Il più grande uomo scimmia del Pleistocene

Creato il 23 aprile 2015 da Conflittiestrategie

Siete convinti che gli Ogm facciano male? Credete che qualsiasi innovazione umana porterà alla distruzione del mondo? Pensate che la scienza abbia superato il segno determinando una pericolosa mutazione antropologica che sarà la rovina della specie e del suo ambiente?
Lo pensavano anche i primi uomini-scimmia i quali si opposero strenuamente all’introduzione del fuoco che, a loro parere, avrebbe rotto gli imperituti equilibri naturali del pianeta deteriorando il loro habitat. Gli stessi uomini, piuttosto che sperimentare la novità, preferivano riparare sugli alberi in caso di pericolo. Fortunatamente, questi soggetti conservativi non riuscirono a scoraggiare altri individui più intelligenti e curiosi che, con spirito pioneristico, si spinsero laddove sembrava impossibile arrivare. Grazie a questi geni e talenti ora, voi discendenti di quegli iettatori rampicanti, che come i vostri avi alla prima scottatura lanciate anatemi contro ogni grande scoperta, siete liberi di raggiungerci, tramite internet per esempio, e insultarci con le vostre scemenze antiscientifiche. Non ci dispiace pagare questo piccolo prezzo, meglio che vivere ancora sugli alberi, al freddo e al gelo, con una bacca disgustosa in bocca.
Ecco un divertentissimo brano tratto dal romanzo Roy Lewis “Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”. Ci riconosceremo in tanti…Persino Monod dichiarò di aver riso per giorni dopo aver letto quest’opera. To be Continued

“…È contro natura, eh?» disse papà, interrompendolo con impazienza. «Ma allora, Vania, l’artificiale è entrato nella vita subumana già con gli utensili di pietra. Sai, forse è stato proprio quello il passo decisivo, e questa è solo un’elaborazione; e però la selce la usi anche tu, e quindi…».
«Ne abbiamo già discusso mille volte» rispose zio Vania. «Entro limiti ragionevoli, gli utensili e i manufatti non infrangono l’ordine naturale. I ragni usano la rete per catturare le prede; gli uccelli costruiscono nidi che noi manco ci sogniamo; e chissà quante volte le scimmie avranno scagliato una noce di cocco per spaccarla su quella tua testa dura cosa che forse spiega i tuoi deliri. Non più tardi di qualche settimana fa, ho visto un branco di gorilla attaccare una coppia di elefanti elefanti – nota bene! – con dei bastoni. Sono disposto ad accettare come naturali le semplici selci sbozzate, a patto di non giungere a dipenderne, e di non raffinarle indebitamente. Non sono un reazionario, Edward, tanto è vero che fin lì ci arrivo. Ma questo!… È tutta un’altra cosa. Non si sa dove può portare. Coinvolge tutti. Anche me. Potresti bruciarci la foresta. Che fine farei io, allora?».
«Oh, non credo che succederà, Vania» osservò papà.
«Tu non credi? Di’ un po’, Edward, ma tu la controlli per davvero, questa roba?».
«Ehm… più o meno. Più o meno, sai com’è».
«No che non lo so! Più o meno? O la controlli o non la controlli! Non fare il furbo. Per esempio, la sai spegnere?».
«Se non la alimenti, si spegne da sé» fece mio padre, sulla difensiva.
«Edward» disse zio Vania «ti avverto: hai messo in moto qualcosa che potresti non essere più in grado di fermare. Sei convinto che a non alimentarla si spenga: non hai pensato che potrebbe anche decidere di nutrirsi da sé? Che fine faresti, allora?».
«Non è ancora successo» disse mio padre di malumore.
«A dir la verità, perdo tutto il mio tempo ad alimentarla, specialmente nelle notti piovose».
«Allora ti consiglio di tutto cuore di spegnerla subito» disse zio Vania «prima che si inneschi una reazione a catena. Quanto tempo è che scherzi col fuoco?».
«Oh, l’ho scoperto qualche mese fa» disse papà. «E sai, Vania, è una cosa veramente affascinante. Ha delle potenzialità incredibili. Voglio dire, ci puoi fare un sacco di cose, oltre al riscaldamento centrale, che è già un gran bel passo avanti. Ho appena cominciato a intravederne le applicazioni. Prendi il fumo: credici o no, soffoca le mosche e tiene lontane le zanzare! Certo, il fuoco è insidioso. E difficile da trasportare, per esempio. Poi è vorace: mangia come un cavallo. Può diventare dispettoso e morderti di brutto, se non stai attento. Ed è completamente nuovo: illumina prospettive inesplorate, di grande…».
Ma proprio in quella zio Vania lanciò un urlo, e cominciò a saltellare su un piede solo. Da un po’ di tempo mi ero accorto che aveva messo l’altro sulla brace incandescente, e lo stavo osservando con vivo interesse. Troppo infervorato nella discussione con mio padre, lui non ci aveva badato, ignorando anche il sibilo e l’odore tutto particolare che si era sprigionato.
Ma ora il tizzone, bucata la pellaccia, era arrivato a mordere la carne viva della pianta del piede.
«Ahiaargh!» ruggiva zio Vania. «Accidenti a te, Edward! M’ha morsicato, hai visto? Ecco dove portano i tuoi trucchi infernali! Ahiargh! Che cosa ti avevo detto? Finirà per divorarvi tutti quanti! Vi siete seduti su un vulcano attivo, ed ecco qua! Ma con te ho chiuso, Edward! Ti estinguerai, vi estinguerete tutti in men che non si dica! Siete fritti! Uhhiah… Torno sugli alberi! Stavolta hai passato il segno, Edward! Come a suo tempo ha fatto il brontosauro!». Sempre saltellando, ben presto sparì dalla vista, ma i suoi ululati continuarono a sentirsi per un buon quarto d’ora.
«Credo proprio che a passare il segno sia stato Vania» disse papà alla mamma, spazzando accuratamente tutt’intorno al focolare con una frasca.


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