Il pipe making di Angelo Fassi

Creato il 25 dicembre 2010 da Ilbicchierediverso

Oggi il Bicchiere Di_verso festeggia due incontri, il primo (che speriamo diventi anche un sodalizio) con il Direttore di Stile Maschile (che vi invitiamo assolutamente a visitare cliccando sul link, in quanto quasi un fratello del nostro) Alfredo de Giglio, che firma l’introduzione alla nostra intervista e che ringraziamo per la disponibilità e il sapore del ricordo che ha infuso al nostro articolo.

Il secondo, naturalmente, con Angelo Fassi: un dentista appassionato da anni di fumo lento, in particolar modo di pipa (che nei prossimi giorni vedremo anche alle prese in alcuni video- che non spacciamo ovviamente per esaustivi sulla centenaria tradizione “pipesca”- sul pipe making che abbiamo girato nella sua bottega).

Una persona  che ci ha colpito per il suo entusiasmo e le sue belle pipe. Un artigiano novello è vero, conscio del suo recente  percorso che nasce come hobby ma vissuto in modo serio, che abbiamo voluto avere sulle nostre pagine per poter incuriosire anche i non addetti ai lavori, in un clima di rilassata conversazione che punta a elogiare il fumo lento e non la pedanteria professionale o i tecnicismi accademici che si potrebbero richiedere in ambiti più settoriali.

Il tutto ovviamente nel pieno rispetto della più nota tradizione manifatturiera da anni riconosciuta nella nostra penisola e di cui presto parleremo in maniera più approfondita con contributi di spessore.

Quindi non ci resta che augurarvi buona lettura e un fumoso relax.

Le foto ritraggono la bottega e le pipe di Angelo Fassi.

Il Bicchiere Di_verso.

Ricordi di fumo

di Alfredo de Giglio

L’uomo è fatto di ricordi e i ricordi, come cantava Dean Martin (Memories are made of this), sono fatti di oggetti e gesti. Questo è ancor più vero per l’uomo di stile, educato al bello e al giusto, che compra, usa, colleziona e sceglie (non a caso eleganza deriva da eligere) quegli oggetti che meglio lo rappresentano. Georg Simmel, nell’imprescindibile testo ‘La Moda’, diceva infatti che “Solo uomini di altissima levatura trovano nel rispetto dell’individualità specifica delle cose la massima profondità e la massima forza del loro Io” .

Oggetto e azione e uomo sono elementi legati in modo indissolubile.

Se chiudete gli occhi vedrete vostro padre o vostro nonno che si annoda la cravatta, che inforca un paio di occhiali, che si toglie dei guanti, che si accende un sigaro. Vedrete una persona che lega a sé dei semplici oggetti, non importa quanto preziosi fossero. Lo erano perché scelti da lui.

Questa potenza evocativa è ancor più viva se parliamo di fumo. Un accendino, un portasigarette d’argento, un tagliasigari sono in grado di farci fare una salto indietro nel tempo e farci materializzare nelle piccole-grandi situazioni che hanno costituito tanto per noi: una cena tra amici, il primo figlio, una litigata. Non è fumo sic et simpliciter ma è memoria e cultura maschile. Lo imparino tutti una volta per sempre.

Se associamo la parola “oggetto” e “fumo” la prima cosa che mi viene in mente è la pipa. Per tre motivi: perché a differenza del sigaro rimane con noi, non si consuma; perché per me è ancora la scoperta di un nuovo mondo, dato che la sto fumando da poco; perché all’acquisto della mia prima pipa si lega un pomeriggio da ricordare.

Durante una serata tra amici (faccio nomi e cognomi perché è come una forma di ulteriore ringraziamento) con Salvatore Parisi e Paolo Tarulli, i due iniziano a fumare una pipa. Scelgono il modello e il tipo di tabacco (e vi posso assicurare che non era una selezione facile dato il grande e vario rifornimento che Parisi può garantire) e mi chiedono se abbia mai provato. Alla mia risposta negativa Salvatore sentenzia: “Secondo me ti piacerà. Tra due giorni andiamo a comprarne una. Ti accompagno.”
Così facciamo. Il negozio da raggiungere è al centro di Roma, vicino Fontana di Trevi, così iniziamo una lunga camminata a parlare si stile e di uomini. Arrivati alla meta scopriamo che un altro amico, fumatore e collezionista di pipe, ci stava già attendendo. Era Italo Borrello. Mi presentano il proprietario di Becker e Musicò, Giorgio, e iniziamo la ricerca. Dopo qualche istante vedo i due compagni di viaggio indaffarati alla ricerca, della pipa giusta per me. Mentre loro aprono cassetti e vetrine, io mi intrattengo con Giorgio a parlare di cinema italiano degli anni ’50. Poi mi chiamano e mi mostrano sul tavolo quattro esemplari di pipe. Tra queste ne scelgo una. Non vi tedio oltre con il racconto delle loro due scuole di pensiero sul tabacco…

Quella mia prima pipa, che ora mentre scrivo riposa alla mia destra, sarà legata per sempre a quel pomeriggio passato  all’insegna del piacere della scoperta, dell’amicizia e del fumo.

Perché, per dirla ancora con Simmel, le cose acquistano vita e dimensione solamente quando entrano in contatto con il nostro Io, assoggettandole alla nostra personalità e attribuendole valori e immagini nuovi e irripetibili.

Intervista a Angelo Fassi, dentista e pipe maker

A cura de Il Bicchiere Di_verso

Come è nata la passione per la pipa?

Ho cominciato quasi casualmente a fumare la pipa a 14 anni, con una boccetta Savinelli comprata da mio padre per il solito tentativo di smettere con le sigarette passando alla pipa. Mi appassionai da subito, condividendo questo interesse con un compagno di classe. Frequentavo la tabaccheria Scarafiotti di Monza, dove abitavo da ragazzo e a 16 anni mi avventurai nel varesotto, viaggiando in treno da solo e raggiunsi la ditta Caminetto. Mi presentai come appassionato della pipa (chissà cosa pensarono) e chiesi di visitare la fabbrica. Furono estremamente cortesi dedicandomi alcune ore; evidentemente quel episodio creò in me un impronta indelebile che sarebbe riemersa 34 anni dopo.

Quando ti sei avvicinato al mondo del pipe making?

Nel settembre 2007, ritornando da un congresso di odontoiatria (mia professione ufficiale) mi fermai a Bologna ad una manifestazione, lo Smoke Style, dove mi trovai immerso in una nuvola di fumo ed una notevole quantità di artigiani che esponevano le loro creazioni. Quasi spontaneamente dedicai più attenzione a nomi che non conoscevo, artigiani minori, se vogliamo, ma che trasmettevano passione ed entusiasmo, qualità che fanno breccia nella mia sensibilità. In quella occasione acquistai una Dalfiume e conobbi Massimo Riminensi (Duca Pipe), che tuttora mi elargisce a piene mani molti consigli. In seguito partecipai ad incontri organizzati da Gabriele Dalfiume, incontrando altri fumatori e stringendo nuove amicizie. Anche la rete iniziò a fornirmi occasioni per approfondire questo meraviglioso mondo, visitando siti di artigiani di tutte le nazionalità e vari fora di discussione. E fu così che incocciando casualmente il sito di Bertram Safferling che presentava il suo nuovo atelier a Egna, in provincia di Bolzano, lessi che organizzava dei corsi di manifattura pipe. Presi accordi per un week end full immersion, ma solo per curiosità, senza pensare ad una finalizzazione creativa. Era il luglio del 2008, trovai un maestro e un caro amico

Qual è stata la scintilla che ha fatto scoccare il fuoco per la creazione delle pipe?

Fu proprio in quella occasione che ebbi una vera e propria folgorazione; trovai una certa attinenza con la mia professione, manualità, precisione, cura del dettaglio, ma il tutto con misure più grandi, senza il paziente che si lamenta per tenere la bocca aperta per ore e con molto più spazio per la creatività. Telefonai a mia moglie per comunicarle la mia gioia, il mio entusiasmo per aver trovato qualcosa che avrebbe cambiato la mia vita. In agosto, mentre ero in vacanza in Brasile dove seguiamo un asilo che abbiamo creato grazie a proventi derivanti da serate di beneficenza, non ho fatto altro che pensare a come fare per costruire il mio laboratorio per fabbricare pipe. Penso che il destino mi stesse magicamente aspettando: tramite un amico contattai una persona che costruiva pipe per hobby, ma aveva smesso di dilettarsi. Constatato i mio entusiasmo, decise di cedermi le attrezzature ed alcune placche di radica stagionatissima. Altro colpo di fortuna: trovai una botteguccia in affitto che il destino volle che fosse vicino a dove traslocai di casa pochi mesi dopo. 

Quando hai fatto la tua prima pipa cosa hai pensato?

La prima pipa la realizzai proprio con Bertram in occasione del corso e mi viene da dire che non pensai a nulla; intendo dire che mi coinvolse in un modo così straordinario che la mia mente si alleggerì, non sentivo lo stimolo della fame, della sete e nemmeno dei bisogni fisiologici, nessuna sensazione di fatica o stanchezza. Fu un giornata incredibile, difficilmente la dimenticherò

Quanto ci vuole a imparare quest’arte?

Penso che come in molte attività umane non si finisce mai di imparare. Io ho sicuramente ancora tantissimo da apprendere da chi è più esperto di me e attraverso la pratica personale. Io ho la naturale tendenza a non essere mai soddisfatto di quello che faccio e questo mi costringe a voler sempre migliorare. Poi ovviamente la curva di apprendimento, oltre alle capacità personali, dipende da quanto tempo si riesce a dedicare.

Qual è la tua aspirazione quando crei una pipa?

Quando creo una pipa ho sempre l’incubo di evitare errori tecnici. Immagino sempre che chi la osserverà sia una persona molto competente ed esigente, che noterà tutti i particolari e la precisione dei dettagli. Dal punto di vista strettamente creativo, anche se talvolta mi diverto con forme stravaganti, cerco di colpire con linee semplici, cercando, per esempio, di reinterpretare le linee classiche, con qualche dettaglio impercettibile che però faccia la differenza quasi passando in modo subliminare. Penso poi che oltre a soddisfare la vista, l’oggetto pipa debba avere delle caratteristiche tattili accattivanti, motivo per cui credo sia fondamentale che chi sceglie una pipa debba tenerla tra le mani, apprezzarne la forma, percepire le sensazioni che evoca il contatto con le superfici, toccandola, sfiorandola. Sono molto stimolato quando mi capita di realizzare una pipa per una persona di cui conosco i lineamenti ed il carattere. Mi è capitato di chiedere ad una ragazza di farmi vedere una foto del suo fidanzato al quale voleva regalare una mia pipa. Non ho la presunzione di azzeccare la forma giusta, ma è un gioco che mi eccita molto

Come scegli le tue radiche e i tuoi modelli?

Per quanto riguarda le radiche, come dicevo prima,  ne ho ricevute alcune placche insieme alle attrezzature, ma ho voluto comunque esplorare il mondo dei segantini, acquistando alcuni pezzi di varia provenienza italiana. Purtroppo il pipemaker hobbista spesso viene un po’ snobbato da chi vende radica, abituato ad avere a cha fare con persone competenti e che garantiscono ordini di una certa quantità, ma nonostante ciò, con il mio carattere estroverso credo di essermi conquistato qualche simpatia. Mi preoccupo molto che chi mi vende radica mi garantisca che sia opportunamente stagionata, perché a prescindere dall’estetica non dobbiamo dimenticare che la pipa è comunque una macchina da fumo, come la definiva Alfred Dunhill, e la stagionatura della radica è un fattore importante sulla probabilità che la pipa fumi bene. Riguardo i modelli non posso negare che grossi spunti mi derivano dall’osservazione delle creazioni dei pipemakers professionisti; da questo punto di vista, oltre i libri, il web è una fonte inesauribile di immagini. Tuttavia sto cercando di creare forme che possano diventare un mio segno di riconoscimento, ma non è facile, anche perché c’è poco da inventare. Rimane comunque un momento magico quando si prende in mano una placca, la si liscia, la si bagna per evidenziare l’orientamento delle fibre e si aspetta che sia lei a dirti qualcosa, a suggerirti la forma che per qualche strana magia è già contenuta in quella placca. Era Michelangelo che diceva che nelle sue sculture toglieva solo gli eccessi ma la statua era già dentro il blocco? Spero non si ribalti nella tomba!

Un invito a venirti a trovare

La mia bottega è spesso frequentata da amici e appassionati, anche persone che non hanno mai espresso l’interesse a possedere una mia pipa, non è questo il mio obbiettivo primario. Gli incontri avvengono con molta naturalezza, un saluto, magari una tazza di caffè o un dito di whisky e poi io proseguo il mio lavoro scambiando quattro chiacchiere. Poi di tanto in tanto mi fermo, mi carico una pipa, offro del tabacco o assaggio quello che hanno portato gli amici e mi concedo qualche minuto di relax per poi ricominciare, magari con la pipa ancora tra i denti. Naturalmente il tutto con sottofondo musicale: la mia preferita, la musica brasiliana, in particolare la bossanova o in alternativa jazz o classica.

Per contattare Angelo Fassi: angelofassi58@gmail.com

Buona scelta

IBD


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