I ragazzi che me lo fanno pensare, di solito, non sono i classici bravi ragazzi tutti studio e casa. Di solito lo penso di quei ragazzi con l'aria di essere un'acqua cheta che rompe i ponti: quelli che sì, alla fine faranno qualcosa di bello nella vita, ma non senza aver fatto prendere qualche spavento o qualche arrabbiatura ai propri genitori.
L'ultima volta, ricordo di averlo pensato di un mio lontano cugino, che non vedevo da quando era bambino. Questo ragazzo ha sui 20-22 anni, un fisico un po' minuto ma ben fatto, un viso molto bello, capelli neri e bellissimi occhi azzurri. Girava con sua madre da Decathlon (io ero con la mia e con i miei figli) e aveva l'aria del tipo "mamma sto bene con te ma non sei l'unica cosa della mia vita". Insomma, il rapporto tra questo ragazzo e sua madre mi è sembrato buono e sano, come vorrei fosse il mio rapporto con mio figlio.
È strano che una madre pensi: figlio mio, fammene qualcuna sotto il naso. E che poi si debba comportare per evitare che ciò avvenga. Penso che si possa paragonare a quelle esercitazioni militari in cui il sergente fa di tutto per batterti ma alla fine è orgoglioso che sia tu a battere lui.
Il fatto è che ho conosciuto troppe persone rovinate dal voler compiacere in tutto i propri genitori. Per esempio, il mio ex dell'università era uno di questi, e ciò l'ha portato a non crescere emotivamente, a non voler contrariare mamma e nonna anche quando le loro richieste gli sembravano razionalmente assurde. Probabilmente, chi si comporta in questo modo interiorizza eccessivamente l'autorevolezza dei genitori ed è portato a pensare (anche senza volerlo) che i genitori abbiano ragione a prescindere. E che il suo compito nella vita non sia essere felice, ma rendere felici loro.
Come può testimoniare mia madre, io sono sempre stata il contrario di questo prototipo. Da fuori, posso sembrare la brava figlia, perché di colpi di testa ne ho fatti pochi e senza grandi conseguenze: mai una bocciatura a scuola (ma qualche problema di disciplina sì), mai un problema di droga o alcol, mai serate di divertimento sfrenato senza il loro consenso, l'università finita in pochissimo tempo, il master pagato da me fino all'ultimo centesimo, un lavoro decente già a 24 anni, una famiglia meravigliosa, il lavoro statale.
Il fatto è che io ho fatto tutto questo per me, non per i miei. Ai miei genitori ho sempre tributato l'affetto e il rispetto che meritano, tengo in conto le loro opinioni, sono contenta che abbiano potuto sostenermi in questo percorso (ma non li ringrazio, perché credo che abbiano fatto il loro dovere di genitori). Ma non ho mai fatto nulla per compiacerli, se non piccole cose.
Ho sempre pensato che la vita fosse mia e che, se avessi fatto qualcosa per far piacere a qualcun altro, poi le conseguenze sarebbero cadute addosso a me. D'altro canto, se qualcuno dovesse mai fare una scelta importante pensando di fare piacere a me, mi sentirei schiacciata sotto le eventuali conseguenze negative di quella scelta. Ne consegue che, se io avessi il classico "bravo figlio", saremmo infelici in due: io che non vorrei mai condizionare così pesantemente le persone che amo e mio figlio che non sarebbe libero nelle sue scelte.
Notate che parlo di figlio maschio, forse perché spesso questo meccanismo si propone su figlio maschio/madre chioccia, ma forse nella mia famiglia quella più a rischio è Amelia: è lei quella più fragile, che desidera immensamente compiacerci, che vive anche la dimensione sociale in modo più intenso. Ettore, a dire il vero, mi sembra più come me o come suo padre: per ora, va dritto per la sua strada senza ribellioni (che poi, quando sono eccessive, a me sembrano l'equivalente del bravo figlio: faccio le cose non per me, ma per farti dispetto) e senza ricercare il nostro consenso. Per carità, ha solo 2 anni, ma questo gnometto di 2 anni è capace di prender su e andare nell'altra stanza a "leggere" da solo, se non gli interessa quello che stai facendo.
Spero che tra una ventina d'anni possiamo andare a fare shopping insieme, io e i miei figli, litigando sui rispettivi gusti ma consapevoli del fatto che siamo diversi e che non dobbiamo per forza andare d'accordo su tutto.
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