Il parto naturale

Da Ilviaggiodiunavita


Il parto è il processo che avviene alla fine della gravidanza, quindi al termine delle 40 settimane previste. La maggior parte dei bambini nasce di solito due settimane prima o dopo la data presunta del parto;soltanto il quattro per cento nasce nella data in cui è previsto il termine.
In ostetricia si definisce parto l'espulsione spontanea o l'estrazione strumentale del feto e degli annessi fetali dall'uteromaterno.Il parto può distinguersi in "eutocico" o "fisiologico" se avviene spontaneamente, oppure in "distocico" o "non fisiologico" se, in seguito a complicazioni, è necessario l'intervento medico.
Il parto può essere suddiviso in 4 fasi:
La fase prodromica (latente)
La fase dilatante
La fase espulsiva
Il secondamento
La fase prodromica e latente vengono influenzate nella loro durata da molti fattori interni ed esterni. La loro funzione dal punto di vista evolutivo è quella di preparare la donna al travaglio. I segnali fastidiosi e dolorosi che vengono inviati devono infatti mettere all'erta la gestante, avvisandola dell'imminenza del parto. Queste prime fasi rappresentano il travaglio che comincia con forti e regolari contrazioni uterine accompagnate da modificazioni a carico della cervice (assottigliamento e dilatazione)
La fase prodromica può avere una durata molto variabile da donna a donna; a volte puo’ protrarsi anche per alcuni giorni.Si avverte di solito un maggiore stimolo ad urinare, poiché il feto si impegna nel bacino e si prepara con la testa ad entrare nel canale uterino e dei dolori simili a quelli mestruali, nella parte bassa dell’addome, con conseguente indurimento di tutta la pancia.Queste contrazioni sono irregolari e nella maggior parte dei casi, non dolorose. Si distinguono dalle contrazioni valide per la loro breve durata, quindi inferiore ai 30'.Durante la fase podromica, non avviene dilatazione.
L'inizio del travaglio vero e proprio , viene detto fase latente: le contrazioni diventano progressivamente più coordinate, il fastidio è meno intenso e il collo si appiana e si dilata sino a 4 cm. La sua durata è variabile e non deve erroneamente essere considerata come fase di travaglio attiva (alimentando di conseguenza aspettative in ordine di tempi e ritmi che sono di pertinenza del travaglio attivo). Tra la fase latente e la fase dilatante o attiva vi è un periodo detto di transizione che può durare fino ad 1 ora.
La fase dilatante è caratterizzata da una dilatazione di 3 cm con appianamento del collo dell’utero e contrazioni regolari avvertite dalla donna come dolorose e/o rilevate dall’ostetrica con frequenza inferiore ad 1 ogni 5 minuti. Nella seconda parte della fase attiva la dilatazione è completa e spesso proprio in questo momento avviene la rottura spontanea delle membrane amniotiche ("rottura delle acque"). Tuttavia quest'ultima può presentarsi spontaneamente anche prima della dilatazione completa (rottura precoce delle membrane) e addirittura anche prima dell'inizio del travaglio (rottura pretravaglio delle membrane o PROM).

La fase espulsiva è quella che porta alla nascita del bambino, dunque si tratta del momento più coinvolgente e impegnativo del parto. La sua durata è variabile, generalmente è più lunga (oltre un’ora) se si tratta del primo figlio. Questo perché il corpo ha memoria dei parti precedenti e, se non é il primo parto, a livello mentale la mamma sa già di cosa si tratta ed è più facile per lei “lasciar andare” il bimbo.
La fase espulsiva comincia quando la dilatazione è completa. In essa si svolgono i principali fenomeni meccanici del parto ovvero tutti quei movimenti e quelle rotazioni che il feto deve compiere all'interno del canale del parto per poter nascere.La partoriente comincia ad avvertire i premiti, cioè una sensazione impellente di spingere, come se dovesse andare in bagno. Il bambino scende lungo il canale vaginale, flette la testolina col mento verso il torace in modo da ridurre al minimo le sue dimensioni e contemporaneamente compie parziali rotazioni, per adattare nei vari passaggi i suoi diametri a quelli del bacino.
Una volta uscita la testa, il piccolo, aiutato da un’altra contrazione, compie un’ultima rotazione, di circa 45 gradi, per liberare le spalle e nascere.
La fase di secondamento è il processo che consiste nella fuoriuscita di placenta, cordone ombelicale e membrane; avviene in tre fasi e la sua durata varia da donna a donna. Inizialmente c'è il distacco della placenta e delle membrane dalla parete uterina e la loro caduta nella parte più bassa dell'utero; in un secondo momento passano in vagina; infine vengono espulsi dalla vagina verso l'esterno. Il processo di distacco della placenta e degli annessi fetali si verifica a distanza di alcuni minuti (da 5 a 40) dalla nascita, favorito dalle ultime contrazioni spontanee.Una volta espulsa, la placenta deve essere esaminata dall’ostetrica. Dopo averla stesa su un piano, se ne deterge la superficie con una garza, tamponandola delicatamente per constatare che sia integra e che non siano rimasti residui all’interno dell’utero.
Questa verifica è indispensabile perché, se mancassero delle parti, si renderebbe necessario l’intervento del medico per fare in modo che venga espulsa completamente.

Finito il secondamento la mamma verrà pulita e, qualora avrà subito qualche lacerazione o l'episiotomia, verranno applicati dei punti di sutura, preceduti da una leggera anestesia locale.
L’operazione può durare abbastanza a lungo perché va effettuata con cura per ricollegare correttamente i muscoli.
In alcuni ospedali spesso si dà ai genitori l’opportunità di starsene per un po' di tempo tranquilli con il loro bambino subito dopo le cure essenziali.
Nelle ore che seguono l'espulsione della placenta, si resta in sala parto sotto sorveglianza per controllare che non si verifichino delle complicazioni. Durante questo periodo vengono controllati il polso, la pressione arteriosa, le perdite ematiche, la temperatura: se tutto procede bene la mamma potrà ritornare nel suo lettino e riposare tranquilla.