Il poeta e il Cavaliere: tempesta su Palazzo Vecchio

Creato il 29 aprile 2010 da Stampalternativa

Erano giorni di fuoco, quelli di maggio del 2008, per Palazzo Vecchio. Fuoco vero, nemico e amico, centrava in pieno il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, e i suoi assessori. L’intera giunta era rinchiusa nello storico palazzo comunale di piazza della Signoria, nel tentativo di schivare i colpi che arrivavano da ogni parte. I giornali, anche quelli di sinistra, non risparmiavano accuse alla giunta guidata dal sindaco del Pd. Riesumavano contrasti che sembravano ormai sepolti dal tempo, riproponevano polemiche imbarazzanti che avevano coinvolto il sindaco e qualche suo assessore, ricordavano provvedimenti discutibili e assai discussi dalla città intera, e soprattutto continuavano a scavare nell’affaire immobiliare sul quale indagava la procura e che stava minando la credibilità e la stessa fondatezza dell’intera giunta comunale.

Da nove anni Leonardo Domenici era sindaco di Firenze. Eletto la prima volta il 13 giugno 1999 alla guida di una coalizione di centrosinistra, era stato riconfermato il 27 giugno 2004 ottenendo il 66 per cento dei suffragi. Durante il secondo mandato, qualcuno aveva cominciato a chiamarlo “Leonardo il Magnifico”. Fin da giovanissimo sembrava destinato a un sicuro successo. Studente modello, elegante, brillante, aveva scelto studi filosofici, e dopo la laurea in Filosofia morale, l’impegno politico. A sinistra, con i comunisti. Aveva debuttato a 21 anni come dirigente della Federazione giovanile del partito e quell’esperienza lo aveva appassionato. Segretario della Federazione del Pds di Firenze e poi consigliere comunale, nel 1994 – a 39 anni – era già a Montecitorio.

Prima di essere eletto sindaco della sua città, aveva fatto parte della segreteria nazionale dei Democratici di sinistra ed era stato responsabile degli enti locali per i Ds. Pochi mesi dopo la nomina a primo cittadino, nel novembre 1999, Domenici organizzò a Palazzo Vecchio il vertice sul “Riformismo nel XXI secolo” che ottenne un grande successo. Accettarono il suo invi- to il presidente americano Bill Clinton, quello brasiliano Enrique Cardoso, e cinque capi di governo europei: Lionel Jospin, Tony Blair, Gerard Schroeder, Antonio Gutierres e Massimo D’Alema.
L’elenco delle sue iniziative di sindaco è molto lungo e comprende riforme e progetti destinati soprattutto alla trasformazione della città, puntando alla realizzazione di grandi opere. Nell’aprile 2003 è nominato presidente di “Firenze 2010-Associazione per il piano strategico dell’area metropolitana fiorentina”. A quel punto a Palazzo Vecchio si comincia a parlare in modo concreto del piano urbanistico da realizzare sull’area Sai-Fondiaria di Castello, alle porte della città.

Intanto, a Firenze, la gente mormorava. La stragrande maggioranza dei fiorentini lo aveva rieletto, però Leonardo Domenici stava diventando, ogni giorno di più, il bersaglio del malcontento di buona parte dei suoi elettori. Come se non fosse stato lui il salvatore della Fiorentina, quando la società, nell’estate 2002, stava avviandosi verso la cancellazione dal calcio professionistico. Sembrava che anche quest’impresa fosse stata dimenticata. Quel che disturbava particolarmente Domenici erano gli attacchi che arrivavano dai blog e dai fogli di sinistra, soprattutto quella radicale, che aveva mostrato sin dall’inizio di non amarlo troppo.

Rifondazione, e anche molti del suo stesso partito, non gli perdonava la lotta intrapresa dalla giunta contro i lavavetri. Nell’estate 2007, Leonardo Domenici aveva annunciato di voler fare sul serio per risolvere quello che a Palazzo Vecchio veniva considerato un grosso e improcrastinabile problema: la presenza dei lavavetri agli incroci stradali, in centro e in periferia, 12 ore su 24. Extracomunitari con acqua e spugna che tentavano di lavare i vetri delle auto.


Il poeta e il Cavaliere - Storia di donne, soldi e malapolitica di Mario La Ferla
Collana Eretica Speciale
216 pagine
ISBN: 978-88-6222-126-9


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