Il Pianeta rosso si tinge di blu

Creato il 11 maggio 2015 da Media Inaf

La sequenza di quattro foto è stata scattata dal rover della NASA Curiosity il 15 aprile dal cratere Gale. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Quello che vedete brillare in questa sequenza di immagine è il nostro Sole che tramonta su Marte visto dagli “occhi” del robot a sei ruote della NASA Curiosity, ormai in esplorazione sul pianeta da più di 1000 giorni. I quattro scatti risalgono al 15 aprile scorso (sol 956) e descrivono un paesaggio quasi inedito del quarto pianeta del Sistema solare: il deserto del Pianeta rosso si tinge di blu.

Questo è stato stato il primo tramonto a colori fotografato da Curiosity, che si trova nel cratere Gale. Nello specifico, le immagini sono state scattate dall’obiettivo di sinistra  della Mast Camera – MASTCAM e il colore è stato calibrato (così come il bianco bilanciato) per rimuovere tutti gli artefatti della camera. La MASTCAM vede colori simili a quelli che percepisce l’occhio umano anche se in realtà è un po’ meno sensibile al blu rispetto agli esseri umani.

Questa sequenza di immagini è stata presa al termine di una tempesta di sabbia e l’effetto nebbia che si può notare è creato proprio dai granelli sospesi. La polvere nell’atmosfera marziana è costituita, infatti, da particelle sottili che permettono alla luce blu di penetrare la stessa atmosfera in modo più efficiente rispetto ai colori a lunghezze d’onda maggiori. L’effetto è più pronunciato soprattutto nelle ore del tramonto.

«I colori che vediamo sono dovuti al fatto che le particelle di polvere sono della taglia giusta affinché la luce blu penetri meglio», ha detto Mark Lemmon della Texas A&M University. «Quando la luce blu si disperde nella polvere, rimane più vicina alla direzione della luce del Sole rispetto agli altri colori. Il resto del cielo (lontano dalla tempesta di sabbia, ndr) è giallo/arancio, dato che il giallo e il rosso diffondono la luce in tutto il cielo invece di essere assorbiti».

Per saperne di più:

Visita il sito della missione della NASA Curiosity

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni