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Il “Poetry Music Machine” di Marco Palladini. Un ologramma in onda poetica

Creato il 08 marzo 2013 da Retroguardia
Il “Poetry Music Machine” di Marco Palladini. Un ologramma in onda poeticaIl "Poetry Music Machine" di Marco Palladini. Un ologramma in onda poetica

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di Antonino Contiliano

Chi volesse avvicinarsi alla poesia di Marco Palladini e, in modo particolare, a quella del suo Poetry Music Machine (oyxeditrice, Roma, 2012), una "Audio antologia" (libro +CD), non può trovare, crediamo, immagine analogica migliore che quella di un'onda verbo-ologramma in versi e "arsi" in girotondo e semiosfera di guerra po(li)etico-artistico. L'onda che non trascura niente dell'oggetto - il modello del suo mondo estetico-poetico e ideologico-politico - ripreso e offerto agli altri, l'ipotetico lettore/ascoltatore e/o critico.

L'onda ologrammatica di Poetry Music Machine è quella di una poesia, naturalmente, che relaziona letterario ed extraletterario e lo aggomitola alla maniera dei punti di tempo della pagina del cyberspazio - che simulano l'informazione-comunicazione contratta nei nodi lanciati alla velocità bit della luce. E il peso e la densità di questi nodi poetici, trasportati dai versi lungo le due coordinate offerte dalla pagina, ne curvano il piano nella bidimensionalità degli assi linguistici (paradigmatico e sintagmatico, la scelta e la combinazione degli elementi coinvolti), come se fosse una geometria alfabetica relativistica e, per altro verso, in mimesi della bidimensionalità della virtualità temporale del cyberspazio. Il tempo della rete e dei suoi nodi www. Il reticolo comunicativo che ha sconvolto l'abituale successione cronologica di passato, presente e futuro, così com'è proprio della turbolenza del tempo poetico che sostanzia (almeno siamo inclini a leggere) i testi poetici di questo Poetry Music Machine di Marco Palladini.

La sua espressione corpuscolare - l'informazione annodata e significante che la materializza - è quella semantica complessa e concentrata dei versi che potenzia, in maniera aggiuntiva e complementare transcodificata intersecata, quella delle catene linguistiche standards o comuni che trascurano come inessenziali, e quindi scartabili, ciò che invece viene recuperato e significato dalla poesia e dal mondo che lì dice. Lì dove è proprio il potenziamento inusuale delle parole e delle idee conflittuali veicolate (rapportate al mondo ordinario contestato) e della loro sintagmaticità trasgressiva che, mettendo in gioco la plasticità della lingua, che si segna la qualità artistica del linguaggio e la simulazione poetica di un altro mondo (non copia!). Un modo di significare culturale-politico che, con la sua differenziata espressività, anche tra sinonimica e non, agisce opposizione e antagonismo con una polisemica esorbitante e dall'intreccio e dall'intersecazione pluri-misto-linguistici di diversa sostanza segnica (semiotica).

Un vero e proprio mescolio sorgente che ne potenzia però ulteriormente il senso e la dimensione plurisignificante tracciando passaggi in cui le catene grafico-verbali e vocali e sonore si sovrappongono e gli stessi ritmi specifici si semantizzano in maniera traboccante e martellante. Basta rivolgere attenzione alle strutture delle "ripetizioni" delle "equivalenze" tipiche della po(i)esis (livelli e gruppi diversi), che ricorrono nei testi (n. 13) poetici della Parte I del libro -"AUDIO-TESTI" - e quelli (n. 61) della II - "Bonus text: PAPE SATAN BAND" -, perché dall'evidenza immediata del costrutto si passi subito alla logica del montaggio artistico-poetico che Marco Palladini, poeta, (mettendo a frutto anche le sue competenze di performer, attore e regista, fra l'altro) mostra come una costante della sua produzione.

A stralcio, della Parte I, qualche esempio di rimando:

"Who is my father?...He said... / His father, Leo Alcide Kerouac... / Grey downtown...in centrocittà un'ombra nera, / se ne andava in giro, ciondolava / [...] / Padre, sono quasi fuori gioco... / Nelle strade dove le macchine entravano nella follia diurna / e gli occhi bruciavano cercando nell'aria torrida / la rivelazione perfetta... / [...] / Padre, aiutami, sono quasi fuori gioco... / È il crepuscolo senza nome né pietà / e mentre i paraculi hanno fatto soldi / io non ho saputo amare di più il denaro... / [...] / Siamo in fine di partita, padre / e l'ora del giusto meditare / è giunta come sempre fuori tempo massimo" (PADRE, SONO QUASI FUORI GIOCO # 1, pp. 15-16).

[...]

"Questa è poesia ke spakka / l'animo e la mente / Poesia mordace come un serpente / ke divora il kuore oscuro del presente // Questa è poesia ke spakka / e proclama: niente facili resurrezioni / oggi l'ordine mondiale s'impone / tra inclusioni ed esclusioni // [...] / Questa è poesia ke spakka / poesia da delitto & castigo / poesia multipla che s'iperfeta / senza nessun corrivo o pallido mito // Sì, questa è poesia ke spakka / l'animo e la mente / poesia serpente dialettica irridente / e ke divora il kuore / di vetro oscuro del presente" (KOMBAT POETRY # 14, pp. 40, 42)

Le citazioni, che seguono, sono stralciate dalla Parte II di Poetry Music Machine. Una vera macchina di guerriglia linguistico-simbolica e, come le guerre del capitalismo della produzione e del controllo bioelettronico, di nuova generazione?

I testi della Parte II ("Techodelica - Psycomultipla - Pornolalica"), lo stesso poeta Marco Palladini, sinteticamente presenta come Un azzardoso e annoso esperimento simil-parolibero postfuturista e mistilingue, che percola dentrofuori le mille gergalità e i proliferanti sub-idioletti della scena disco-musicale 'urban' internazional-popolare. Prosimetro aberrante e metanarrativo e skizosemantico e ipersegmentale, disposto in sessantuno irregolari verbostringhe. Outlaw&trash writing come un'opera concettuale, consimile ai pattern in rete, che ad ogni istante implode nel suo vuotopieno inafferabile:

"Wellcome to the Dope Show...Live Evil Fest, as you like it...if you wanna technodrugs & other pleasures...pikkia duro l'elektroDada e si spallano i jovani alcoolisti intruppati nel dancefloor...il big-beat vive in symbyosis ...fixe e fighe del Visual crash...Bottemaledette&sigherette: qui si lotta e non ci s'immignotta...[...] celebrations di corpi mutanti&hurlanti, ultima frontiera di movide sfrementi e dementi, epifanie di lame luccicanti: kirurgie delinquenti dei neo-Mengele del Cyber 2050..." (p. 51).

[...]

"Così, la faccenda si chiude e si riapre: e, sfaccendandosi, riparte la promotion per un altro bel sabbato gore-musikale, vivido animale, ruvido sexuale, surreale, neurokriminale, very glocale, multiversale..." (p.75).

In tutti questi testi la scrittura sembra non la transcodificazione dalla semiosi vocale e/o dalla lingua letterale-materiale di base o primaria, ma come osserva acutamente Giovanni Fontana - che del libro cura una "indispensabile" introduzione per seguire con maggiore accortezza e comprensione adeguata il dettato testuale -,"un'altra storia". Perché l'universo tecno-mediatico della "nuova orali­tà", interagendo con la scrittura, condiziona l'elaborazione testuale, sì che sostenuta "dalle nuove tecnologie elettroniche, la voce-testo produ­ce esiti sorprendenti come nel folgorante "Decollare... Decollarsi" realizzato con Luca Salvadori" (p. 11). E se c'è un'altra storia c'è anche una lingua altra che la interpreta e la scrive.

Infatti, se nel consumo lirico tradizionale, la lettura a voce può essere una recita-replica senza nessun potenziamento complementare e aggiuntivo di pensiero e significazione rispetto al copione scritto e "si pone come banalizzazione o come mera spettacolarizza­zione del testo secondo i canonici stilemi della declamazione di marca convenzionale" ( Ivi), non così avviene dove la poesia fa implodere ed riesplodere i linguaggi in causa. Nella poesia che sorge dallo scontro dei linguaggi e delle frequenze simboliche loro, che entrano in attrito e dialettizzano i codici diversi amplificando, per esempio, la voce e i suoni (anche quelli del linguaggio musicale cooperante), ne gode anche il pensiero "al di qua e al di là della scrittura stes­sa, attraverso forme di sonorizzazione capaci di attraversare il corpo intero, di penetrarlo. La voce allora riesce a trasformare il silenzio della pagina in potenza sonora. In urgenza acustica." ( Ibidem).

La struttura espressiva, scossa da cortocircuiti tellurici immanenti al corpo del testo e del suo autore, nel momento in cui diventa concreto impasto di media diversi, ma complementari - testo scritto, testo vocalizzato, testo sonoro (il CD, che ripropone i testi scritti della Parte I, diventa la versione che fa convivere/intersecare: "musica, electronics: naUt; musica, electronics, sax: naUt; Drums e Percussione di Mariano De Tassis; Voce cantante di Frankie Depedri) -, non è più controllata dal solo linguaggio alfabetico. In questa rete di nodi multimediali, invece, è come se fosse il solo principio del suono, e della sonorità trainante dei significanti, a disorganizzare e riorganizzare semanticamente de-viante i testi e i loro contenuti veicolati nella forma dell'enunciato in versi. Si può pensare, così, a una prospettiva in cui, come nella nostra contemporaneità del linguaggio elettronico-digitale, il linguaggio scritto, quello parlato e del suono (vocale e del linguaggio musicale) tornano a integrarsi secondo il principio della complementarietà per far sì che la significazione non rimanga sequestrata entro il solo fisso della lettera. Anche l'articolazione della phoné reclama il suo spazio semantico-pragmatico. Del resto, e solo per ricordare un pensiero di Aristotele (le righe 16a 3-8 della Retorica) sulla relazione tra cose, oggetti, concetti (affezioni dell'anima), oralità/ phoné e scrittura, le tre dimensioni del linguaggio - articolazioni vocalico-sonore, scrivibilità alfabetica e le operazioni logico-cognitive, sebbene diverse e complementari tra loro -, "ruotando attorno ai pragmata"- Franco Lo Piparo, Aristotele e il linguaggio, 2003 - generano delle espressioni ( lexeis) indefinite e molteplici.

C'è, in vero, quasi, si può dire, nel linguaggio della poesia di Marco Palladini, scegliendo una analogia calzante, un certo modello ondulatorio-corpuscolare delle onde armoniche; un sovrapposizioni di "onde" semiche plurali che, del suo Poetry Music Machine, articolano relazioni semantico-denotative e di senso sul piano di trans-codificazioni orbitali. La polisemia informativa migra esteticamente da un codice ad un altro. Senza sosta. È come se i nodi semantico-pragmatici, alla stregua del salti fotoatomici, cambiassero/scambiassero i livelli orbitali e "spire" - gli assi della lingua e dei linguaggi - senza tregua. La metafora delle "spire" non è poi tanto peregrina se la poesia del nostro è una "poesia serpente" e una poesia del/da combattimento. Anzi.

Individuato, infatti, fra gli avvolgimenti e rivolgimenti di questa scrittura poetica, che il piano estetico-poetico dell'opera si interseca (e viceversa) con la transcodificazione etico-politica e culturale non omologata, l'operazione di Palladini, nell'attuale panorama - dove la parola e la comunicazione sono assurte a forza produttiva e di mercato - appare come la scelta più incisiva di dissenso linguistico-simbolico vs il "serpente monetario" dell'Europa delle bolle/balle finanziarie dell'olismo capitalistico.

Impossibile non pensare inoltre, qui, allora, che l'onda delle corde "remix", di Poetry Music Machine, è un'onda olistico-poetica di controtendenza: "poesia di lotta e di sgoverno / poesia-larva e poi farfalla-desiderio / ke dà scacco al gioco dell'infermo / [...] / poesia ribelle e fuori da ogni moda / poesia davvero aliena in codesto belpaesaccio" (pp. 41, 42).

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