Così l’e-patient riesce a smascherare le facciate di cartone della Scienza Medica, le manipolazioni dell’Informazione, le “false speranze” di chi si affretta a vendere scoperte e rimedi, o i più banali - ma non meno gravi - muri della superficialità o della burocrazia sanitaria.
Però, allo stesso tempo, non cede al fatalismo o allo sconforto e chiede che la scienza medica continui a svolgere il suo (importantissimo) ruolo di scienza applicata, appunto, con l’umiltà della faticosa ricerca della comprensione della complessità e unicità di ogni essere umano. Con la delicatezza e l’umanità di prendersi cura non solo del corpo ma di tutta la persona, con le sue fragilità e i suoi bisogni.
Senza illudersi quindi, ma senza intaccare la speranza, che - come scrive bene Stefania Calledda nel suo post - sta su un altro piano, è cosa seria e - aggiungo io - sacra.
In memoria di Ani e della sua voglia di vivere.