Il sottotitolo è “Un romanzo senza eroe” e la dice lunga rispetto a qualsiasi altra esegesi. L’autore, che pubblica il romanzo prima a puntante e poi in volume nel 1848, ottenendo un notevole successo, prende di mira - in una raffinata struttura romanzesca - l’ipocrisia della società inglese. Del resto è lo stesso Thackeray che scrive alla madre: “Voglio creare un gruppo di personaggi senza Dio nel mondo… avidi, pomposi, meschini, per lo più perfettamente soddisfatti di sé, e a loro agio riguardo alla loro superiore virtù.”Lo spaccato sociale che la lettura del romanzo ci offre è veramente qualcosa di unico ed originale, sia per un certo spietato cinismo con cui vengono attaccati i vizi della società inglese ottocentesca, sia per la ricchezza e la profondità della lettura che ritrae i personaggi scolpendoli a vivo ed a fuoco, non nascondendo nulla di loro, in uno sfondo animato da mille spunti e da mille scene.E’ una lettura godibilissima, scorrevole, ricca di spunti di riflessione sulle cosiddette “convenzioni sociali” che reggono le sovrastrutture di una società perbenistica ed, in fondo, annegata nei suoi pregiudizi. Si potrebbe dire anche che la Fiera della Vanità è lo specchio di quel vecchio, ma sempre attuale, adagio: “vizi privati e pubbliche virtù”. Credo che nell’attuale panorama socio-politico, la lettura del romanzo fa bene soprattutto per far cadere quel velo di artificiosità che nasconde, alla fine, una verità tragica: non siamo altro che marionette, pupi, per dirla con Pirandello, manovrati – con abilità e piegate alle esigenze narrative – da un Autore che crea e disfa i personaggi secondo un suo insondabile capriccio. Ho avvertito in tutte le pagine del romanzo un “disagio” di fondo, un’insospettabile inquietudine verso il disincanto, la disillusione. Ma è qualcosa che rimane pudicamente nascosto, una sorta di urlo soffocato di ribellione.
Il senso ultimo del romanzo lo dà proprio l’autore con introduzione “davanti il sipario”: il capocomico che di fronte al variegato spettacolo offerto dalle sue marionette, si chiude in una struggente malinconia, ma non manca comunque di ringraziare gli spettatori (la migliore società, l’aristocrazia) per la “gentile accoglienza” riservata.Da leggere assolutamente. By M.