John Wayne e James Stewart in "L'uomo che uccise Liberty Valance"
È quanto afferma lo scrittore e intellettuale spagnolo
Javier Marias in un
articolo apparso sabato 6 agosto sulle pagine della cultura del quotidiano
LaRepubblica. L'autore de "
Il tuo volto domani" si presenta come un grande appassionato e conoscitore del genere western lamentandone però un suo
declino quasi inarrestabile. La causa? Il politicamente corretto, che si è insinuato negli ultimi decenni nella cultura e società occidentali, ha provocato il rifiuto di sentimenti dell'uomo che erano alla base dei film e delle opere western. Odio, vendetta, ambizione, ostinazione infinita nel dare la caccia al nemico per ucciderlo, desiderio di giustizia. Sono questo i sentimenti ad essere, secondo Marias, connaturati all'uomo (e alla donna) e che il genere western metteva in scena nelle sue opere classiche (di cui Marias fa una pregevole antologia). Sentimenti di cui ora la società sembra vergognarsi: è inamissibile che un uomo possa essere meno rispettoso della legge e meno obbediente, ma più complesso e più profondo, ovvero più umano.
Van Heflin e Glenn Ford in "Quel treno per Yuma"
Questo è, in sintesi, il pensiero originale e interessante di Marias, commentato in un articolo a parte, da un'intervista di
Luca Raffaelli a
Sergio Bonelli, in quanto editore dell'eroe western che, al contrario delle opere cinematografiche, non conosce crisi, ovvero
Tex Willer. Il patron del fumetto italiano si trova d'accordo “
per buoni due terzi” con l'intellettuale spagnolo, attribuendo però la crisi del genere tanto amato ad un “
prosciugamento” del filone, ad un progressivo allontanamento del pubblico dovuto alla stanchezza di vedere riproposti “
quei paesaggi e quei costumi”. Ma perché allora il ranger più famoso dei fumetti è ancora in auge, domanda Raffaelli. Perché, risponde Bonelli, “
rappresenta la giustizia, la certezza, perché ce l'ha coi potenti e difende i deboli”. E perché “
dichiarò vendetta sulla tomba di Lilyth, la sua moglie indiana”. Insomma, pare che Tex, a differenza dei protagonisti dei moderni film western, abbia il coraggio di incarnare ancora sentimenti politicamente scorretti....
A mio parere, il desiderio di giustizia e la certezza che il cattivo di turno subirà la legittima punizione per mano del ranger è il motivo per cui Tex gode ancora di seguito e popolarità, anche se solo presso un pubblico non più giovane (fra cui, ormai 40enne mi iscrivo anch'io). Inconsciamente il lettore vede placata una sua angoscia (ovvero che i più furbi e disonesti la fanno franca nel mondo reale) quando Tex spedisce il prepotente di turno a spalare carbone nelle miniere di Messer Belzebù. Se lo fa poi attraverso una sceneggiatura elegante e ben calibrata come nell'albo di agosto appena uscito (“
Il pasto degli avvoltoi”, con i testi di
Gianfranco Manfredi e i disegni di
Giovanni Ticci, seguito de “Sei divise nella polvere” di cui avevo parlato qui) dà ancora più soddisfazione:
Pardo, bandito sanguinario: “Nessuno può battermi! Io sono il numero uno!”Tex: “Ti sbagli Pardo! Tu sei solo l'ultimo a morire”Pardo: “Questo è da vedersi!”Tex fulmina il desperado che, morente, esclama: “Chi... diavolo...sei... tu?”Tex, con la stella da ranger che brilla sul petto: “Sono la tua cattiva stella!”
E chiudi l'albo con l'animo più sereno.