposare anche i sofferenti, gli ultimi, i poveri e non lo fa con un’immagine di facciata, ma con il volto contrito di chi capisce e compatisce, di chi soffre sul serio al pensiero di quante vite siano state spezzate tra quelle onde.
Ricordo un servizio di qualche anno fa nel quale veniva intervistato l’addetto al piccolo cimitero dell’isola. L’uomo, con un gesto di carità che gli fa onore, amorevolmente si preoccupa di dare degna sepoltura in quel luogo ad ogni vittima di questo esodo della disperazione, arrivando però ormai a colmare tutto lo spazio disponibile, quasi sempre con lapidi o croci senza nome.
Il Papa piange con loro, esorta a non essere indifferenti, non incontra volutamente i politici per evitare strumentalizzazioni e organizza il viaggio in modo essenziale e discreto, per quanto sia possibile esser discreti in un viaggio Papale.
Le immagini mettono molti interrogativi a ciascuno di noi e alla comunità in cui viviamo. Saranno immagini e parole che si ricorderanno a lungo, che scuotono l’indifferenza verso notizie che nel tempo creano assuefazione.
Detto questo poi viene la politica, divisa su tutto tranne che sulle chiacchiere fini a se stesse.
Il Papa si occupa della carità, dell’amore per il prossimo senza sé e senza ma, la politica deve occuparsi di amministrare, di cercare soluzioni che scaturiscono da leggi giuste e decisioni equilibrate.
L’Italia è una lingua nel Mediterraneo. Lampedusa è l’estremità dell’estremità, la porta d’Europa per coloro che partono dall’Africa settentrionale. Non può essere una porta spalancata, non sarebbe responsabile. E gli isolani non possono essere lasciati a se stessi. E gli italiani non possono essere lasciati a se stessi.
Soccorrere, accogliere, rifocillare, lasciare da parte le idee al limite della demenza di chi invoca i cannoni o vorrebbe rispedire indietro barconi che arrivano già con cadaveri al loro interno. Ma poi? E’ amare il prossimo illudere di poter offrire una vita dignitosa quando si è coscienti che questo non è possibile? E’ amare il prossimo ospitare tutti indiscriminatamente a spese di tutti quelli che ci sono già, italiani e non? E’ amare il prossimo essere costretti ad allestire in fretta e furia dei veri e propri campi di fortuna che tanto assomigliano a quelli di un passato che sembra blasfemo anche solo ricordare?
Non può esistere solo la posizione chi urla con la bava alla bocca “prima gli italiani” e chi sogna un paese multiculturale dove tutti ballano a ritmo dei bonghi felici e sorridenti.
Gli immigrati non sono tutti uguali, non sono una massa indistinta, tutti disperati o tutti delinquenti. Sono persone, uniche, singolari, particolari. Il troppo buonismo rischia di farli invece diventare una massa indistinta e omogenea di vittime dell’occidente (a dire il vero sempre più spostato a oriente) facendo esattamente quello che è contrario al riconoscimento dei diritti di ognuno. Trattando persone che hanno la loro dignità come fossero gattini arruffati salvati dalla cima di un albero.
La visita del Papa è straordinaria perché è un documento d’amore per gli ultimi, senza finzione, una testimonianza del Vangelo senza filtri. Per la politica non è un insegnamento su come comportarsi, a mio parere, perché la politica e le istituzioni non possono fare quello che fa il Papa, ma è una piccola indicazione almeno sullo stile, non tanto legato alla parola “povertà”, che tanto piace ai molti media che sembrano aver già dimenticato la famosa “ingerenza della Chiesa” per indossare subito il vestitino da chierichetti del Papa buono e pacioso, un po’ come il parroco buono da oratorio che piace fin quando non tocca certe corde.
Non la povertà quindi è l’esempio, sarebbe troppo facile e troppo abusata anche da altri pseudo movimenti pauperistici, ma l’andare dritto al sodo, al cuore delle questioni, avere il coraggio di dare risposte decise e nette, questo sì, un aspetto della politica attuale che sembra drammaticamente latitare anche oggi.



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