Il peso di Internet sull'economia italiana

Creato il 13 aprile 2011 da Idl3

Il peso di Internet sull'economia italiana

Google ha commissionato uno studio alla Boston Consulting Group (BCG), uno dei leader mondiali nella consulenza strategica di business. Lo studio ("Fattore Internet: Come Internet sta trasformando l'economia italiana") e' stato realizzato da Antonio Faraldi, Mauro Tardito e Marc Vos, col contributo del Professor Carlo Alberto Carnevale Maffe'.


Lo scopo dello studio era quello di stabilire le dimensioni e l'estensione dell'Internet economy in Italia. Una questione complessa che lo studio, anche se lo ha affrontato con serieta', non ha certo potuto risolvere completamente. L'Internet economy non e' propriamente un settore, mancano dunque una serie di dati indispensabili per una qualunque seria ed approfondita analisi statistico-economica. Si tratta inoltre di un "settore" estremamente dinamico e pieno di zone d'ombra non monitorate e non monitorabili. Comunque va dato atto a chi ha realizzato lo studio di essersi impegnato per colmare queste lacune. Serviva uno studio simile, visto il ruolo sempre maggiore che ricopre Internet nelle nostre economie.
Prima di vedere le valutazioni dell'impatto che, secondo lo studio, Internet produce sull'economia italiana, e' bene capire meglio cosa esattamente ha esaminato lo studio e in che modo.

Premessa

La rapida crescita di Internet va di pari passo con l'incremento del suo peso nell'economia, peso molto difficile da misurare, per varie ragioni, e anche gli effetti di Internet sull'economia non sono cosi' facili da misurare (alcuni non sono proprio misurabili). Internet influenza l'economia in tre modi: con i consumi degli utenti, con le aziende che usano Internet, con la pubblica amministrazione (PA) che usa Internet. Per calcolare gli effetti di Internet sull'economia chi ha realizzato lo studio ha cercato di quantificare l'impatto di Internet sul PIL, e lo ha fatto col metodo della spesa. Solitamente si utilizza il metodo del valore aggiunto, ma se e' possibile usare questo metodo per calcolare l'impatto di settori della nostra economia sul PIL, diventa praticamente impossibile farlo con Internet, un aggregato che non solo non e' un settore, ma i cui confini sono cosi' indefiniti da rendere difficile calcolarne il perimetro e al suo interno avvengono transazioni e operazioni varie non rilevate, per cui mancano dei dati certi.
Il metodo della spesa utilizzato nello studio include:

  • il consumo;
  • gli investimenti del settore privato;
  • la spesa del settore pubblico;
  • le esportazioni nette.

Calcolando questi fattori, e' stata considerata (per quanto sia impossibile calcolarla con certezza) solo la parte ascrivibile a Internet. Inoltre per riuscire a includere anche gli effetti indiretti e anche quelli su cui sinceramente nutro dei dubbi, si e' scelto (nello studio) di definire 3 anelli esterni al nucleo centrale descritto prima, che considerano fattori molto difficili da stimare. I 3 anelli sono:

  1. benefici economici indiretti, come il ROPO (cerca online e compra offline), l'e-commerce B2B (tra imprese), il public e-procurement (che in Italia e' ancora una percentuale bassa degli acquisti della PA) e la pubblicita' online;
  2. incidenza della rete sulla produttivita' del settore privato e pubblico;
  3. vantaggi di carattere sociale (condivisione e comunicazione)

Detto questo, e consapevoli del fatto che quel che segue sono per lo piu' stime approssimative della realta' (anche se abbastanza realistiche), vediamo i dati.

L'impatto sul PIL

Secondo lo studio l'Internet economy nel 2009 era pari a 28,8 miliardi di euro, l'1,9% del PIL, nel 2010 ha raggiunto i 31,6 miliardi di eruo (pari al 2% del PIL). I dati del 2010 sono una stima. Lo studio tira fuori un possibile 8% nel caso in cui si considerasse Internet come settore, ma mi sembra estremamente azzardato. Ricordate sempre che per calcolare questi dati si e' utilizzato il metodo della spesa (mentre per gli altri settori si utilizza quello del valore aggiunto) e inoltre si tratta di calcoli su dati non sempre precisi, comunque nel complesso danno una abbastanza buona approssimazione.

Il 50% di quei 31,6 miliardi sono dovuti al consumo, e il 65% del consumo e' dovuto all'acquisto online di prodotti, servizi e contenuti. Soprattutto turismo e a seguire informatica, elettronica di consumo, assicurazioni e abbigliamento. Per non smentirci, tra i contenuti stravince il comparto del gaming (soprattutto il pocker online con oltre 3 miliardi), e si e' considerato solo il fatturato delle aziende di gaming online.

La stima dei consumi e' sovrastimata, molti consumi cominciano online ma si perfezionano offline (rapporti tra produttore e venditore e venditore e vettore, oltre ad assicurazioni, ecc.) per cui includere tutto come consumo dovuto a Internet e' inesatto. Siccome non esistono dati sul valore generato online e ogni tentativo di stimarli sarebbe stato altamente inaccurato, si e' deciso di includere tutto.
Il resto della quota dei consumi (il 35% rimanente) e' dovuto all'acquisto di hardware per connettersi in rete (computer dispositivi mobili) e costi dell'accesso (abbonamenti ADSL e tariffe per la navigazione dai dispositivi mobili).
Gli investimenti privati sono pari a circa 11 miliardi (si tratta principalmente dei lavori delle societa' di telecomunicazioni sulla rete).
La spesa istituzionale in ICT e' pari a circa 7 miliardi.
L'Italia e' un importatore netto di tecnologie e e-commerce, le importazioni ammontano a circa 5 miliardi e le esportazioni a circa un miliardo.

Non vorrei che le critiche che ho sollevato vi facessero credere che non condivido i dati esposti dallo studio, non e' cosi'. E' vero che la metodologia utilizzata tende a sovrastimare alcuni valori, ma nell'impossibilita' di trovare dati precisi, questo e' quanto si poteva fare.
Sono cifre importanti, il 2% del PIL e' superiore a quanto realizzano alcuni settori della nostra economia che ricevono un'attenzione maggiore, sia dal settore pubblico sia da quello privato. E' importante pero' notare come a fronte di poche grandi imprese che gestiscono la rete, e forniscono contenuti e pubblicita', vi sia un'infinita' di PMI che cercano clienti e vendono online, ampliano il loro bacino di clienti, andando virtualmente all'estero, ecc. Per queste piccole e medie imprese Internet costituisce uno strumento di sopravvivenza e di crescita. Ed e' qui il problema, le piccole e medie imprese in Italia non crescono, restano piccole, con tutti i problemi che questo comporta. E l'economia online in questo non e' diversa dall'economia offline. Anzi, rischia di essere peggio. E' vero che su Internet le PMI possono guadagnare, ma una parte di questi introiti, in vari modi, finisce nelle tasche di quelle grandi imprese che mantengono la saldamente nelle loro mani la rete, l'accesso ai contenuti e la gestione della pubblicita', impedendo a chiunque di entrare nel mercato per far loro concorrenza.

Comunque, cio' che ha attirato la mia attenzione sono stati i benefici sociali.

Benefici sociali

Lo studio infatti esamina anche il modo in cui gli UGC (contenuti generati dagli utenti) hanno modificato il modo in cui ci informiamo e passiamo il tempo. E come i nuovi e vecchi strumenti di comunicazione online influenzano il tessuto relazionale. Tutto cio' crea un valore non compreso nel PIL, un valore che non si puo' calcolare con metodi tradizionali. Tuttavia e' un valore importante da non sottovalutare e da considerare quando si parla del peso di Internet sull'economia. Anche perche' la condivisione dei contenuti e l'utilizzo diffuso dei nuovi strumenti di comunicazione vengono monetizzati da chi gestisce le piattaforme di condivisione, attraverso pubblicita', fornitura di servizi aggiuntivi e raccolta dati (o data mining).

L'Italia nel Mondo

Nonostante la sempre maggiore importanza che avra' Internet nello sviluppo e nell'economia, non tutti i Paesi danno alla rete il valore che merita, e in questo l'Italia (manco a dirlo) e' agli ultimi posti, piu' per la scarsa diffusione della cultura digitale che per l'insufficiente infrastruttura. Chi ha elaborato lo studio si e' servito del BCG e-Intensity Index (leggete lo studio per ulteriori informazioni), cosi' risulta quanto espresso dalle seguenti figure:


Dove per enablement si intende quanto e' disponibile e diffuso il broadband, per expenditure quanto spendono consumatori ed imprese per acquisti e pubblicita' online e per engagement qual e' il livello di attivita' di imprese, istituzioni e consumatori che usano Internet.

Comunque tranquilli, pare che l'Italia stia crescendo piu' rapidamente dei Paesi piu' maturi, ma questo e' abbastanza naturale, chi ha gia' un'infrastruttura efficiente ha meno margini di miglioramento di chi non ce l'ha e chi ha una buona penetrazione della cultura digitale ha meno margini di miglioramento di chi ha intere fasce di popolazione che sono analfabeti digitali. Restano, come nell'offline, le profonde differenze geografiche in Italia:


Vi invito a leggere tutto lo studio, anche se forse eccessivamente positivo, indica anche molti dati interessanti, compresi quelli di alcune realta' produttive. Verso la fine lo studio si concentra sui temi cari a Google, i dispositivi mobili con il futuro del mobile commerce e il cloud computing. A parte queste due cose lo studio e' abbastanza obiettivo.


Pubblicato il 13/04/2011 ^


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