Quella di oggi è una singolare leggenda metropolitana, molto nota nel natio Giappone, ma diffusa anche in Occidente, soprattutto nelle community di appassionati di videogiochi.
Correva l’anno 1997 e per il Gameboy uscivano a ripetizione dei giochi ispirati all’anime-cult di quel periodo, i Pokemon. Erano titoli pensati per bambini tra i 6 e i 12 anni, anche se in realtà risultavano godibili per più fasce d’età. Su uno di questi videogame grava la storia della “maledizione” che vado a raccontarvi.
Parliamo di Pokemon Rosso, creato da Ken Sugimori, compagno di lavoro e di avventure di Satoshi Tajiri, l’informatico giapponese creatore proprio dei famosissimi Pokemon. Dopo qualche mese dalla sua commercializzazione accaddero – così racconta la urban legend – molti casi di suicidi e di crisi psichiatriche tra i ragazzini che lo giocavano quasi ininterrottamente sui loro Gameboy.
La casa produttrice, pur ritenendo infondati i collegamenti tra questi infausti eventi e Pokemon Rosso, avviò una serie di verifiche e di indagini.
Con grande sorpresa, i tecnici incaricati di tali verifiche scoprirono che in un “percorso” del gioco c’era qualcosa di veramente anomalo e inquietante.
Parliamo di un piccolo villaggio esplorabile dai giocatori, Lavandonia, un luogo del tutto secondario per la trama del gioco, privo di palestra per addestrare i Pokemon o di altre particolarità. Tranne una: una torre monumentale, utilizzata come cimitero per i Pokemon defunti. Un luogo piuttosto lugubre (volutamente tale).
Per rendere bene l’atmosfera di questo luogo, che secondo Sugimori e Tajiri doveva essere una specie di easter egg del videogame, fu composta una particolare soundtrack, composta da toni binaurali, ovvero da note non direttamente percepibili dalle orecchie ma dal cervello e la cui composizione e ripetizione compulsiva avrebbe dovuto creare uno stato d’ansia nel giocatore.
Consideriamo due fattori:
- Le musiche dei giochi per Gameboy venivano ascoltate direttamente in cuffia;
- Il cervello e il sistema uditivo dei bambini, specialmente quelli piccoli, è ancora in via di formazione, quindi più influenzabile rispetto a quello degli adulti.
Ne risultò il fatto che – sempre secondo i sostenitori di questa leggenda metropolitana – i soggetti più sensibili iniziarono a subire uno o più di questi effetti: mal di testa e forti emicranie, sanguinamenti da occhi ed orecchie, sbalzi d’umore e irascibilità, dipendenza dal gioco, violenza anche se non provocata, isolamento e inattività, e nel 67% dei casi, tendenze suicide.
I dati ufficiali delle prefetture giapponesi non parlano esplicitamente di questo strano, bizzarro caso di “videogioco maledetto”. C’è anzi uno strano riserbo sulle indagini avviate a proposito di Pokemon Rosso, anche se alcune informazioni sono filtrate col tempo, grazie all’impegno di alcuni internauti nipponici.
Sulle comunità dedicate ai Pokemon (sì, esistono e sono tantissime) ogni tanto si parla ancora di questo strano episodio. Esso viene spesso citato come “Sindrome di Lavandonia”.
Vorrei rassicurare tutti: si tratta sicuramente di una urban legend. Non ci sono prove né riguardo ai singoli casi di bambini morti e/o ammalatisi per colpa della soundtrack del videogioco, né studi scientifici che ne dimostrano l’effettiva dannosità per il cervello umano.
Anzi, il brano incriminato è online su più siti. Se volete ascoltarlo, cliccate qui.
Se non siete ancora morti, vuol dire che questa è tutta una panzana.
Forse avrete un filo di mal di testa, ma questo è un gradevole (e reale!) effetto collaterale dei cosiddetti toni binaurali.
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