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IL PASSO DEL GAMBERO - Ricollocamento volontario dei lavoratori EAV: un fallimento annunciato

Creato il 01 giugno 2012 da Ciro_pastore
Ricollocamento volontario dei lavoratori EAV: un fallimento annunciato IL PASSO DEL GAMBERO Non credo ci saranno dubbi “amletici” per i lavoratori che non accettaranno di trasformarsi in gamberi   Era circolata nel tardo pomeriggio di ieri, la bozza dell’Avviso al Personale relativo alla proposta di ricollocamento volontario di parte dei presunti esuberi tra il personale indiretto da indirizzare ad una serie di qualifiche da rimpolpare tra il personale cosiddetto diretto. Da qualche minuto è nelle mail di tutti i lavoratori, il Comunicato ufficiale che riprende in buona parte la versione ufficiosa, che EAV aveva doverosamente preannunciato ai principali sindacati.   Come sempre, quando cominciano a circolare in maniera ufficiosa questi documenti nominalmente “riservatissimi” ci si pone la domanda su quanto ci sia di involontario nella loro anticipata diffusione. Sembra, dico sembra, che qualcuno (un manager EAV?) se la sia lasciata sottrarre, più o meno inavvertitamente, con l’intento di farla circolare “in anteprima” e indirettamente verificarne l’effetto sui lavoratori. Ovviamente, di questo scoop, non si può far colpa a chi l’ha divulgato, considerato che, seppur frutto di una manovra, resta la sostanza dell’anticipazione; anche se parrebbe evidenziare per l’ennesima volta (semmai ce ne fosse ancora bisogno) che le parti -  sindacato e azienda – più che correttamente contrapporsi sulle basi del duro ma leale scontro dialettico, siano accomunati dalla reciproca paura di “farsi del male”. Ma questo è un altro discorso.   Veniamo, invece, a quanto il testo contiene e, soprattutto, quali pericoli eventualmente nasconde per i lavoratori che dovessero essere interessati alla pubblica offerta. Noto subito che le due versioni differiscono per un dettaglio sostanziale. Nella versione “trafugata”, diciamo così, la lista delle possibili qualifiche in cui scegliere di confluire, recava, accanto a ciascuna di esse, il corrispondente parametro retributivo; nell’Avviso ufficiale di stamattina i parametri erano scomparsi. Frutto di un errore materiale nella ristesura dello stesso o accurata dimenticanza (come appare più probabile)? Mistero. Ma di questa astuta sparizione, ne parlerò più avanti.   Vengo, infatti, ad esaminare puntualmente il testo dell’Avviso. Fatto il doveroso riferimento al famigerato Accordo del 16 dicembre 2011, padre di tutte le nostre sciagure, presenti e future, e naturale fondamento normativo di ogni azione di riorganizzazione, si passa ad un altrettanto inevitabile preambolo che, descrivendo la situazione disastrosa del TPL in Campania, dà la motivazione organizzativa del ricollocamento interno dei lavoratori in altre mansioni. A dir il vero, EAV definisce questa operazione con tono enfatico “riqualificazione”. L’apparente sottile differenza fra i due termini non è priva di conseguenze, sia operative che emotive, per il lavoratore che ne diventa oggetto. Parlare di riqualificazione è un modo strumentale per addolcire la pillola, che resta amara, anzi amarissima. Dietro la scelta di quel termine, in sostituzione del più crudo, ma più calzante ricollocamento interno, c’è l’intento truffaldino di presentare l’operazione come fosse un’occasione di sviluppo professionale, più che una dura (e forse necessaria) operazione di “spalmatura” del personale in esubero.   Ma è chiaro a tutti che, ad un lavoratore che dovesse accettare (seppure su base volontaria per ora) una retrocessione, non gli si può far credere che sta facendo “l’affare della vita”. E qui entra in ballo la strana sparizione dei parametri di cui scrivevo qualche riga addietro. È del tutto evidente, infatti, che in rarissimi casi il lavoratore da riqualificare, o meglio ricollocare, farà un sostanzioso “passo del gambero”, in termini di parametro retributivo. Le qualifiche di partenza, è ovvio, saranno più elevate di quelle di destinazione. I pochi che accetteranno volontariamente questa “retrocessione” lo faranno per motivi strettamente personali, spesso legati a fattori logistici (avvicinare il luogo di lavoro al proprio domicilio) o a causa di sempre possibili incompatibilità ambientali (il capo ufficio rompicoglioni, ecc.ecc.). Ovviamente, in questa fase si garantisce ai ricollocanti che la loro retribuzione attuale resterà invariata, usufruendo di “…indennità perequativa e compensativa più favorevole tra la vecchia figura professionale e quella nuova acquisita” (così recita testualmente l’Avviso). Insomma, cambi lavoro (magari ci guadagni in qualità della vita) e non perdi nulla in termini economici: l’affare del secolo.   La prima banale considerazione è che abbandonare una figura professionale superiore per una minore non può essere contrabbandato come un “affare” di cui andar fieri. Si tratta pur sempre di una regressione che fa “a cazzotti ” con la naturale progressione in avanti, a cui chiunque in altre epoche poteva aspirare. Ma pur volendo tralasciare questa evidente regressione delle aspirazioni di un’intera generazione di lavoratori, non si può, invece, tacere sul fatto che tale operazione si voglia realizzare senza una sia pur minima compensazione economica. Si propone, infatti, come se fosse un premio, la conservazione della retribuzione precedente. Obiettivamente, non mi pare una proposta equilibrata, nemmeno in tempi di crisi. Se un lavoratore viene invitato a retrocedersi, per giunta volontariamente, non si può pretendere che ciò avvenga a costo zero. Ecco perché immagino che l’operazione sarà l’ennesimo flop.   A meno che il flop non sia intenzionale. Volendo ragionare in maniera del tutto dietrologica, infatti, si potrebbe avanzare l’ipotesi che il prevedibile flop possa servire da sostanzioso alibi per far scattare gli altri ben più rigidi e crudeli strumenti previsti dall’Accordo del 16.12.2011: contratti di solidarietà e mobilità. Insomma, prima di mettere mano ai veri strumenti per ridurre i costi aziendali, si finge di trovare una soluzione soft che, così realizzata però, non può trovare ampia partecipazione.   Altro elemento, su cui vorrei attirare l’attenzione di chi mi legge, è l’improvvida apparizione, in un comunicato aziendale, di due voci retributive, di cui ufficiosamente si chiacchiera da qualche mese, ma che per ora non sono state ancora ufficializzate, sia nella loro natura che, soprattutto, nella loro quantificazione. Mi riferisco all’ultimo capoverso del comunicato in cui si indicano come base di calcolo le famigerate indennità perequativa e compensativa. Nel Comunicato si danno indirettamente per già realizzate, come se l’armonizzazione retributiva degli stipendi dei lavoratori del Gruppo EAV non fosse ancora solo nei calcoli e nelle proiezioni degli addetti ai lavori, ma fossero, invece, già diventate voci inserite nello statino paga, così da poterle raffrontare.   Un altro esempio della “sciatteria” professionale che sta caratterizzando la decadenza di queste aziende? Speriamo di no.   Ciro Pastore Il Signore degli Agnelli

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