Pep Guardiola, ce l’ho con te stasera. Per tutto il giorno sono rimasto estasiato dal tuo tedesco, dai tuoi occhi, dal tuo savoir faire e da quella macchina del consenso calcistico che ti hanno costruito intorno. Il Bayern è la squadra perfetta del ventunesimo secolo e ha vinto nella stagione che volge al termine letteralmente tutto. Tu sei arrivato come il Messia e hai proferito il tuo verbo fatto per far illuminare ancor di più il tuo marchio mondiale e il brand, il Bayern, cui ti sei unito. Per tutto il giorno, poi, ho cercato di capire se c’era qualcosa che non andava nell’evento della tua conferenza stampa che è stata, quest’oggi, un vero evento mediatico mondiale. Alla fine l’ho trovato: qualsiasi uomo vero si sarebbe seduto su quella graticola mediatica che è oggi la panchina del Bayern e avrebbe detto una cosa tipo “io mi caco sotto, che ne pensate? Ce la farò?”. Lui niente: come un libro stampato, democristiano dalla prima all’ultima parola, fino a frasi piene di diplomazia da quattro soldi e senza la minima assunzione di responsabilità. Pensavo avessi più maroni, Pep, i maroni che servono a un uomo davanti alla paura di fallire. Quale il rimedio? Dichiararla, è cosa da uomini veri, non da finti Pep democristiani.