Il viale d'ingresso alla Mandria
Adesso che arriva l'estate, volete godervi una giornata di piacevole immersione nel verde, gradite calarvi in uno spazio di natura in cui vi sembrerà di essere catapultati in una realtà silvo-pastorale d'altri tempi, per dimenticarvi l'altalena dello spread e le scemenze grillate? A pochi minuti dal centro di Torino, il parco della Mandria vi saprà abbracciare con le sue distese infinite di prati e foresta e riconciliarvi col mondo. La natura è bella e coinvolgente, ma qui respiri anche la storia. Ed è proprio quella storia umana che strizza l'occhio e non tromboneggia solo in proclami e vittorie. E' quella che avrebbe riempito i Chi dell'epoca e le Novelle 1860 se mai fossero esistite. Già perché sulla collinetta al centro del parco troneggia il rosso caseggiato che ha visto il fiorire della passione irrefrenabile di Vittorio Emanuele II e la Béla Rusìn, mica scherzi, altro che Corona e Belèn! Altri tempi di certo, ma la prosperosa (inutile protestare, alla fine agli uomini piacciono bene in carne altro che anoressiche) villanella quindicenne che fece perdere il lume della ragione a quella Corona (di altro spessore per la verità) ha qui intessuto una storia davvero intrigante. Qui il Re veniva appena aveva un momento libero da impegni di stato ed elesse questa casa di campagna, in teoria non certo degna di un regnante europeo, a sua dimora effettiva facendola sistemare dallo Juvarra, mica baubau micio micio.Una fila di camere, certo modeste ma che rappresentavano un luogo dove il sanguigno e passionale artefice dell'Italia trovava la sua felicità, di giorno nella caccia e alla sera tra le bollenti lenzuola della mitica fanciulla che gli aveva stravolto il cuore, tra l'orrore della corte e della famiglia reale. Tutti sapevano, ma tutti facevano finta di non sapere, inclusa l'esangue regina assolutamente inadatta a soddisfare le bramosie di vita vera del sovrano. Pensate un po' che servizi fotografici ne uscirebbero oggi e lo spettegolio che serpeggiava nei caffè sotto i portici della Torino capitale del regno tutto sommato un po' provinciale, mentre dame e sartine sorseggiavano il bicerìn cavouriano. Labbra a cul di gallina e "ma avete sentito che se la vuol sposare la Rusìn, neh? A l'è propi la fin del mund!". Un colpo di ventaglio e uno sguardo di riprovazione, piegando un frisìn la testa da un lato per non spiegazzare il pizzo bianco del collettino, ansimando un poco a causa della strizzatura in vita del corsetto o forse al pensiero di quel marcantonio così vigoroso che rovesciava la fanciulla sulle balle di paglia dopo averla rincorsa nel fienile. Atmosfere d'altri tempi che rimpiangerete di lasciare a sera, uscendo dalla camera da letto in giallo del nido d'amore, col trenino che vi porterà verso il varco dell'uscita mentre il sole tramonta sulle Alpi ancora spruzzate di neve così vicine che, allungando una mano, sembra possibile toccarle.
La camera da letto dell'appartamento reale.
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