Il passator cortese

Da Galadriel
Stefano Pelloni  nacque nel 1824 a Boncellino di Bagnacavallo,a una decina di chilometri da Ravenna. Frequentò in gioventù una scuola privata, che tuttavia abbandonò alla terza elementare, dopo alcune bocciature.Avrebbe dovuto scontare una condanna a quattro anni di lavori forzati nella risistemazione della nuova darsena per aver rubato due fucili da caccia, più altri tre anni per essere evaso dal carcere di Bagnacavallo, ma fuggi durante il trasferimento ad Ancona e datosi alla macchia, fece parte di un gruppo assai variabile di malavitosi, del quale (come uso tra i briganti dell'epoca) egli non divenne il vero capo, ma un'importantissima figura di riferimento.
Il gruppo divenne in breve una banda sempre più numerosa, agguerrita e capace di violenze, che operò per tre anni nelle Legazioni Pontificie, tenendo in scacco la gendarmeria grazie a una vasta rete di spie, informatori, protettori, ricettatori e addirittura uomini delle forze dell'ordine. La popolazione più povera aiutava il passatore, che ricompensava con i proventi dei suoi furti e rapine. Furono queste elargizioni che contribuirono a creare la sua fama di "Robin Hood" romagnolo. Anche Garibaldi fu indotto a considerare il Pelloni come un ribelle antipapale e antiaustriaco, cortese benefattore dei poveri.In realtà i comportamenti del Passatore sono da considerarsi quelli tipici di un criminale che gratuitamente seminava violenza e uccideva con sadismo: è stato, ad esempio, l’unico brigante dell'Ottocento ad aver sezionato alcune vittime. In un caso il Pelloni sparò a sangue freddo a un uomo semplicemente perché uno dei suoi aveva insinuato che si trattasse di una spia.Un modus operandi caratteristico della banda, inizialmente attiva nei boschi di Brisighella, era la "firma" dei propri delitti:  il Pelloni dichiarava a voce alta il proprio nome e soprannome: «Stuvanè d'ê Pasadôr» (Stefano (figlio) del passatore).
Delle sue gesta, quelle che seminarono il terrore furono le vere e proprie occupazioni militari di interi paesi – Bagnara di Romagna (16 febbraio 1849), Cotignola (17 gennaio 1850), Castel Guelfo (27 gennaio 1850), Brisighella (7 febbraio 1850), Longiano (28 maggio 1850), Consandolo (9 gennaio 1851) e Forlimpopoli (sabato, 25 gennaio 1851) - durante le quali metteva a sacco le abitazioni dei più ricchi, che venivano torturati e seviziati per farsi rivelare i nascondigli degli scudi e delle gioie.
Tra tutte, rimase tristemente famosa l'occupazione di Forlimpopoli, avvenuta nella notte del 25 gennaio 1851. Durante l'intervallo di una rappresentazione, i briganti penetrarono nel Teatro Comunale (oggi teatro Verdi): saliti sul palcoscenico, puntarono le armi contro gli spettatori terrorizzati e, facendo l'appello, rapinarono uno ad uno gli spettatori presenti in sala. Fra le famiglie rapinate vi fu anche quella di Pellegrino Artusi. A rapina conclusa,  i banditi stuprarono alcune donne, e tra queste Gertrude, sorella dell'Artusi, che impazzì per lo choc. La vicenda al Teatro di Forlimpopoli divenne talmente popolare da essere cantata per decenni dai cantastorie.
L'attività del Pelloni terminò tragicamente nel marzo 1851. Tradito da uno dei suoi, desideroso di incassare la ricchissima taglia, "Stuvanè d'ê Pasadôr" ( chiamato il passatore perchè il padre aveva un traghetto sul fiume lamonee "passava" le genti dall'una all'altra riva) fu individuato dalla Gendarmeria Pontificia in un capanno di caccia del podere Molesa, nei pressi di Russi, rimanendo ucciso nello scontro a fuoco che ne seguì. Il suo cadavere fu messo su un carretto ed esibito per tutte le strade della Romagna, a dimostrazione dell'effettiva fine del brigante e per evitare l'insorgere di eventuali future leggende sulla sua morte.Il cadavere venne poi seppellito presso la Certosa di Bologna in luogo sconsacrato.

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