Il passo falso di Alfano
Se la giocheranno sul filo dei numeri, come in un partito normale. 800 teste, tanti sono i componenti del Consiglio nazionale del quasi ex Pdl convocato per l’8 dicembre, 800 voti. Su chi prenderà la maggioranza non c’è dubbio: saranno i “lealisti” con la proposta di resuscitare sia Forza Italia che il suo capo assoluto, Silvio Berlusconi, a cui verranno restituiti tutti i poteri. Ma non basta. A norma di statuto servono i due terzi dei voti, e così la suspence è garantita.
Ufficiali e sottufficiali sono già al lavoro. I duri mirano a 600 firme, cioè alla vittoria in tasca. I governisti di Alfano sarebbero già soddisfatti di avvicinarsi a quel fatale terzo dei consiglieri che hanno già cercato invano giovedì, nella speranza vana di fermare il capo prima che desse fuoco alle polveri. Ma si è già materializzata una terza area, dai contorni ancora vaghi e in cerca di leader riconosciuti, quella degli eterni mediatori che mirano a conquistare la collocazione di ago della bilancia, con tutto quel che ne deriva in termini di potere. E’ un congresso, non c’è che dire. Ma finto, o vero fino a un certo punto: le aree e le correnti possono essere quante se ne vuole, ma i voti, da quelle parti, li porta uno solo, e i fondi, senza i quali la politica la si fa con qualche sforzo, riposano nei forzieri del medesimo. Il congresso lo vincerà lui, perché senza di lui falchi e colombe sarebbero costretti a rosicchiare gli avanzi del banchetto politico lottando disperatamente per una improbabile sopravvivenza.
Ed ecco spiegata l’idea geniale che Angelino Alfano aveva partorito già nei giorni drammatici del voto di fiducia, proposta poi a Berlusconi una decina di giorni fa e caldeggiata di nuovo giovedì, la famosa «separazione consensuale». Non una scissione, giammai. Piuttosto il passaggio a due formazioni diverse e federate: i moderati nel Pdl, con Alfano al timone, i duri in Forza Italia e si scegliessero loro il comandante (che sarebbe Raffaele Fitto). Silvio Berlusconi al di sopra di tutti, capo indiscusso tanto dei “berlusconiani” quanto dei “diversamente berlusconiani”. E poi vediamo se i bravi italiani di centrodestra preferiscono Alfano il Moderato o Daniela l’Erinni.
Sarà pur vero che Berlusconi non è più quello di una volta, ma nemmeno lui circola col nome di Jo Condor stampigliato sulla spaziosa fronte. La proposta-patacca di Angelino il Furbo l’ha rispedita al mittente senza dare al diniego troppa pubblicità. Al
Non è un momento facile per le colombe. Una cosa è fronteggiare Bondi e Verdini in parlamento, tutt’altra vedersela col comandantissimo nelle assise del suo proprio partito. Il ministro Quagliariello tenta pertanto di scoprire il gioco, ben sapendo che la sola carta alta che i governisti hanno in mano è proprio la difesa del governo, e dunque della legislatura. Mentre le amazzoni di Silvio tripudiano per il ritorno del redentore (la più esplicita, al solito, Alessandra Mussolini: «Col timone nelle salde mani di Berlusconi le cose sono rientrate nella normalità. Molto gravi l’ammutinamento e la diserzione di alcuni»), lui, Quagliriello, mette al centro dell’arena la questione vera: «Il nodo di fondo è uno: quello del governo». Vuol dire tasse ma soprattutto voto sulla decadenza. Perché chi sosterrà il governo anche dopo quell’abominio, per il restaurato monarca entrerà seduta stante nella lista nera dei traditori. Fosse pure lo «stimato amico» Alfano. di Andrea Colombo - http://www.ilmanifesto.it/ link articolo: http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/10053/