Associazione "Un Ponte fra Sardegna e Veneto" di Noale, presentazione libro di Marcello Cabriolu.
di Elisa Sodde
Marcello Cabriolu, 38 anni appena compiuti, Sardo doc, è uno degli studiosi di storia ed archeologia della Sardegna più in voga del momento. Collaboratore della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Cagliari ed Oristano, ha già all’attivo due testi e numerosissimi articoli su testate giornalistiche. Collaboratore da circa quattro anni della rivista bilingue Làcanas diretta da Paolo Pillonca (autore tra le altre di numerosissimi testi del cantante sardo Piero Marras), da anni Marcello insegna per l’Auser e per diverse Associazioni culturali, tiene conferenze e convegni sull’archeologia e la storia della Sardegna, accompagna studiosi e scrittori durante le presentazioni dei loro libri e si adopera affinché la civiltà Shardana venga inserita nei capitoli ministeriali d’insegnamento delle scuole elementari, medie e superiori. Al momento è in tutte le librerie con il suo testo Il Popolo Shardana – la cultura, la civiltà, le conquiste (Domus De Janas Editore) nel quale rivede con un’ottica originale il ruolo e le connivenze che la civiltà dei Sardi del II millennio a.C. ebbe con tutto il Mediterraneo Orientale, ed in particolar modo il ruolo di predominanza ed alleanza che gli Shardana riuscirono ad intessere con i più grandi Faraoni d’Egitto. Attualmente collabora con diversi istituti scolastici ed è all’opera con la preparazione di altri due testi, il primo dei quali uscirà a breve sempre edito dalla Domus De Janas Editore.
Dopo il Convegno sulla Civiltà Shardana curato dall’Associazione Culturale Un ponte fra Sardegna e Veneto lo scorso 13 maggio a Noale (VE), a cui Marcello Cabriolu ha preso parte in qualità di relatore appassionato ed appassionante, insieme al cartoonist Enzo Marciante, la Presidentessa Elisa Sodde ha realizzato con lui una breve intervista in cui lo studioso parla degli Shardana, del suo libro e degli sviluppi che esso ha avuto nella sua regione, la Sardegna.
Marcello, oggi, per la prima volta, hai potuto presentare la tua “creatura”, Il Popolo Shardana – la cultura, la civiltà, le conquiste, oltre il mare, cioè fuori dalla tua Sardegna: come è arrivata l’idea di scrivere questo libro?
Questo libro è il risultato dell’accorpamento dei dati provenienti dalle indagini sul territorio combinati con le nozioni apprese all’Università. Questo perché i due risultati spesso e volentieri non combaciano. Le ricerche archeologiche in Sardegna sono ancora agli albori e questo crea delle profonde discrepanze nell’analisi dei contesti. Ecco che si manifesta l’esigenza di scrivere e documentare effettivamente la realtà in modo che anche i non addetti al settore possano conoscerla e fruirne.
Nel tuoi studi arrivi ad un’elaborazione quasi opposta a quelle fatte finora. Sostieni che i Sardi uscirono dalla Sardegna, varcarono il Mediterraneo e giunsero nelle terre d’Oriente, in particolare in Egitto. In realtà si è sempre pensato e studiato di una Sardegna come terra di conquistati e non di conquistatori. Come sei arrivato ad elaborare invece una tesi così contrastante?
I Sardi della preistoria già navigavano circa 10.000 anni prima di Cristo, in quanto possedevano risorse quali l’ossidiana ed il sale utili per molte altre popolazioni e attraverso il mare le esportavano. Se vogliamo fare un esempio, ossidiana proveniente dal Monte Arci è stata trovata in tutto il Mediterraneo Occidentale, dall’arco ispanico-franco-ligure fino alla grotta di Fumane, in Veneto. O ancora nell’Europa balcanica fino alle foci del Danubio. È inverosimile pensare che nel momento in cui, molto tempo dopo, si svilupparono le altre civiltà quali Egizi e Hittiti, che non avevano un’abile marineria e non potevano quindi soddisfare autonomamente le proprie esigenze commerciali, i Sardi abbiano disimparato a navigare e quindi a commerciare. Anzi, l’archeologia e l’analisi dei contesti ci riferiscono che nel momento in cui il Mediterraneo è sconvolto da processi bellici e da monopoli sulle rotte commerciali, i Sardi raggiungono l’apice culturale ed il benessere economico testimoniato dalle colossali produzioni metallurgiche e dalla incredibile produzione edilizia. La presenza di edilizia dello stesso tipo, del tutto similare ma con datazioni relative successive, nel Mediterraneo centrale ed in quello Orientale, getta delle basi sicure per affermare che il movimento culturale e tecnologico è avvenuto dal 1600 al 900 a.C. dal Mediterraneo Occidentale verso l’oriente e non viceversa.
Senza nulla togliere alla curiosità dei tuoi lettori, puoi darci una prova o una testimonianza di quello che asserisci?
Semplicemente perché il fittile, ovvero i beni materiali sia ceramici che metallurgici, oltrechè l’edilizia, che accompagnavano i contesti delle zone del Levante popolate dagli Shardana, sono stati giudicati cronologicamente successivi al fittile e all’edilizia corrispondente ritrovati in Sardegna in quantità enormi e giudicati inequivocabilmente come locali.
E per quanto riguarda nello specifico le strutture abitative o edilizie in genere? Quali sono le testimonianze dall’altra parte del Mediterraneo?
L’archeologia colloca ufficialmente i nuraghi evoluti e le forme edilizie legate ad essi, rese con una tecnica a sacco (ndr. un doppio filare di macigni peduncolati assemblati con malta e pietrisco), dal Bronzo Finale a quello Recente (ndr. 1330 – 1000 a.C.). Le strutture e la cultura materiale presenti sulle Isole Eolie e sulla costa orientale della Sicilia riconducono senza ombra di dubbio a quelle sarde ma con datazioni che vanno dal 1100 al 900 a.C., così come le analoghe strutture rinvenute a Creta, a Cipro, nell’Anatolia centrale e nella costa del Mediterraneo Orientale.
Mentre per quanto riguarda l’Egitto?
Alcuni studiosi hanno elaborato che i primi Faraoni venuti in contatto con i Sardi abbiano preteso le loro elaborazioni edilizie sia nelle strutture civili che in quelle funerarie, come ad esempio l’ipogeo che accolse la sepoltura di Tutmosis III. Di riflesso in Sardegna possiamo vedere tantissimo materiale che con precisi cartigli testimonia il contatto con questo sovrano.
Da come parli, e dalle numerose immagini che compongono il tuo libro, si intuisce che tu conosca il territorio sardo molto a fondo. Evidentemente, per la preparazione di questo lavoro hai esplorato l’isola in lungo e in largo, quasi palmo a palmo: credi che rimanga ancora molto da scoprire in Sardegna?
Dovremmo essere arrivati a scoprire finora appena dal 5% al 10% del patrimonio archeologico realmente esistente sull’isola. Al momento, grazie allo studio dei modelli insediativi, possiamo collocare, sull’intera superficie dell’isola che è di 24.000 kmq circa, 8000 Nuraghi, 3000 insediamenti capannicoli, 2000 Domus de Janas, 500 Tombe dei Giganti ed un centinaio di pozzi sacri sparsi per tutto il territorio. Se dovessimo dividere la somma di tutti questi monumenti per la superficie totale della Sardegna risulterebbe un valore pari o prossimo ad una struttura ogni 2 kmq circa. Ma in numerosissime regioni sarde – e diversi studi tengono conto di ciò – l’insieme delle strutture è tale da raggiungere la concentrazione di una struttura ogni 25 ha, contando cioè in media un quadrato di 500 mt per 500 mt.
Tutto ciò è davvero straordinario. Tuttavia si tratta di una realtà ancora sconosciuta ai più (purtroppo!): infatti, quando si pensa alla Sardegna, non viene subito in mente l’archeologia, né la sua storia. Diciamo che fino a un decennio fa determinate scuole di pensiero avevano quasi un monopolio storico, che imputava tutti i processi storici e culturali della Sardegna ad una matrice esterna, mentre invece un’attenta revisione storica e una rilettura delle indagini un po’ più obiettiva e meno legata a scuole di pensiero, promossa ultimamente sia da individui privati che da correnti di studiosi, ha ridipinto un quadro differente da quello descritto finora. Allo stesso tempo ha solleticato l’interesse dei Sardi verso le proprie origini.
Sardegna non solo mare, quindi… Il mare dovrebbe essere il diversivo stagionale ad un’altra attività economica principale, quella appunto legata allo sfruttamento di questi monumenti. Si potrebbe risvegliare un interesse sia in chiave culturale che in chiave economica, portando nell’isola un turismo differente senz’altro, ma forse più attento alla valorizzazione di questo territorio. In virtù anche del fatto che la fruizione del mare è limitata ad una sola stagione, quella estiva, mentre quella dei monumenti archeologici potrebbe interessare tutto il resto dell’anno.
Sarebbe sicuramente auspicabile un cambiamento in tal senso. Hai detto dell’importanza di risvegliare nei Sardi l’interesse per le proprie origini, ciò potrà avvenire anche grazie a studi come il tuo. Qual è stata l’accoglienza ricevuta dal tuo libro a livello accademico e quale la rilevanza a livello regionale?
L’accademia è composta da varie correnti di pensiero: una in particolare, che imputa le origini di certune culture e dei relativi prodotti ad una matrice esogena, non condivide per nulla questo tipo di elaborazione. Un’altra corrente invece, pur non accettando tutto come oro colato, non si discosta più di tanto dall’elaborazione che ho fatto sui soggetti e sulle relative azioni. Sostanzialmente il libro ha avuto un ottimo riscontro tra il pubblico, esaurendo in meno di un anno la prima edizione. A tal punto che la Regione, forse interessata dal prodotto, ha acquisito per sé stessa un numero congruo di copie da distribuire sia negli organi istituzionali interni sia nei vari eventi internazionali di promozione a cui la Sardegna partecipa.
Sei stato il primo ad aver portato gli Shardana nei programmi scolastici ministeriali delle scuole elementari: per la prima volta, infatti, in alcune scuole Sarde il popolo Shardana viene studiato al pari di tutte le altre civiltà del Mediterraneo. Credi che questo sia importante per i Sardi ed in particolare per le generazioni future?
Altri prima di me hanno parlato degli Shardana, ma forse per paura o forse perché era ancora troppo presto, nessuno aveva mai pensato di compiere il passo coraggioso di introdurre l’argomento all’interno delle scuole, tanto da farlo comparire come parte del programma scolastico al pari di tutte le altre civiltà contemplate dai libri di testo. Vorrei precisare che questo processo formativo non è avvenuto esclusivamente con i bimbi della scuola primaria, ma su questa scia anche alcuni docenti di storia e filosofia delle scuole superiori mi hanno sollecitato affinchè questi argomenti si trattassero nei loro istituti. Tengo a sottolineare il fatto, tra l’altro, che ciò che principalmente mi ha spinto a portare gli Shardana nelle scuole non è stato il motivo economico, essendo stata la mia collaborazione completamente gratuita, ma il fatto che sono fermamente convinto che questo passo fosse assolutamente necessario e fortemente richiesto dagli studenti stessi, ovvero da quelle nuove generazioni che sentono forte il loro orgoglio di essere Sardi e che con questo nuovo studio hanno una marcia in più per credere ancor più in sé stessi ed in quello da cui provengono. Credo quindi che questa nuova integrazione allo studio delle civiltà antiche non sia importante ma importantissima. Dare ai nostri giovani le stesse sensazioni che provano i coetanei Greci ed Egizi nel sapere e nel veder riconosciuto universalmente che i propri antenati furono latori di cultura. Pensate un po’ con quale spirito questi ragazzi approcceranno ora il futuro, il divenire adulti a seguito di una diversa consapevolezza di sé stessi.
Quindi hai trovato validi riscontri tra gli insegnanti?
Fondamentalmente sì, sia tra gli insegnanti che nel corpo dirigente sia nei circoli culturali locali.
Hai avuto dei collaboratori in questo progetto? Qualcuno che vuoi ringraziare in particolar modo?
Sì, se non fosse stato per due insegnanti in particolare questo progetto non si sarebbe mai potuto realizzare. Sto parlando dell’insegnante elementare Patrizia Incani e del docente di storia e filosofia Stefano Soi, nonché dei dirigenti scolastici che hanno dato la disponibilità a trattare questi argomenti nelle loro scuole e sono: la Dr.ssa Salvatorina Vallebona, per il plesso elementare di Via Virgilio a Sant’Antioco; il Prof. Giuseppe Melis dell’Ist. Magistrale Statale “Baudi di Vesme” di Iglesias; il Prof. Ubaldo Scanu del Liceo Scientifico “G. Asproni” sempre di Iglesias; ed infine la Prof.ssa Tonina Puggioni del Liceo Scientifico “E. Lussu” di Sant’Antioco. E poi un ringraziamento particolare và a mia moglie, Federica Selis, valida collaboratrice ma soprattutto studiosa di antropologia culturale, la quale non solo ha favorito l’elaborazione di ipotesi realistiche nella ricostruzione storica, ma mi ha aiutato a capire quali canali usare affinchè tale elaborazione potesse penetrare nei vari strati sociali e umani.
In questo momento a cosa stai lavorando: nuove pubblicazioni in corso d’opera?
Almeno due. Entrambi lavori di imminente pubblicazione. Il primo ad indirizzo divulgativo riguarda una guida ai monumenti archeologici della Sardegna e il secondo ad indirizzo scientifico culturale riguarderà l’arte nelle sue molteplici forme e i riscontri che questa ha avuto sia in epoca passata nel Mediterraneo sia in epoca presente nel nostro vivere quotidiano.
Progetti futuri?
Continuare a scrivere, a studiare per poi riportare i risultati dei miei studi. E avere la possibilità di poterli trasmettere a chiunque li voglia conoscere.
Nella foto da sinistra: Enzo Marciante, Elisa Sodde, Marcello Cabriolu
Fonte: Tottusinpari.blog.tiscali.it