Con il termine illuminismo si indica storiograficamente un complesso sistema di idee che caratterizzò la vita europea del XVIII secolo, con alcuni aspetti generali ed altri specifici assunti dalle principali culture nazionali del tempo. Il contesto storico in cui si sviluppa l’illuminismo è estremamente variegato: i paesi erano lacerati dalle contrapposizioni religiose, l’influenza della chiesa sulle Monarchie era fortissima e anche il gravame dei privilegi feudali ed ecclesiastici sulle economie statali. Inoltre continue guerre di successione, che contrapponevano le principali dinastie, continuavano a sconvolgere l’Europa.
I punti focali della cultura generata dall’illuminismo, colti nella loro generalità, possono essere divisi in tre ordini di argomento (e perdonate la necessaria terminologia filosofica). Il primo riguarda lo sviluppo della vita religiosa oltre la dicotomia di Riforma e Controriforma, con un evoluzione del pensiero che – adottando una distinzione proposta da Kant – da una parte va verso il revivalismo religioso di carattere teistico (che in filosofia è rappresentato da autori come Berkeley e Leibniz) e dall’altra verso una critica radicale della cultura religiosa (il deismo e addirittura un consapevole ateismo).
Il secondo aspetto riguarda la trasformazione del paradigma logico della cultura scientifica e umanista dal razionalismo metafisico e deduttivo seicentesco al razionalismo analitico induttivo settecentesco. Il nuovo stile della Ragione che aveva la sua radice nel metodo scientifico di Galilei e Newton, si proponeva una descrizione astrattiva e analitica della realtà che andava dalle specifiche condizioni di possibilità di un fenomeno alla formulazione di una Legge generale: in questo modo la scienza illuminista trasformava il complesso mondo naturale in un ordinato mondo oggettivo, facendo tramontare gli influssi del pensiero magico e religioso che la cultura barocca aveva conservato. La razionalità illuminista oscillerà dunque tra la pluralità e diversità dei linguaggi scientifici e disciplinari – come dimostra l’opera simbolo del secolo l’Enciclopedia del sapere – e la tensione verso il Sistema, che darà luogo a riduzioni e rigidità interpretative.
Terzo aspetto, il graduale superamento del sistema politico dell’assolutismo monarchico, cardine attorno al quale, in modo più o meno illuminato, ruoterà tutta la storia politica del settecento.
Questi tre aspetti, che si incontrano nelle cosidette Scienze dell’Uomo – insieme alla riscoperta del Diritto naturale – forgiano un immagine nuova dell’uomo, pluralistica, complessa e problematica, non più riducibile a uno schema metafisico.
Per quanto attiene al nostro tema, il pensiero delle donne, il Settecento apporta due contributi: la diffusione del diritto naturale e razionale rafforzò il punto di vista di chi lottava per una società più egualitaria nella sua struttura, e paritaria per quel che riguardava il rapporto uomo-donna. Consuetudini, tradizioni e autorità se non conformi alla Ragione, potevano essere discusse, in campo giuridico ma anche politico, religioso, letterario, scientifico. Già il razionalismo seicentesco di Descartes, Spinoza e Locke con la forte idea della ragione umana aveva preparato il terreno alle rivendicazioni della propria razionalità da parte delle donne, nel settecento si passò dal terreno metafisico a quello politico. Il secondo: la diffusione della cultura scientifica e tecnica promossa dagli illuministi coinvolse, seppure in modo minore, anche le donne, e a partire da questo secolo troveremo più scienziate, giornaliste, scrittrici, legislatrici, che non voleva dire “pari opportunità” (i roghi delle streghe abbiamo visto che proseguono in qualche modo fino alla metà del ‘700) ma, almeno, l’inizio della caduta delle difese di principio del primato maschile e della legittimità della discriminazione sessista, almeno negli ambienti colti. Le donne che studiavano divennero consapevoli soggettivamente del loro contributo al progresso civile, e si inserirono nella battaglia delle idee. Non è ancora la nascita del femminismo nel significato otto-novecentesco di rivendicazione di una identità delle donne ma una rivendicazione dell’uguaglianza nel diritto e nei diritti universali per la donna.
Figura di grande influenza della cultura francese tra Seicento e Settecento è sicuramente quella di Marie-Therese de Marguessat de Courcelles, poi M.me de Lambert (1647 – 1733). Fu educata dal secondo marito di sua madre, epicureista che la formò allo scetticismo e alla cultura classica stimolandone l’insaziabile curiosità. A 19 anni sposò il Marchese de Lambert governatore di Lussemburgo, e divenne vedova nel 1686 dopo 20 anni di matrimonio. Libera dall’educazione dei figli e in possesso di un ingente fortuna, tenne un salotto la cui influenza durò dal 1710 alla sua morte 23 anni dopo. Il Martedì letterati artisti e dotti, tra cui molte donne, il Mercoledì la società mondana, disquisivano sulle questioni del tempo. Nel suo salotto si decidevano i futuri membri dell’Académie Francaise. La marchesa fu inolte autrice di molte opere, tra cui ricordiamo Avis d’une mère à sa fille e Avis d’une mère à son fils, e scrisse numerosi trattati e più di 60.000 lettere sugli argomenti più vari – dall’amicizia, al gusto e all’amore, insieme ad opere di storia filosofia pedagogia e psicologia, nonché resoconti degli intrighi di corte e di avvenimenti quotidiani – quasi tutte pubblicate alla sua morte, poiché non era ritenuto conveniente che un animatrice di un salotto entrasse nel vivo delle discussioni con dei propri scritti. Negli Avis, piuttosto diversi negli intenti, la donna intendeva integrare gli insegnamenti ricevuti dai figli con consigli di vita pratica e “convenienze” sociali. Mentre mette in guardia la figlia contro le insidie della società, per lui il consiglio è di padroneggiarla. Pe entrambi vale la regola di rispettare prima di tutto il dovere della religione – anche se per amore dell’ordine più che per convinzione di fede – ma per il figlio c’è un richiamo alla gloria, ottenuta attraverso l’esercizio della giustizia e della grandezza d’animo, che non esclude del tutto l’egoismo del merito personale, gloria ben diversa da quella prospettata alla figlia grazie all’esercizio della virtù, dei limiti e dei divieti poiché i piaceri troppo vivi, gli spettacoli e l’utilizzo di immaginazione sono fonte di seduzione e illusione. D’altronde l’amore è presentato come fonde d’infelicità e delusione, per piacere la donna deve essere umile e modesta perché la sua battaglia non è nel mondo ma nella sua interiorità ed il mondo gioca il ruolo di corruttore, poiché favorisce lo schiudersi delle passioni, fonte di infelicità. Questi scritti sono interessanti poiché attestano un cambiamento sintomatico: non più solo uomini che scrivono per dare consigli a giovinette, ma una signora che insegna, fra l’altro, le buone maniere e la vera gloria a un ragazzo. Nel trattato sur la Vieillesse l’autrice lamentò che Cicerone avesse scritto un trattato per aiutare gli uomini a invecchiare bene e non si fosse occupato anche delle donne, alle quali una mancata istruzione spesso aggravava le difficoltà di quell’età; l’unico vantaggio della vecchiaia era secondo lei liberare l’uomo dalla tirannia delle passioni, vantaggio che non poteva controbilanciare la perdita della giovinezza. Di questo trattato Leopardi citò nel suo Zibaldone la frase “nous ne vivons que pour perdre et pour nous détacher” che ben rappresenta l’idea del poeta dell’esistenza umana come perdita e distacco dalle illusioni della giovinezza.
La Lambert scrisse anche le Nouvelle reflexions sur les femmes” dove difende le donne contro il ridicolo che veniva attribuito a quante di loro si occupavano di cultura arti e scienze e conduce una requisitoria contro gli uomini colpevoli di spreco dei doni naturali delle donne, trascurati o disprezzati, doni che se sviluppati contribuirebbero alla felicità umana e alla diffusione di una più completa concezione dell’amore. Gli uomini, nota infatti ella, dopo aver escluso le donne dalla sfera dell’intelletto e attribuendo come specificatamente femminile la sfera sentimentale, ne inibiscono poi alle stesse la possibilità di usufruirne e rileva anche che ad una razionalità di tipo maschile presente in molte delle donne a lei contemporanee non corrispondevano adeguate attrattive paragonabili a quelle femminili negli uomini. In questa maggior completezza risiede secondo lei la superiorità delle donne. Risponde anche a coloro che accusano le donne di immoralità sostenendo che è la visione maschile dell’amore, basato sui sensi, incostante e senza alcuna profondità, a contribuire alla corruzione della società, mentre l’amore è un arte che va coltivata e raffinata, un amore platonico, fatto di piccole felicità, che ha come modello ideale quello dell’amicizia, dove i toni delicati prevalgono sugli eccessi, in modo che si possa godere soltanto di ciò che c’è di migliore. E’ interessante rilevare che la Marchesa – fiduciosa che la liberazione delle donne dagli ostacoli e dai pregiudizi maschili che lei illustrava avrebbe dato vita ad un nuovo umanesimo – nella sua vita abbia tentato, e sembra con successo, di realizzare questo sistema ideale.
Biblio:
E. Cassirer “La filosofia dell’illuminismo” La Nuova Italia, Firenze
F. Taricone “Le donne in Italia. Diritti civili e politici” Liguori, Napoli
M. De Lescure “Les femmes philosophes” E. Dentu Ed. Parigi