IL PATRIMONIO IMMOBILIARE DI EAV COME IL PALTO’ DI NAPOLEONE - Una volta venduta l’argenteria non ci resterà che vendere tutto ai cinesi
Creato il 16 settembre 2011 da Ciro_pastore
In queste ore è diventata ufficiale la notizia della decisione da parte di EAV di mettere sul mercato buona parte del suo patrimonio immobiliare disponibile, compreso qualche pezzo pregiato che si pensava invendibile, come la sede stessa della holding. I principali quotidiani napoletani, riportando pedissequamente una velina proveniente dal Gruppo EAV, hanno con enfasi sottolineato i lati positivi dell’operazione che, a sentire il management, dovrebbe portare nelle casse, della disastrata holding regionale del trasporto pubblico, circa 100 milioni di euro. Giova ricordare, però, che la stessa holding ha un buco di 500 milioni – per ammissione dell’Assessore Vetrella – e, quindi, il sacrificio dell’argenteria della casata è ben lungi dal colmare significativamente il passivo accumulato, in questi 10 anni di controllo regionale. Peraltro, la stima dei beni in vendita pare fin troppo ottimistica, visto che tra i beni sono compresi cespiti, non solo sovrastimati nel loro valore, ma – a causa della crisi del mercato immobiliare - persino a rischio di restare clamorosamente invenduti.Sembra di assistere alla famosa scena di MISERIA E NOBILTA’, in cui Totò viene incaricato, dal suo compagno di miserie, di portare il suo vecchio e liso cappotto allo monte dei pegni per acquistare una quantità sterminata di generi alimentari e di conforto. La sproposita valutazione di quel povero indumento spinge il caustico Totò a immaginare che lo stesso fosse appartenuto a Napoleone. Quel cappotto viene considerato dal suo disperato possessore una sorta di tesoro dall’inestimabile valore, mentre potrebbe servire, a malapena, a sfamare una sola persona con un umile pasto. Sempre la stessa zelante velina, riportata dai quotidiani, ci informa, peraltro, che all’uopo è stato costituito l’ennesimo Comitato di Esperti che si sta già impegnando alacremente nell’operazione “svendita”, favoleggiando introiti che, purtroppo, sono francamente irrealizzabili.Crisi economica generale sempre più paurosa, mercato immobiliare stagnante in attesa della Patrimoniale che verrà, situazione debitoria del venditore sempre più insanabile, sono le cause tecniche che determineranno, con tutta probabilità, il flop dell’operazione. A meno che, come con paranoica lungimiranza prevedo, non sia solo il primo passo di un percorso più complesso che potrebbe articolarsi in più fasi consequenziali:Fase 1: i beni vengono messi sul mercato e solo parzialmente potrebbero trovare degli acquirenti interessati, anche se a cifre nettamente più basse di quelle stimate.Fase 2: tale constatazione oggettiva derivante dal mercato spingerebbe a scegliere di vendere l’intero patrimonio immobiliare in vendita in un’unica tranche, nella logica “chi compra, compra il buono ed il cattivo”Fase 3: tale scelta farebbe nascere l’ipotesi di un unico acquirente (magari un consorzio di banche, investitori istituzionali e qualche avveduto ed informato immobiliarista) che ad un prezzo stracciato acquista tutto il parco immobili.Fase 4: lo stesso acquirente unico dà in locazione alle stesse aziende venditrici il patrimonio da queste appena acquistato, ricavandone un canone di locazione remunerativo.
Come potete immaginare, con questo sistema EAV recupera una somma liquida che in parte compensa il debito accumulato, dando una aggiustatina al Bilancio Patrimoniale, ritardando il rischio di procedure fallimentari. Inoltre, la riduzione del debito provocherebbe una modesta riduzione dell’importo degli interessi passivi che ora ammontano a circa 10 milioni/anno. Ovviamente, i costi a carico delle aziende, in ogni esercizio, verrebbero incrementati dagli oneri derivanti dai contratti di locazione , ma proprio lì sta il business che ricompenserebbe banche ed investitori extra (magari anche qualche grande fornitore) dei sacrifici fatti finora. Locare gli immobili appena acquistati alle stesse aziende che li hanno venduti è l’unico modo vantaggioso per ricavare introiti consistenti da cespiti, per la maggior parte troppo specializzati, per immaginare una loro collocazione sul libero mercato. Sarebbero, infatti, troppo onerose e complesse le ristrutturazioni di quei fabbricati per trasformarli in civili abitazioni. Molto più comodo lasciarli così come sono, senza affrontare infruttuosi cambi di destinazione.
Ingenuamente si potrebbe pensare che si tratta di una soluzione geniale, che dovrebbe far meritare, a chi nemmeno tanto fantasiosamente l’ha escogitata, il plauso e la riconoscenza generale. Purtroppo, questa sorta di “leasing immobiliare alla napoletana”, presenta dei punti deboli che possono involontariamente alimentare un sistema perverso. Il contesto politico-imprenditoriale, che caratterizza il panorama del TPL nella nostra Regione, autorizza dubbi e perplessità sulla reale finalità di un’operazione immobiliare di questo tipo. Sono troppe le tentazioni che potrebbero generare strane complicità fra venditore e compratore. Regolarità e trasparenza dovrebbero essere linee guida imprescindibili per un’equa suddivisione di oneri e vantaggi economici. Ma, come sempre, non ci resta che attendere lo svolgimento delle operazioni, anche se le esperienze del passato (vedi caso Romeo) ci autorizzano a nutrire perplessità che spero, però, siano del tutto fugate dalla pratica attuazione di questo piano di vendite immobiliari. Sperando di non doverci ridurre anche noi a vendere tutto ai Cinesi; ma non al Governo asiatico, molto più modestamente i cinesi di S. Giuseppe Vesuviano.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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