E mi spiego subito.
La mia amica, che chiamerò Stefi, all’epoca dei fatti aveva superato i trenta da un po’. Ed era single, ma aveva sempre ben sopperito con lo studio, la cultura, il lavoro ed una bella carriera in banca. Aveva avuto qualche storia ma senza troppa fortuna. Il suo tempo libero lo trascorreva tra libri, amici, mostre ed eventi culturali. E pareva contenta così. Finché non fu trasferita a Roma.
Prese casa con una collega, girò tutti i musei e le gallerie della città e si iscrisse in palestra. Ma dopo un po’ cominciò a patire una solitudine tremenda. Senza amici e lontana dalla famiglia, Stefi avvertì tutto il peso dell’essere single. E aprì la stagione della caccia. Anzi, della pesca, perché collezionò una serie di cefali, scorfani, anguille e molluschi.
Scarta di qua, prendi di là, molla giù e tira su… dopo circa un anno di affannosa ricerca l’unica bestia che riuscì a trattenere accanto a sé fu Aristide, guardia giurata, incontrato al supermercato, quello aperto anche di notte.
“Caspita, allora è vero che nelle grandi città, il supermercato è il luogo migliore per rimorchiare?”
“Verissimo. Dalle otto in poi c’è un viavai pazzesco di single che girano per ore e ore con i carrelli vuoti. Ogni tanto ci infilano qualcosa di figo, così giusto per far vedere.”
“E questo che c’aveva nel suo?”
“Un pacco di carta igienica”.
“Ah, molto figo.”
Ma ogni volta che per telefono le chiedevo di questo nuovo amore, Stefi era sempre più evasiva. Finché un giorno le dissi: “Stefi, ho come l’impressione che qualcosa non vada con questo Aristide, o mi sbaglio?”
“Beh…no. Non ti sbagli. È che lui, sai, è…”
“Cos’è?”
“Beh, non è proprio la persona che puoi immaginare.”
“E che sarà mai? Un gangster, un grandefratellino, un Papaboy?”
“Peggio.”
“Niente di meno!”
“Ha la quinta elementare, ha sei anni meno di me, non sa l’italiano, parla solo romanesco, ha otto tatuaggi di cui uno di Pamela Anderson, ha tre piercing di cui uno sull’unghia, non ha un soldo, vive ancora con i suoi e non ha la macchina. E porta il maglione dentro i pantaloni.”
“Ah. Niente più?”
“Sì: quando fa freddo porta i pantaloni nei calzini.”
“Ahia. Scusa Stefi, ma se non ti garba, perché ci stai insieme?”
“Perché è l’unico che sono riuscita a trovare. E perché a stare da sola non ne potevo più. Che devo fare? Mi sono avviata tardi e adesso prendo quel che resta.”
“Mia madre diceva qualcosa di simile quando si ritirava dal mercato con quella schifezza di pesce Persico.”
“Eh. Più o meno.”
Andiamo bene.
Dopo due mesi Stefi non ne poté più degli strafalcioni di Aristide e lo mollò.
Lui ci rimase malissimo. Anche perché Stefi era diventata la sua autista, pagava sempre al cinema e al ristorante e gli faceva un sacco di bei regali. Aristide la supplicò di tornare insieme, promettendo che sarebbe diventato una persona migliore. Stefi se lo riprese a patto di un diabolico compromesso: il Persico si sarebbe acculturato.
“Santo cielo, Stefi! Ha detto di voler diventare una persona nuova, non un’altra persona!”
“Sono stufa di un rapporto clandestino e non posso presentarmi in giro con uno così. A me basta che impari un po’di grammatica, un minimo di storia, e giusto un pizzico di arte e geografia. E Basta.”
“Basta!?!”
“Senti io non ci vado alle cene di lavoro con uno che pensa che Van Gogh sia un giocatore dell’Ajax.”
“Immagino, ma come deve fare il poverino?”
“Scuola serale, bignamini e Chi vuol esser milionario a tutto spiano.”
“Mah. Vabbè. Buon lavoro, Maria Montessori.”
Dopo qualche mese di questa serrata terapia, Stefi intravide qualche miglioramento e decise di portare Aristide ad una cena informale tra colleghi.
Le cose non andarono proprio benissimo. A partire dalle presentazioni.
“Ciao, piacere, Franco”
“Piacere, Aristide.”
“Come, scusa?”
“Aristide. Come il grande filosofo greco.”
“Piacere Aristide”
“Piacere, Sveva”
“Ah! Bella la Svevia! Ma com’è che ti chiami?”
“Ah! Ecco l’adone che ha fatto perdere la testa alla nostra Stefi!”
“La che? Scusa ma io non parlo inglese.”
Il fondotinta di Stefi cominciò a colare.
“UA AHAHAHA! Ve l’avevo detto che è un simpaticone!”
Il Persico la guardò interrogativo ma Stefi lo freddò con un triplo sguardo perforatore rotante.
E la serata proseguì. Man mano che il tempo passava, il Persico si lasciava andare sempre di più.
“Aristide vuoi assaggiare il mio patè di fagioli neri?”
“No grazie Franco, che i fagioli me fanno concertino.”
“Cosa?”
“Concertino… come te devo di’, er mitra ar cul…”
“TESORO! Tu cosa hai preso?”
“Na cotoletta alla milanesa”
“MilanesE”
“E io che ho detto? Come la fanno qui la milanesa, ah Franco?”
“Non saprei Aristide, io sono vegetariano.”
“Ah, perfetto, proprio quello che me serve. Il mio gatto so’ tre giorni che vomita. Che devo fa’?
“UHUHUH! Tesoro sei troppo forte!”
“Ma che forte, ah Stefi, er gatto sta a morì!”
Stefi lo scalciò sotto il tavolo e gli sibilò tra i denti “prl tln mbcll”.
“Che?”
“Niente tesoro”
“Boh!”
Approfittando di un attimo di distrazione generale, Stefi gli chiarì il concetto: “PARLA ITALIANO IMBECILLE!”
Tra un brindisi e l’altro, quella disgraziata serata pareva non finire mai. E l’alcool non aiutava gli sforzi di Stefi.
“Che lavoro hai detto che fai? Lo so, te l’ho già chiesto ma l’ho dimenticato. Scusami ma sono tornato ieri da New York e soffro tantissimo il jet lag…”
“Ammappa! E quanto ce mette sto jet fino a Gnuork?”
Stefi si arrese. E la smise di fare risate riparatrici. Dopo molti bicchieri, Aristide era ormai fuori controllo.
“Cameriere! Cameriere che me porta n’posacenere?”
“Qui non è consentito fumare, signore.”
“Nun voglio fumà, vogliò sputà sta cicca che m’ero appiccicato sotto er palato. Me so magnato pure la milanesa co sto gommone mbocca!”
Stefi doveva aver attuato un esercizio di metempsicosi perché non batté ciglio.
Una ragazza cercò di distogliere la tensione generale come poté.
“Cielo gente…l’altra sera sono stata ad una serata di gala al Grand Hotel dei Principi. Una roba da far girare la testa. Tutti banchieri e finanzieri”.
“Mbè? Io c’ho ‘na fidanzata banchiera e ‘n cugino finanziere. E pure uno carabiniere. Ma mica me la meno così.”
Il gelo cadde sulla tavolata finché Stefi precisò: “tu non hai nessuna fidanzata banchiera. Non hai nessuna fidanzata e basta.”
Il signor Persichetti scrollò le spalle e concluse:
“Sticazzi.”
Costretta a riaccompagnarlo a casa, Stefi glie ne urlò di tutti i colori.
“Ma che idiota che sono! Come ho potuto pensare di portarti tra i miei amici. Che figura che mi hai fatto fare, ti rendi conto?”
“Aò, datte na calmata. Ma chi te credi de esse? Er premio nobbella?”
“Ma tu vedi sto burino.”
“Io sarò burino, ma te sei na vecchia fracica che nessuno te se fila più.”
Stefi frenò da criminale:
“Scendi dalla mia macchina lurido pezzente, ignorante, bestia, zotico di merda!”
“Scendo scendo, e nu’ strillà troppo che te casca ‘a dentiera.”
Morale della faccenda: un pesce Persico non lo puoi far passare per sarago imperiale.
E se hai superato i trenta, sei donna e sei ancora single… mantieni la calma e stai lontana dai supermercati.
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