Il posto dei miracoli.

Creato il 02 marzo 2013 da Tazzina @tazzinadi

Grace McCleen, Il posto dei miracoli, Einaudi.*

Pensavo che ci avrei messo molto più tempo a sgelarmi il cuore. 
(Vedi post precedente). 
E invece è bastato un miracolo. Un piccolo miracolo. Contenuto, come spesso accade, in un libro. 
Qualcosa che inizia così:
"In principio c'era una stanza vuota, un po' di spazio, un po' di luce, un po' di tempo".
E in queste parole ho trovato subito la mia vita.
Tra l'altro, credo sia un modo piuttosto interessante di leggere i romanzi, quello di ritrovare se stessi tra le parole degli altri. Come si fa anche un po' nella realtà. Ritrovare se stessi nelle esperienze degli altri, nei loro occhi. 
(Ecco, gli occhi, per esempio, è qualcosa che avevo scordato, ma di questo vi dico tra poco).
Dunque c'è lei, la piccola Judith McPherson, che ha dieci anni e vive con un papà malinconico e matto, a bagno nella rigida disciplina mentale di una comunità religiosa piena di idee strane, come tutte le sette, e di precetti impossibili, rigidissimi, misteriosi, spietati.
Dunque Judith, per affrontare questo, ma soprattutto per affrontare la vita tout court, inventa. 
Crea delle sue strategie. Prende i piccoli oggetti che trova in giro, tovagliette, cartapesta, vetro, cotone, scatoline, spazzole e tutto quanto appartiene alla vita quotidiana voi possiate immaginare, e costruisce mondi, spazi da abitare, veri e propri. A quanto pare, i bambini fanno questo. 
Proprio come noi adulti, giusto? 
Quello che però Judith ha di speciale è che da questa capacità di creare mondi inventati, ne ha affinata un'altra, ovvero quella di compiere miracoli e di far avverare le cose pensate. 
E in questo proprio mi sono rivista completamente. Chi non ha mai fatto un miracolo, dopo tutto, nella sua vita? Scherzo, ma fino a un certo punto.
Leggendo questa storia, dai risvolti anche drammatici perché da grandi responsabilità, come si sa, derivano anche grandi dolori qualche volta, mi pareva di stare in un film di Gondry. 
Un film così simile alla mia vita da farmi anche un po' paura.
C'è chi nasce con tutte le fortune. E buon per loro. E meno male, se no saremmo in un mondo orribile. W la fortuna e i privilegi, inutile negarlo, è bello quando tutto fila liscio, quando non si deve stare male per ottenere le cose, quando per nascita la vita ti regala tutto e tu non devi fare altro che viverla e stare bene. Però, però...
C'è anche chi, come Judith, nasce in un'altra maniera. E non ha fatto niente di sbagliato, semplicemente è nata lì, e non là. In una famiglia complicata, in una vita da capire, da decodificare, in cui tutto è difficile, tutto è una battaglia, una lotta, una sfida. E dunque le cose le tocca costruirsele. Costruire in senso stretto. 
Ma alla fine, non è bello anche costruirsi qualche cosa ogni tanto?
Comunque, la sua solitudine, più di ogni altra cosa, è quello che mi ha colpita di più. Perché spesso è nella solitudine che nascono cose nuove. Però bisogna crederci, ci vuole molta fiducia affinché tutto vada per il meglio.
"Io la conosco la fede. Il mondo nella mia camera è fatto per fede. Per fede ho cucito le nuvole. Per fede ho ritagliato la luna e le stelle. Con fede ho incollato tutto assieme e gli ho dato vita. Questo perché la fede è come l'immaginazione. Vede qualcosa dove non c'è niente, fa un balzo, e a un tratto stai volando".
Allora. Come forse vi ho già raccontato, senza volervi descrivere nei dettagli tutta la mia vita dall'inizio, ho trascorso gli ultimi anni della mia esistenza in una solitudine che scopro davvero profonda, quasi abissale. Banalmente, "ho lavorato da casa", ma alla fine si trattava di molto di più. Alcune contingenze mi avevano portata a passare la gran parte del mio tempo da sola chiusa in una stanza. Un salotto eh, non una galera. Ma pur sempre un luogo chiuso, e protetto.
Giorni che sono diventate settimane, che sono diventati mesi e poi anni. E alla fine, avevo dimenticato come è fatto nei particolari il mondo fuori. Le incursioni che facevo, perché le facevo - e per tante cose, correre ad esempio, fare la spesa anche, non è che proprio non uscivo mai - assomigliavano ai viaggi degli uccelli che fanno per procurarsi i legnetti e i piccoli materiali per il nido. Alla fine, in tutto questo tempo, passando otto ore al giorno sola con i miei pensieri, con le mie paure, ipocondrie, sentimenti, non-sentimenti, desideri e sogni e speranze mi sono costruita un mio nido, un mio mondo, che funzionava con strani meccanismi che hanno finito per farmi qualche volta anche molto soffrire, ma per farmi sentire anche molto al sicuro. 
Come Judith, avevo creato il mio Universo. Un po' l'ho messo qui sul blog, un po' nelle pagine di un libro, un po' nel mio cuore, un po' sparpagliato nella casa, un po' nelle conquiste, nelle guarigioni, nelle trasformazioni. 
Non avevo però considerato che il mondo vero continuava a muoversi, a costruirsi, a pulsare là fuori, fuori dalla mia casa, e a cambiare, a cercarmi anche, a chiamarmi continuamente. E poi infatti all'improvviso, adesso, come vi raccontavo qualche mese fa, ho ricominciato a uscire tutti i giorni. 
Ed ecco lì il mondo ancora intatto. Aggressivo, dolce.
Non è semplice. Molto complicato. Strano. E bellissimo. Gli sguardi delle persone. I profumi, i rumori, le idee, le voci degli altri. I sorrisi, i conflitti, i tavoli, le sedie, i bar, le luci che cambiano, i semafori, gli orari, il fascino irresistibile e il dolore degli altri.
Mi sembra in questi giorni di vedere tutto quello proprio come se fosse la prima volta. E vi dico che è magico, e terribile.
E quindi penso a Judith, che è arrivata nella mia vita proprio in questo periodo. Avrà un senso. Judith che ripete le sue frasi magiche per tenersi in equilibrio, che compie i suoi miracoli per rendere la terra quel posto che lei crede debba essere. Senza mezze misure, un posto più bello. 
Non è semplice. Molto, molto complicato.
Questo libro, infine, mi ha sgelato il cuore perché a un cero punto dice:
"Ed ecco come ho scoperto che tutto è possibile, in ogni momento e in ogni luogo e per ogni sorta di persone. Se pensate di no è perché non riuscite a vedere quanto ci siete vicini, quanto avete bisogno solo di una piccola cosa perché tutto venga a voi".
Ed è vero. Era vero. 
Bastava solo un piccola cosa. Può essere un libro. Un pensiero. O anche molto meno perché avvenga un miracolo. A me è successo, il mio miracolo è che, bene o male, senza sapere cosa accadrà domani, mi sono scaraventata nel mondo. 
E mi manca da morire la solitudine. Non sapete quanto.
Però trovo fantastico stare in questo mondo vero e non soltanto in quello della mia immaginazione, dove però torno appena posso, e dove, soprattutto, da oggi, troverò anche sempre la piccola Judith, ospite d'onore, ad aspettarmi, a tenermi finalmente compagnia.
* Nella foto vedete un terrazzino, dei fiori. Si tratta di teaser. Promesso, vi dirò nei prossimi mesi...