Il possesso risiede nella libertà

Da Chiara Lorenzetti

Ho ritrovato per caso questo testo che ho scritto il 17 Agosto 2012.
Constato con piacere che sono ancora d’accordo con me e per questo, lo pubblico qui, chiedendo il vostro di confronto.

“Nel vivere comune si è soliti dire ” è mio” , ” è tuo” delimitando il possesso delle cose che ci stanno intorno. Fa parte del vivere sociale avere una proprietà privata, segno non solo di benessere economico ma anche di benessere mentale.
Finchè risiede nelle cose, senza esagerazione, ha ragione d’essere.
Ma l’uomo, vorace ed ingordo, ha traslato il senso del possesso alle persone, ai sentimenti. Si è soliti sentire due innamorati dire “sei mio, sono tua” che all’inizio pare un gioco, una promessa romantica, ma spesso diventa un cappio stretto, che soffoca con gelosia ed invidia.
Anche nel rapporto tra genitori e figli, succede. Il genitore si sente, oltre che culla anche padrone.
E così i figli vivono la propria vita stretta nei sogni del genitore, ed ogni loro sforzo per crescere viene tarpato. Il genitore tiene legato i figli a casa propria, non dando loro gli strumenti per volare verso l’ignoto. La scusa comune è che si vogliono proteggere, la verità sta invece nel fatto che il genitore vuole possedere il futuro dei propri figli, plasmandolo a propria somiglianza. E’ un fatto inconscio molto spesso, non cattiveria, ma taglia per sempre le ali della libertà ai figli facendo nascere rancori e dissapori, e in seguito carenza di autostima e incertezza personale.

Far crescere i propri figli significa donar loro libertà. Restare accanto silenti, con passi leggeri, osservando con attenzione ma non interferendo. Vederli assurgere, vederli cadere, sbagliare e vincere, senza giudicare.

Questo fa un genitore che ama i propri figli.

Questo ho visto fare da una mamma con i propri figli e così, ora, amerei somigliarle.”

Chiara 



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