ormai mi conoscete. Quando trovo un libro che mi piace, ne parlo in tono entusiastico e cerco di trasmettervi le emozioni che mi hanno accompagnato nella lettura. Poi, però, ti accade di trovare dei volumi che vanno oltre le righe, che quasi ti sopraffanno sia per la mole che per come sono scritti. Bene. Il passaggio è uno di questi. Ho dovuto far sedimentare le emozioni che questo libro mi ha lasciato dentro, poiché erano tante e tali che non riuscivo a dar loro una chiave di lettura organica. Perché questo è molti romanzi in uno: è complesso ma nello stesso tempo semplice. Ed è uno di quei libri che ti lascia qualcosa dentro, e che ti fa riflettere a lungo anche dopo averlo terminato.
RECENSIONE
Come ho accennato prima, Il passaggio è molti libri in uno. Nella prima parte è forte, fortissima l'influenza di Stephen King e della sua Ombra dello Scorpione. Non è un plagio, né una rielaborazione ma un omaggio pieno e consapevole che ci dà la cifra stilistica, ponendo la lancetta della valutazione decisamente verso l'alto.
Siamo nel XXI secolo, anno più, anno meno. La vicenda si apre con Amy, abbandonata dalla madre Jeannette, una povera disgraziata che ha visto la propria esistenza andare a rotoli fino a che non è finita sul marciapiede. Jeannette ama la figlia, l'unica cosa bella e pulita della sua vita, ma decide di lasciarla presso un convento di suore la mattina dopo aver ucciso un cliente. Amy così conosce Lacey Antoinette Kudoto, una giovane suora proveniente dall'Africa, che lega subito con la piccola. Entrambe hanno un fardello: un bagaglio di segreti di cui esse non sono a conoscenza e che scopriranno nel corso dell'esistenza unito a capacità fuori dal comune. Nello stesso tempo un uomo e il suo collega prelevano un condannato a morte da una prigione federale. L'uomo si chiama Brad Wolgast, il collega Doyle, il condannato Carter. E' un uomo di colore con un lieve ritardo mentale, che accetta la strana offerta fatta da quei due uomini: lasciare il carcere per fare "qualcosa" di diverso.
In questa prima parte il romanzo ha connotati più da sci-fi che da horror, sebbene un sottile disagio passi dalle pagine al lettore. Perché Carter, come Babcock, come Chavez o Morrison sono destinati a divenire cavie per un esperimento: sono condannati a morte, dunque dead men walking. Nessuno piangerà la loro scomparsa. Gli esperimenti vengono condotti da un medico, Lear, secondo cui una sorta di virus presente nel sangue di una specie di pipistrelli potrebbe essere la cura per tutte le malattie esistenti regalando all'umanità qualcosa di simile all'eternità. Non a caso, il progetto di ricerca si chiama Noah, come Noè che visse per oltre 900 anni.
Ma le cose non vanno come devono andare: il virus iniettato nelle cavie umane, dodici condannati a morte, non reagisce come cura ma innesca una mutazione genetica terribile. Gli esseri umani muoiono. Nascono altri esseri. Diversi. Letali. Puro istinto di predazione e morte. Il vero problema è dato dalla reazione con la ghiandola pituitaria che questo virus. La ghiandola pituitaria funziona fino alla pubertà per atrofizzarsi successivamente. C'è bisogno di cogliere l'interazione tra ghiandola e virus e per farlo serva una tredicesima cavia, qualcuno che non abbia ancora raggiunto la pubertà. Un bambino. Anzi: una bambina, priva di documenti, non ancora affidata al servizio sociale. Amy.
Wolstag preleva Amy e si dirige verso il Colorado: deve portarla al centro per gli esperimenti, cosa che lui dovrebbe ignorare ma, poiché è tutt'altro che stupido, comprende perfettamente. A quel punto, il padre che è in lui si ribella. Il silenzioso agente dell'FBI ha perso una figlia, anni prima, e quel vuoto non si è mai colmato. Vedere quella bimba dagli occhi profondi e scrutatori lo inquieta, lo costringe a porsi delle domande scomode. L'uomo tenta di salvare la piccola e di fuggire con lei ma non è possibile: i suoi colleghi lo acciuffano e lo portano nel Colorado, separandolo da Amy.
E questo il momento nodale del romanzo, quello in cui davvero il destino dell'umanità cambia. Perché gli esseri mutati, frutto dei precedenti esperimenti, non sono più umani e hanno la capacità di comunicare attraverso i sogni, di entrare nel subconscio dei soldati e degli addetti ai lavori del centro di ricerche. Ne minano la sanità mentale, li piegano, li devastano fino ad annullarne la coscienza. Amy, sottoposta all'esperimento, non muore. Sopravvive, ma è cosa nuova. Una bambina con il germe dell'eternità dentro. E mentre fuori si scatena l'inferno, Wolstag riesce a salvarla e proteggerla, fuggendo con lei sulle montagne.
Ma ormai è tardi. L'esperimento di uomini che giocavano a fare Dio si è trasformato in una piaga biblica che disintegra gli Stati Uniti e il mondo intero (forse... poiché nel corso del volume si intuisce che qualcosa dev' essersi salvato). Nel frattempo Amy fa mostra di capacità di apprendimento straordinarie e di una sensibilità fuori dal comune. Wolstag cerca di tenere fuori se stesso ed Amy dall'inferno, ma sa che la sua è una lotta disperata. Lo comprende il giorno in cui vede un fungo atomico dalla finestra dello chalet dove si sono rifugiati: è questione di tempo, le radiazioni lo uccideranno. Amy deve fuggire. E così accade. Amy sparisce mentre Wolstag, in una delle scene più toccanti e malinconiche del libro spira tra gli alberi bruciati, guardando un cielo che non sarà mai più azzurro.
Il romanzo riprende con le pagine di un diario, circa novant'anni dopo: una donna scrive dei suoi ricordi, di sé bambina e di come fu portata via dai suoi genitori per essere salvata. Il suo nome è Ida Jackson, meglio conosciuta come la Zia, e la sua presenza segnerà la storia per l'avvenire. Ida rappresenta una delle sopravvissute all'epidemia che cambiò il mondo. Fu portata in una base protetta assieme al cugino e a decine di altri piccoli, in attesa che qualcuno venisse a salvarli. Ma questo non avverrà mai. Ida e gli altri bambini crescono, diventano adulti e fortificano quella enclave che costituisce forse l'ultimo santuario dell'umanità. Attraverso le sue parole conosciamo la Prima Colonia, arroccata in California, presso cui vivono un manipolo di sopravvissuti. E' una comunità chiusa, la cui vita è scandita da regole severissime ma necessarie per la sopravvivenza garantita da un Nido sempre pieno di nuovo nati che possano sostituire gli adulti morti negli scontri, per le malattie o perché son prelevati dagli esseri simili a pipistrelli che sono fuori dai confini: i fumidi. Se sei fortunato, muori subito, se non lo sei, ti trasformi in uno di loro nel giro di poche ore. E a quel punto, l'unica alternativa è un colpo nel petto, il solo punto debole di questi esseri luminescenti dotati di una sorta di esoscheletro.
Ed è qui che conosciamo Peter, colui che sarà l'eroe suo malgrado; Alicia detta Lish, una giovane donna coraggiosa, quasi una virago; Sara e Michael, fratello e sorella, un tecnico e un'infermiera; Theo, il fratello di Peter, nonché amore segreto di Mausami, una ragazza dall'anima tormentata, e poi ancora Caleb ed Hollis. Queste figure si muovono in uno scenario che è insieme luminoso e claustrofobico, angosciante e pieno di speranza. Il loro mondo è segnato dalla luce e dal buio: la luce, sia essa naturale o artificiale, come quella dei fari che schermano il recinto, li protegge dai fumidi, gli esseri mutati che si sono riprodotti e che hanno bisogno di sangue fresco per sopravvivere. La notte è morte, è minaccia... ma è anche la promessa di un mondo nuovo e segreto, in cui poter vedere le stelle, che nessuno di loro, nato nella Colonia, ha mai potuto vedere. Saranno loro, nel momento in cui incontreranno Amy, a comprendere che per sopravvivere devono lasciare la Colonia e andar fuori, a cercare nuove soluzioni soluzione. Perché presto le luci che hanno protetto la Colonia si esauriranno e, a quel punto sarà una carneficina.
Il romanzo è diviso in undici parti più un post scriptum ed alterna parti scritte sotto forma di diario con lunghe narrazioni in terza persona. La prosa di Cronin è sorprendentemente duttile: l'uso degli aggettivi non è pesante, ma accurato per dare al lettore un'esperienza quasi cinematografica (tant'è che vi son rumors di una trasformazione del volume in kolossal con regia di Ridley Scott). Lo stile è estremamente vario: serrato in alcuni passaggi, più spesso elegante e pacato ma non lento, evocativo e criptico in altri punti. Vi sono dei passi epici nella loro drammaticità, e poco dopo, scene intime, descritte in punta di penna.
Justin Cronin unisce efficacia e una rara capacità evocativa, sensazioni ed emozioni che divengono parte integrante del lettore. E' un romanzo che prende al cuore e non per l'azione o la tematica: di post apocalittici-horror-distopici in giro ce ne stanno davvero tanti. Ma questo è di un livello molto superiore perché parla di emozioni, e di tutta la gamma delle emozioni umane: paura, amore passione, fede, coraggio, angoscia, rassegnazione e rabbia... I personaggi si evolvono attraverso le esperienze che condividono, fanno tesoro comune dei sentimenti che provano. In una parola, crescono in maniera coerente.
L'uso delle pagine di diario consente al lettore di avere una prospettiva privilegiata, "dentro" la mente dei protagonisti, e insieme succinta, proprio perché riassunta attraverso gli occhi dei personaggi. Insieme a questo, vi sono lunghe parti di flashback, (tecnica molto usata da King) in cui, ad esempio, Peter o Lacey narrano del loro difficile passato.
Splendide sono le citazioni che introducono le varie sezioni: da Shakespeare a Walter Raleigh. Non sembri strano l'uso della poesia in un libro che tratta di un mondo segnato dall'apocalisse.
Personalmente, se dovessi riassumere questo volume con una parola scegliere proprio questa: poetico.
Il passaggio è un libro che mi ha coinvolto sia nel cuore che nella mente. Nella mente perché la costruzione per blocchi temporali e la tecnica di scrittura è di altissimo livello: dall'intreccio alle raffinate descrizioni delle foreste e della natura in cui i personaggi si muovono, tutto è curato nei minimi dettagli. Nel cuore, perché non vi ho trovato quell'angoscia terribile che era presente, ad esempio, in Apocalisse Z (altro grandissimo libro). Qui vi è angoscia, ma vi è anche una linea sottile di speranza che non cede mai il passo, in tutto il libro, alla disperazione e all'annichilimento.
L'autore parla dei trasformati quasi con una pietas latina: sono esseri nuovo ma non sanno cosa sono. Vagano alla ricerca di se stessi, del passato, del proprio nome e tornano sempre dove sono nati , anche dopo la trasformazione. Su questo punto vorrei fare una precisazione: Il passaggio NON è un romanzo di vampiri. Sì, i fumidi sono attirati dal sangue degli esseri viventi, ma il loro essere "altro" è secondario rispetto al bagaglio di dolore, di incompletezza e di disorientamento che questi portano con sé, mossi solo dall'istinto assassino. Ed è un fardello che l'Autore presenta al lettore nelle ultime pagine del romanzo, pagine commoventi, di una bellezza struggente, in cui i contagiati di Babcock, che vivevano un'esistenza legata al proprio creatore - sopratutto a livello mentale e di identità psichica - vengono "liberati " da Amy ed hanno la possibilità di ricordare e di tornare ad essere se stessi, sia pure per pochi istanti.
Come dicevo in partenza, il Passaggio è molti romanzi in uno, mescola generi, topoi e atmosfere. E se la prima parte è pure science fiction mescolata ad horror, nella seconda troviamo il romanzo di formazione spruzzato qui e là da young adult, per poi passare all'horror e sfociare, quasi come un fiume, nel puro on the road americano fino al finale, quasi supernatural. Vi è Stephen King (tantissimo), c'è la rabbia, la voglia di scoperta e la ribellione di John Fante e Jack Kerouak, c'è la tristezza dolorosa di The road di Mc Carthy; c'è la speranza disperata di Steimbeck, quella forza assurda che ti spinge ad andare avanti nonostante tutto, perché la vita è più forte. Un romanzo molto "europeo" negli stili e nei contenuti, sebbene i suoi referenti siano statunitensi.
E poi ci sono i bambini.
I bambini sono il leit motif di tutto il romanzo ed è a loro che l'Autore guarda con amore. Bambini disperati, abbandonati, soli, come Amy. Bambini malati che lasciano un vuoto nel cuore dei genitori, come Eva. I bambini sul treno, soli spaventati e i piccoli del Nido nella Prima Colonia, protetti da tutte le brutture del mondo; i bambini della Cittadella. E il bambino di Mausami e Theo, vero e proprio inno alla vita, assieme a quello di Sara e Hollis, non ancora nato ma già minacciato. I bambini son sempre presenti e non sono mocciosi rompiscatole ma portatori di serenità nella narrazione. Talismani di speranza.
Sarà che sono una mamma ma quest'aspetto mi ha colpito e commosso: dinanzi all'annientamento della civiltà, la forza più dirompente è data da questi piccoli che lottano per venire al mondo o per restarci. E' in essi che si nasconde la speranza che riesce a convivere con il dolore, proprio come accade a Amy: lei è l'arca di Noè, il passaggio verso un mondo nuovo, verso la nuova umanità. La vita che resiste e che non muore. Sappiamo che gli esseri viventi sono sopravvissuti all'epidemia: che esiste una confederazione di stati Indo Australiana e che il tempo si misura in D.V.: dopo il contagio, dopo i vampiri.
Ma come ci si arriva, questo non è dato saperlo. Molte domande rimangono insolute, a cominciare dal ruolo di Peter e dalla sorte di Sara, Hollis, Maus e Theo. Vi sono ancora due volumi che l'Autore sta scrivendo. Il prossimo, The Twelwe, uscirà nel 2012.Per concludere, posso dirvi che Il passaggio non è un romanzo di facile lettura, anche solo per la ragguardevole mole. Ma è un romanzo da leggere, che segna un passaggio importante nella letteratura di genere, grazie alla continua mescolanza tra stili, linguaggi e piani espressivi differenti, un puro esempio di mainstream. E', almeno per me, un romanzo con "qualcosa dentro".
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